Corriere 1.3.18
I massacri di Ghouta e una tregua che nessuno vuole davvero
di Franco Venturini
Quattro
giorni dopo l’unanime indignazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu,
è evidente che nessuna tregua è entrata in vigore tra Ghouta Est e
Damasco. Non arrivano gli aiuti, non partono i civili sottoposti a
bombardamenti feroci. E quel che è peggio è che c’è una logica ferrea,
nel proseguimento del massacro.
Assad vuole «ripulire» la regione
della capitale, e non ha alcun interesse a sospendere i suoi attacchi.
Tanto più che a Ghouta Est si nascondono piccoli gruppi di discendenza
qaedista che colpendo Damasco con i mortai gli offrono una conveniente
motivazione.
Putin controlla Assad, e condivide, o ispira, la sua
strategia. Oltretutto l’idea della tregua di cinque ore al giorno è
farina del suo sacco, e il capo del Cremlino è parso così sensibile alle
esigenze umanitarie. Utile, alla vigilia delle elezioni.
Erdogan è
felicissimo che i riflettori si siano accesi su Ghouta, allontanandosi
dalla sua non travolgente offensiva contro i curdi siriani. Tanto più
che Putin, annunciando ieri il salvataggio (non citato da altri) di un
gruppo di civili, ha ringraziato proprio lui.
Jaish al-Islam,
Tahrir al-Sham e altri gruppi di opposizione jihadista trincerati a
Ghouta Est non hanno interesse, nemmeno loro, al successo della tregua.
Per ricevere armi e finanziamenti da fonti sunnite occorre essere
protagonisti, e sparare contro Assad. È il cinismo della guerra.
L’Iran,
non coinvolto direttamente, appoggia Assad e condivide la spiegazione
secondo cui al Palazzo di Vetro è stato fatto il possibile, e il
Cremlino ha poi aggiunto una sua generosa proposta. Ma i combattimenti
non potranno cessare se i «gruppi terroristi» continueranno a fare
vittime nei quartieri centrali di Damasco. La colpa è loro.
Nessuno
sembra voler parlare di proporzioni, 500 morti a Ghouta Est in nove
giorni contro 7 a Damasco, nessuno dice che a Ghouta Est sono stati
bombardati anche gli ospedali, nessuno ha intenzione di fermarsi. È la
solita storia siriana: se gli interessi dei protagonisti non coincidono,
e mai come oggi essi sono stati diversi, gli sforzi dell’Onu diventano
inutili balletti diplomatici.