Corriere 24.3.18
Volti sconosciuti (alcuni misteriosi)
Montecitorio, va in scena un mondo nuovo
di Aldo Cazzullo
È
un mondo nuovo, non solo per lo sfregio di Salvini a Berlusconi e per
la maggioranza Lega-Cinque Stelle che si profila, oggi per la presidenza
delle Camere, domani forse per il governo. Entrare a Montecitorio
rappresenta un’esperienza straniante: è un Parlamento di sconosciuti. Di
facce non solo nuove, ma misteriose. Deputati scelti con 57 clic in
rete. Altri designati dai capi partito per la loro presunta fedeltà.
M
olti leader in Parlamento non ci sono, e infatti i giochi si fanno
altrove: nei vertici a Palazzo Grazioli subito disattesi, sulla
piattaforma Rousseau della Casaleggio&Associati, ma anche a
Bruxelles, a Berlino, nei luoghi immateriali della finanza e della
burocrazia europea, che oggi osserva preoccupata la partita ma domani si
farà sentire, condizionando la nascita del governo com’è sempre
accaduto anche prima di Monti ed Enrico Letta.
Non sono in
Parlamento Berlusconi, Grillo, Davide Casaleggio, Di Battista, D’Alema
(che ha provato invano a rientrare), Veltroni, e neppure la Bindi e la
Finocchiaro. Entra nel Senato che voleva abolire Renzi, matricola
proprio ora che non conta molto più di nulla; torna al Senato Bossi,
unico leghista a non partecipare al blitz e a non votare la Bernini, per
disperata lealtà verso l’amico Silvio.
Al di là del naturale e
salutare ricambio, la legislatura parte con tanti punti interrogativi
quanti sono i parlamentari ignoti ai loro stessi elettori. Del resto, i
collegi senatoriali raccolgono tra 500 e 600 mila abitanti: troppi
perché si crei un legame serio tra il rappresentante e i rappresentati.
Erano molto più piccoli i collegi introdotti dal Mattarellum, la legge
uscita dal referendum del 1993 con cui gli italiani abolirono il
proporzionale e scelsero il maggioritario. Se davvero Lega e Cinque
Stelle stringeranno un patto di governo, per prendere alcuni
provvedimenti popolari — alleggerire le accise sulla benzina, abolire i
vitalizi — e poi tornare al voto con nuove regole, c’è da augurarsi un
ritorno alla legge che porta il nome dell’attuale capo dello Stato.
L’alternativa è lasciare tutto così, con il rischio di risultati
fotocopia, tranne un ulteriore travaso di voti da Forza Italia alla
Lega. Oppure introdurre un premio di maggioranza: ma alla coalizione
(ammesso che quella di centrodestra esista ancora) o alla lista più
votata?
Di sicuro i nuovi parlamentari faranno di tutto per
prolungare la legislatura. Ieri in molti, aggirandosi a naso in su tra
gli arredi liberty di Montecitorio e di Palazzo Madama, si sono detti:
«Quando mi ricapita?». Già, quando ricapita di trovarsi sotto i
riflettori, con adeguato stipendio, grazie all’indicazione digitale di
qualche amico di Facebook, o al rapporto fiduciario col capo (Berlusconi
ha portato in Parlamento tre assistenti, ma gli altri non sono stati da
meno)? Faceva quasi tenerezza, vedere i familiari orgogliosi osservare i
neofiti dalle tribune, o i figlioletti incravattati pranzare a prezzo
politico in mensa. Ma stabilire un rapporto diretto tra elettori ed
eletti — sottoposti alla scelta, al controllo e al ricambio da parte dei
cittadini — darebbe ai parlamentari un’autorevolezza che ora manca,
anche a causa del loro numero, francamente esorbitante.
Ieri si è
avuta la dimostrazione plastica che i padroni della Seconda Repubblica,
usciti dalle elezioni sconfitti o ridimensionati, non hanno più il
pallino in mano; devono attrezzarsi per una lunga maratona, o
rassegnarsi a cedere lo scettro. Sarà interessante capire se la presunta
Terza Repubblica è in grado di dar prova di una nuova moralità politica
davanti agli italiani, se Salvini e Di Maio sanno fare patti
nell’interesse di altri, oltre che di se stessi. Un governo capace di
prendere provvedimenti economici dettati dalla razionalità anziché dalla
demagogia, e di aprire il gioco della riforma istituzionale ed
elettorale alle opposizioni, potrebbe avere il sostegno anche delle
forze invisibili che hanno già dimostrato la propria influenza sulle
cose italiane. Altrimenti pure i vincitori di ieri — che sono gli stessi
del 4 marzo — dovranno rendersi conto che l’Italia non è sola al mondo,
che i mercati globali e l’Europa esistono, e l’opinione pubblica non
firma assegni in bianco a nessuno.