Corriere 22.3.18
Psiche
Lo studio di Cecilia Di
Agostino, Marzia Fabi e Maria Sneider (L’Asino d’oro) sarà presentato
sabato alla fiera Book Pride di Milano
Depressione non è tristezza. E si può curare (senza pillole)
di Antonio Montanaro
«Spesso
il male di vivere ho incontrato:/ era il rivo strozzato che gorgoglia,/
era l’incartocciarsi della foglia/ riarsa, era il cavallo stramazzato».
Eugenio Montale descrive così, nei celebri versi della raccolta Ossi di
seppia , quel dolore interno che qualche volta può essere tristezza,
altre depressione. E quindi patologia. «Le due condizioni — spiega
Marzia Fabi, psicoterapeuta e, insieme alle colleghe Cecilia Di Agostino
e Maria Sneider, autrice del libro Depressione. Quando non è solo
tristezza (L’Asino d’oro, pagine 148, e 14) — sono troppo spesso
accomunate, come se si trattasse di un’unica cosa. Ma non è così: la
tristezza è una reazione sana, fisiologica e necessaria di fronte a
eventi della vita: separazioni, lutti, cambiamenti, insoddisfazioni. La
depressione, al contrario, è una malattia che si sviluppa all’interno di
rapporti interumani che non funzionano. È sempre una reazione
patologica a eventi della vita particolarmente difficili, deludenti e
ripetuti nel tempo. Compaiono così sentimenti di autosvalutazione, sensi
di colpa, pensieri negativi su se stessi, un forte senso di
insicurezza. Negli adolescenti in particolare la depressione si
manifesta anche attraverso il corpo, con atti di autolesionismo, rabbia,
agitazione o un consumo sfrenato di alcol e droghe».
Dunque, per
capire fino in fondo quella che, secondo l’Organizzazione mondiale della
sanità, nel 2020 sarà la seconda malattia più diffusa dopo le patologie
cardiovascolari, bisogna partire dalla distinzione tra depressione e
tristezza. E poi, continua la psicoterapeuta, «è necessario allontanarsi
da una visione filosofico-religiosa che propone la presenza di un male
originario insito nella natura umana, che proprio per questo sarebbe
compromessa fin dalla nascita e dunque immodificabile». La depressione,
insomma, come realtà naturale di tutti gli esseri umani. «Invece —
argomenta Marzia Fabi — una cura è sempre possibile. In che modo?
Attraverso la psicoterapia: un rapporto in cui bisogna affrontare un
mondo non cosciente che si è ammalato, andare alla ricerca delle cause
della malattia e avere come obiettivo la guarigione». Attenzione poi
all’utilizzo degli psicofarmaci, considerati necessari da chi propone
un’origine biologica della depressione (la causa è attribuita al cattivo
funzionamento dei neurotrasmettitori): «Sono considerati “pillole della
felicità” ma, in verità, sono utili, solo in casi gravissimi, per
attenuare i sintomi, non per curare».
Il libro, il sesto della
collana «Adolescenza», sarà presentato sabato (24 marzo, ore 15) al Book
Pride di Milano. Oltre alla descrizione di casi clinici, l’ultima parte
è incentrata su come il cinema e la letteratura hanno raccontato la
depressione, con tanto di bibliografia e filmografia ragionate.
«L’obiettivo che ci siamo poste — conclude una delle tre autrici — è
spiegare questa patologia con un linguaggio semplice e immediato,
partendo dalla teoria della nascita dello psichiatra Massimo Fagioli».