giovedì 22 febbraio 2018

Silja Dögg Gunnarsdottir, deputato al Parlamento di Reykjavík, repubblica di Islanda:«chiunque ha il diritto di credere in ciò che vuole, ma i diritti dei bambini vengono prima del diritto di credere»
Corriere 22.2.18
Circoncisione in Islanda serve più rispetto anche per le minoranze
di Paolo Salom


In Islanda il Parlamento si prepara a bandire la circoncisione maschile infantile, per intenderci quella praticata da ebrei e musulmani non per motivi medici ma in virtù di un comandamento religioso. Il testo della legge — che ha l’approvazione dei partiti di governo e anche dell’opposizione e dunque una buona probabilità di essere approvata — prevede fino a sei anni di carcere per chi fosse colpevole di «rimuovere una parte o del tutto gli organi sessuali di un bambino». Questo provvedimento si accosterebbe al divieto di praticare la cosiddetta «circoncisione femminile», approvata già nel 2005. «Stiamo parlando di diritti dei bambini, non di libertà di credo», ha detto la parlamentare Silja Dögg Gunnarsdottir, che ha presentato la legge all’inizio di febbraio, aggiungendo che «chiunque ha il diritto di credere in ciò che vuole, ma i diritti dei bambini vengono prima del diritto di credere». Ora, al di là degli aspetti fisici (le due pratiche, maschile e femminile, sono ovviamente impossibili da paragonare), è interessante notare gli aspetti sociali di una prescrizione che andrebbe a colpire una libertà — quella religiosa — data per scontata nelle democrazie. Può uno Stato decidere fino a dove una fede può arrivare — in questo caso fisicamente — nel formare un individuo? In Islanda vivono 250 ebrei e 1.500 musulmani. Ma le reazioni sono state accese e hanno coinvolto rabbini e imam dell’Europa continentale. Il timore è che venga incastonato un principio cui altri potrebbero ispirarsi (la Danimarca ha già manifestato interesse). È dunque immaginabile una legge che obliteri uno dei cardini della vita religiosa di due storiche minoranze? Forse i deputati islandesi dovrebbero stare attenti a non trasformare il laicismo in un canone altrettanto prescrittivo.