Corriere 12.3.18
Sorpasso a destra nella Ue
In Europa i partiti identitari e sovranisti sono la seconda forza davanti ai socialisti
di Federico Fubini
Secondo
le proprie idee, la si può chiamare in una miriade di modi diversi.
«Destra nazionalista», oppure «sovranista», «radicale», «estrema» e
«neo-fascista», «nazionalista», «sciovinista» e «anti-immigrati»,
«euroscettica» e «anti-europea» o «xenofoba», «popolare» o «populista».
La stessa quantità di definizioni possibili dimostra quanto la politica
europea sia oggi in uno stato di soqquadro simile a quello dei mercati
finanziari pochi anni fa.
Ognuno sceglierà il termine che la
propria cultura gli detta, ma un esame dei sondaggi e delle ultime
elezioni dovrebbe mettere tutti d’accordo almeno su un punto: questa
destra — nuova o vecchissima che essa sia — ha fatto il sorpasso. In
un’Unione Europea nata dalle macerie del fascismo, le è incredibilmente
riuscito di entrare nell’élite delle forze che condizionano il
linguaggio e le scelte degli altri. Oggi la destra radicale è il secondo
campo politico di forza in Europa, dietro solo al Partito popolare,
avendo superato la (ex) grande famiglia socialdemocratica che per 70
anni nel dopoguerra era stata determinante per il contratto sociale, le
istituzioni e gli equilibri politici del continente.
L a galassia
nazionalista il sorpasso lo ha portato a termine in queste settimane con
le elezioni in Italia, con l’evoluzione dei sondaggi in Germania e
anche con la Brexit. Se si tenessero oggi le elezioni europee — anziché
tra 15 mesi — la nebulosa di partiti che si richiamano ai valori della
patria, a leadership personali forti, a politiche intransigenti contro
l’immigrazione e i rifugiati, a volte con parole d’ordine di tipo
etnico, prenderebbero poco più del 17% dei consensi. Le formazioni della
famiglia socialista e democratica nella Ue (S&D, ex Pse) si
fermerebbero sotto al 16%. Se le europee si tenessero oggi le destre
sovraniste incasserebbero circa 30 milioni di voti anche se si astengono
metà degli elettori. Lo scarto percentuale dei sovranisti sui
progressisti sarebbe poi di quasi quattro punti in Europa senza il
contributo di Spagna e Portogallo dove i sovranisti sono quasi assenti e
i socialisti ancora forti.
Per fare il raffronto il Corriere ha
messo a confronto i sondaggi e gli ultimi risultati elettorali, se
recenti come in Italia o in Olanda. Questi valori sono stati pesati in
proporzione all’importanza di ogni Paese in una Ue da 446 milioni di
abitanti (senza la Gran Bretagna, che non parteciperà alle europee). Va
detto che i due gruppi, progressisti e sovranisti, per certi aspetti
sono disomogenei: i partiti di centrosinistra aderiscono alla stessa
famiglia europea dei Socialisti e democratici, mentre la destra radicale
ha varie differenze al proprio interno. Solo alcuni partiti, come
Jobbik in Ungheria e Alba Dorata in Grecia, sono apertamente razzisti.
Inoltre la destra sovranista all’Europarlamento non entra tutta nello
stesso gruppo e dunque difficilmente costituirà la seconda delegazione
più grande. L’ungherese Fidesz del premier Viktor Orbán per esempio fa
parte del Ppe di Angela Merkel anche se è xenofoba e si trova al cuore
di un sistema definito «democrazia illiberale» dal suo stesso premier.
Invece altri partiti di destra radicale, dal Front National francese (da
ieri Rassemblement National) alla tedesca Alternative für Deutschland, a
Strasburgo siedono nel gruppo Europa delle Nazioni e delle Libertà (di
cui è vicepresidente Matteo Salvini della Lega). Il fatto che quest’area
di opinione abbia superato i progressisti avrà comunque conseguenze: in
Polonia, Ungheria e Austria la destra-destra governa già, mentre in
Germania, Olanda o Italia induce buona parte del sistema politico a
inseguirla sui propri temi e conquista un’influenza che va oltre i voti.
Era
forse inevitabile, visti alcuni sviluppi recenti. C’è stato il crollo
dei socialisti in Francia, poi il declino del Pd in Italia e
l’affermazione della Lega. In Germania intanto AfD è salita ancora nei
sondaggi e ora tallona una declinante Spd. Conta poi anche che la Ue non
voglia o non riesca a far rispettare i principi dello Stato liberale di
diritto in Ungheria e Polonia. E con l’uscita del Labour Party
britannico dalla Ue, il gruppo di S&D perderà quella che nel
2019 sarebbe stata la sua componente maggiore.
La politica europea
sta cambiando volto. Quali sembianze assumerà, per adesso, è chiaro
com’era lo sbocco della crisi finanziaria subito dopo il crollo di
Lehman Brothers.