domenica 18 marzo 2018

Corriere 18.3.18
Balzerani, le frasi che indignano. Offese choc alle vittime delle Br
Il figlio di Ricci: «Ricordare i morti un mestiere? Lei è un’assassina privilegiata»
di Fabrizio Caccia


ROMA Ora ci sono queste frasi, queste nuove frasi di Barbara Balzerani, che lo tormentano. Pronunciate giusto venerdì scorso, 16 marzo 2018, 40 anni dopo la strage di via Fani. «Davvero ha detto certe cose?», non si capacita Giovanni Ricci, il figlio dell’autista di Aldo Moro, l’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, uno dei cinque martiri della scorta.
«C’è una figura, la vittima, che è diventato un mestiere — ha detto Balzerani —. Questa figura stramba per cui la vittima ha il monopolio della parola... Io non dico che non abbiano diritto a dire la loro, figuriamoci. Ma non ce l’hai solo te il diritto, non è che la storia la puoi fare solo te...». E poi, agghiacciante: «Non è che se vai a finire sotto un’auto, sei una vittima della strada per tutta la vita, lo sei nel tempo che ti aggiustano il femore...». Un femore? Così adesso Giovanni Ricci riesce a stento a trattenere la rabbia: «A mio padre i brigatisti gli hanno sparato sette colpi alla testa...». Il suo è uno sfogo amarissimo: «Ma come fa la Balzerani a dire che quello della vittima sarebbe un mestiere! E lei, che è un’irriducibile, che non s’è mai pentita, che l’arrestarono nell’85 e dopo vent’anni di carcere, nel 2006, era già fuori con la libertà condizionale? Lei cos’è allora? Una privilegiata? Già, un’assassina privilegiata. Ecco cos’è. E tale rimarrà per sempre».
Venerdì sera, l’ex Primula Rossa delle Brigate Rosse, 69 anni, mai pentita né dissociata — che in via Fani c’era e progettò tutto insieme agli altri, anche se non sparò — è andata a presentare il suo ultimo libro, «L’ho sempre saputo», al centro sociale Cpa di Firenze, elogiando la resistenza di «valsusini» e «mapuche». In sala, un bandierone rosso a fare da sfondo, con la falce e martello e la scritta «viva Lenin». Quando è finita la presentazione, durata un’ora e mezza e senza mai un riferimento a via Fani, la Balzerani è stata avvicinata dai cronisti e qualcuno ha accennato alle parole durissime del capo della polizia, Franco Gabrielli: «Riproporre oggi i brigatisti in televisione è un oltraggio ai morti...». Lei allora ha risposto in quel modo, scatenando così un nuovo putiferio dopo quello prodotto già due mesi fa con un post su Facebook: «Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40ennale?».
Maria Fida Moro, la figlia primogenita di Aldo Moro, le replicò subito con ira: «Che palle il quarantennale lo dico io! Che non l’ho provocato e che anzi l’ho subìto». Ieri, poi, ha aggiunto: «Io sono quella del perdono nei vostri confronti, che mi è costato un baule di minacce. Ma se c’è qualcuno che ha trasformato in mestiere una morte totalmente ingiusta siete voi! Negli ultimi 40 anni mentre io mi arrampicavo sugli specchi per mantenere mio figlio, voi ve la siete “goduta” senza fatica, senza dolore e senza merito. È paradossale che viviate da allora a braccetto con il sistema che dicevate di voler combattere». Anche Luca Moro, nipote dello statista, risponde alla Balzerani: «Noi non abbiamo scelto di essere vittime. Voi piuttosto avete scelto di fare i brigatisti e di piombare nelle nostre vite distruggendole. Negli ultimi 40 anni avete avuto lo spazio, la voce e la visibilità. Cose che a noi sono state negate».
Potito Perruggini Ciotta, nipote del brigadiere Giuseppe Ciotta, ucciso il 12 marzo 1977 a 29 anni a Torino da un commando di Prima Linea, è indignatissimo: «La Balzerani, se proprio vuol parlare, dovrebbe offrire a noi parenti un briciolo di verità in più». E reagisce con rabbia pure Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage mafiosa di via dei Georgofili a Firenze (26-27 maggio 1993): «Taccia la Balzerani. E a quelli come lei circoli e tv smettano di dare microfoni in mano. È l’ora di avere più rispetto».