Corriere 17.3.18
Governo M5S-Lega, sì dal 37% Per l’incarico «vince» Di Maio
Gli elettori del Carroccio per il 59% favorevoli all’alleanza, i pentastellati per il 46%
Sostenitori pd divisi: lo scenario va bene al 22%, uno su tre vuole l’intesa con i 5 Stelle
di Nando Pagnoncelli
Stiamo
attraversando una fase di stallo post elettorale, peraltro ampiamente
prevista, caratterizzata da tatticismi, veti incrociati, solenni
dichiarazioni di indisponibilità ad alleanze, alternate a prove di
accordo e timide aperture. In attesa di sapere se i leader delle tre
minoranze emerse dal voto del 4 marzo daranno seguito all’appello al
senso di responsabilità e all’esortazione a considerare gli interessi
generali del Paese, espressi dal presidente della Repubblica, abbiamo
voluto conoscere le opinioni degli italiani rispetto agli scenari
prossimi venturi.
Innanzitutto emerge una disponibilità
«condizionata» a possibili intese, più o meno larghe: infatti, quasi 6
elettori su 10 vorrebbero un’alleanza solo con le forze disponibili a
condividere il programma del proprio partito, il 21% preferirebbe
rinunciare ad un’alleanza, rimanendo quindi all’opposizione, e solo il
14% opterebbe per le larghe intese, a sostegno di un governo di scopo.
Tre
quarti degli elettori pentastellati e dei leghisti e poco più della
metà di quelli di Forza Italia auspicano che sia il programma della
propria parte politica ad avere la meglio, il che significa assegnare ai
potenziali alleati un ruolo gregario. Al contrario, due elettori del Pd
su tre, ritengono opportuno stare all’opposizione.
Rispetto alla
scorsa settimana aumenta il consenso per l’alleanza tra M5S e Lega,
preferita dal 37% degli intervistati (+4%); a seguire quella tra M5S e
Pd (18%, in calo del 3%) e, da ultimo, quella tra centrodestra e Pd,
scelta solo dal 12% (-3%), mentre un elettore su tre non ha un’opinione
in proposito. I leghisti sono più favorevoli all’alleanza con i 5 Stelle
(59%) di quanto non lo siano gli elettori pentastellati (46%). I dem,
dovendo scegliere, sono divisi tra coloro che sostengono un’intesa con i
5 Stelle (34%) o il centrodestra (14%) e quelli che preferirebbero
un’alleanza 5 Stelle-Lega (22%) o si dichiarano indecisi (30%).
Tra
il leader della forza politica più votata (Di Maio) e quello del
principale partito della coalizione vincente (Salvini), il 42% degli
elettori ritiene che il presidente Mattarella dovrebbe dare l’incarico
per verificare la possibilità di formare un nuovo governo al primo
(preferito anche tra gli elettori del Pd), mentre il 28% opterebbe per
il secondo e il 30% non si esprime. Rispetto alla scorsa settimana il
vantaggio del leader 5 Stelle su quello leghista è salito di 6 punti,
passando dall’8 al 14%. Da ultimo la durata del futuro governo: il 43%
auspica un governo che possa durare per tutta la legislatura (+9%
rispetto alla scorsa settimana), il 28% ritiene che si debba modificare
la legge elettorale per poi votare (-8%) mentre l’11% vorrebbe ritornare
quanto prima alle urne con il Rosatellum. Sono soprattutto gli elettori
dei partiti vincenti ad auspicare un governo duraturo, anche se non
manca una consistente minoranza che vorrebbe tornare al voto non appena
approvata una nuova legge elettorale, sperando di poter aumentare il
proprio consenso.
Da queste elezioni emerge un Paese multipolare,
frammentato. Basti pensare che il centrodestra, pur vincendo quest’anno,
ha ottenuto 1,6 milioni di voti in meno del centrosinistra che perse
sonoramente la sfida nel 2008 e il primo soggetto politico (M5S) ha
avuto 1,5 milioni di voti in meno del Pd di Veltroni, sconfitto dieci
anni fa.
Dunque i cittadini faticano ad adattarsi ad uno scenario
indeterminato come quello attuale. La maggior parte degli elettori delle
forze vincenti vorrebbe portare l’acqua al proprio mulino, escludendo a
priori un futuro ruolo da comprimari; tra gli sconfitti prevale l’idea
di stare fermi un turno, evitando compromessi. Francamente, cosa avremmo
potuto aspettarci di diverso al termine di una campagna
«proporzionalista», caratterizzata da un clima di «tutti contro tutti»,
alleati compresi? E che dire degli annunci palesemente destinati ad
essere smentiti dai fatti? Dalle promesse che avrebbero dovuto fare i
conti sia con la sostenibilità economica sia con gli inevitabili
compromessi da realizzare nel caso di alleanze post elettorali, al nome
dei candidati premier inseriti nel simbolo di alcuni partiti, al
roboante impegno a non fare alleanze post elettorali, foss’anche davanti
ad un notaio. Insomma una fake campaign, di cui ora si vedono le
conseguenze. Infine, aver illuso in anni recenti i cittadini di poter
votare direttamente la maggioranza di governo e il premier, nonché di
poter conoscere la sera stessa delle elezioni chi governerà il Paese per
l’intera legislatura, complica ulteriormente la situazione. In questo
scenario, nel quale ciascuno vorrebbe presidiare il proprio perimetro,
convincere gli elettori ad accettare maggioranze di larghe intese
risulta un’impresa improba. Come pure saldare la frattura tra cittadini e
politica che, alla luce di questi dati, appare sempre più profonda.