Corriere 16.3.18
L’intervista Eduard Limonov
«Non è Putin l’uomo nero»
«Ma
quali russi!», dice al Corriere lo scrittore Eduard Limonov. «Si
ricorda il Dottor No di James Bond? È stato un diabolico Dottor No a
fare il lavoro — afferma —. Questo Skripal non contava niente, era in
pensione da 14 anni, insegnava storia dell’intelligence. Putin è
intelligente, che interesse aveva a farlo fuori?».
di Francesco Battistini
MOSCA
Non stringe la mano sull’uscio: «Porta sfortuna». Ha un anello col
volto di Mussolini: «Ma lo porto solo in casa». E sulla spia avvelenata a
Londra, ha una certezza: «Ma quali russi! Si ricorda il Dottor No di
James Bond? È stato un diabolico Dottor No a fare il lavoro. Questo
Skripal non contava niente, era in pensione da 14 anni, insegnava storia
dell’intelligence ai ragazzini delle scuole russe. Putin è molto
intelligente, che interesse aveva a farlo fuori? Può crederci solo
quella vecchia scopa di Theresa May, quest’inglese volgare che si crede
Churchill, batte in arroganza Trump e dimentica cosa fecero i sovietici
per aiutare i suoi padri!». Quinto piano, interno 110. In un modesto
bilocale verso piazza Majakovskij, due guardaspalle armati e due porte
blindate, alle spalle mille esistenze di scrittore e politico,
bolscevico e nazionalista, playboy e gay, combattente nei Balcani e punk
newyorkese, Eduard Limonov parla di vite che non sono le sue: «Questi
avvelenamenti sono una commedia. Una guerra di parole».
Lei che ne sa?
«Il
mondo delle spie l’ho conosciuto in prigione. In cortile c’era un
ufficio del Fsb, l’ex Kgb, e quando sono uscito e mi seguivano 12
agenti, li conoscevo tutti. Li ho ancora dietro, anche se vado al
ristorante. Ho 75 anni: perché non mi lasciano in pace?».
La seguiranno anche domenica al voto?
«Non
voto. Sono elezioni farsa da molto tempo. Nel 2007 le hanno vietate al
mio partito, ho avuto tre denunce che mi fa schifo anche ricordare. Nel
’92, io già dicevo che bisognava combattere per la Crimea e per il
Donbass. Putin m’ha rubato le idee, s’è impossessato dei risultati, ha
fissato il voto nell’anniversario dell’annessione della Crimea e nemmeno
mi dice grazie: dobbiamo rassegnarci, ci danno un menù scritto da loro,
e lui cucina tutti i piatti».
Ma sarà il suo ultimo mandato…
«Ne
è sicuro? Nella sua famiglia vivono a lungo, i suoi genitori sono
arrivati a 90 anni. Ma voi europei siete ossessionati, pensate che Putin
sia il motore di tutto. Il Paese è governato da 30 famiglie, l’1% che
possiede il 74% delle ricchezze. Peggio che in India. Lui è solo il loro
brillante portavoce, una delle torri del Cremlino. Non gestisce la
baracca. Ha padroni che si chiamano Mikhail Fridman, fondatore di Alfa
Group».
E gli oppositori?
«Tutti finti. Navalny è uno che
stava nel board dell’Aeroflot, raccomandato dal banchiere Lebedev.
L’ambiziosa Ksenia Sobchak è parente di Putin: le hanno dato la parte
della liberale, ha voluto perdere in partenza dicendo subito che la
Crimea va restituita all’Ucraina. E poi c’è quel furbastro Grudinin che
si fa passare per comunista: un idiota, predica il socialismo e possiede
una società per azioni, fa il padrone capitalista».
Lei è famoso per amare personaggi oltre la decenza: Stalin, Evola, Mishima…
«Ero
anche grande amico di Karadzic, Milosevic, Mladic. Quei mascalzoni dei
giudici dell’Aia li hanno condannati solo perché hanno combattuto una
guerra civile».
Beh, hanno massacrato migliaia di civili…
«Punti
di vista. Anch’io ho fatto il mio dovere in Serbia, in Transnistria, in
Abkhazia, nel Tagikistan: è dal ’95 che non posso più uscire dalla
Russia, rischio l’arresto. Dovrei venire al Salone del libro di Torino,
ma come faccio? Cambiamo discorso…».
Trump…
«M’interessava
molto da candidato. Diceva cose ciniche, poco gradevoli. Ma da
presidente è cambiato, non ha più coraggio. È solo uno disgustosamente
ricco, circondato da prostitute. L’ha visto l’arredamento di casa sua?
Però ha sempre fiuto per i pericoli. Pensi al muro col Messico: un
giorno, saranno i messicani a seppellire gli Usa, come stanno facendo
gli islamici con l’Europa».
Non esagera?
«Siamo noi russi i veri europei, non voi. Trovo interessante solo il risveglio di Polonia, Ungheria, Romania».
Come Putin, alla fine anche lei sostiene movimenti antieuropei.
«I
populisti in Italia e altrove sono interessanti. Ma bisogna vederli al
potere. A me piace anche Orbán, uno dei pochi che amano la Russia».
Lei è diventato famoso col libro di Carrère. Ora uscirà un film…
«La
mia biografia mi ha dato pubblicità, l’hanno tradotta perfino in Cina e
in Brasile, ma è piena d’invenzioni. Di Carrère, ricordo solo dieci
giorni passati insieme. Insopportabili! Del film, non ho letto la
sceneggiatura. Se è una merda, stavolta protesto».