Reubblica 5.2.18
Liliana Segre
"C’è una politica che semina odio. Ora via la parola razza dalla Costituzione”
Intervista di Simonetta Fiori
Cosa
prova un’italiana sopravvissuta ad Auschwitz davanti alle trenta
pallottole contro gli immigrati neri? Cosa pensa di un paese
fascioleghista che evoca la « razza bianca » , denuncia il complotto
della « sostituzione etnica » , trova infine una giustificazione per la «
caccia al negro » ? « Mi vengono i brividi » , dice Liliana Segre,
ottantasettenne testimone dell’Olocausto, da quindici giorni senatrice a
vita. « La violenza razzista è ormai un fiume senza argini, prodotto di
una pazzia collettiva sapientemente alimentata dai seminatori d’odio » .
Seppur diversi i contesti storici, restano identici i meccanismi che
danno vita a capri espiatori e fantasmi sociali. « Mi sembra di rivivere
cose orribili del passato » .
Esiste ancora un ventre molle del paese contaminato da fascismo e razzismo?
«E’
sempre esistito. Solo che nel dopoguerra ci si vergognava di tirarlo
fuori. Il lutto e la disperazione provocati dai totalitarismi creavano
una sorta di pudore intorno a certe tendenze, liquidate come oscene.
Il tempo ha cancellato la memoria delle tragedie. Ed ecco ora riaffacciarsi violentemente queste pulsioni razziste e xenofobe».
Colpiscono gli argomenti giustificazionisti della destra: ci sono troppi neri.
«Eh
già, ci mancava che applaudissero agli spari. Che vergogna. Ci sono
uomini politici che non hanno più timore di evocare la “razza bianca”,
addirittura denunciano un complotto per “la sostituzione etnica”. Cosa
ci si può aspettare da una politica dell’odio come questa?».
Il mito del complotto contagia neonazisti e leghisti.
Prima
era una specificità dell’antisemitismo, che ricorre ai falsi Protocolli
dei Savi di Sion per argomentare la pericolosità degli ebrei pronti a
impadronirsi del mondo. I razzisti di oggi evocano dissennatamente un
“piano Kalergi” per trasformare il popolo europeo in “una razza mista di
africani e asiatici”.
Sono entrambi dei falsi inventati per colpire delle vittime.
«Anche
io ho pensato a questa similitudine. E mi vengono i brividi. Spero di
sbagliarmi. Spero di essere clamorosamente smentita dalla Storia».
Cosa le ha fatto pensare a un’analogia?
«Il
meccanismo che dà vita al mito del complotto ha sempre gli stessi
tratti: si sospetta che siano in atto terribili piani misteriosi
rispetto ai quali la gente comune resta all’oscuro finché vincono gli
artefici della macchinazione.
Quindi bisogna annichilire l’avversario finché si è in tempo».
I fantasmi sociali nascono sempre in un momento di crisi.
«Sì,
certo. Ed è in momenti come questi che si inventano capri espiatori su
cui sfogare risentimento e paura. La rabbia oggi si respira per strada.
La si vede non solo negli episodi eclatanti come la “caccia al nero” di
Macerata, ma anche nella quotidianità. Bastano un sorpasso azzardato o
un parcheggio maldestro. Basta una finestra che sbatte e si accoltella
il vicino. Su questo terreno intervengo i maestri della politica e del
web assai abili nello spargere veleno e nel catturare l’attenzione.
Anche perché la lezione dell’odio è molto più facile di quella
dell’amore. Ha presa su platee più ampie».
È facile anche dare
vita a un immaginario razzista. Lei l’ha subìto da ragazza sotto il
regime fascista. Pur nella differenza tra quell’Italia e oggi,
rintraccia delle analogie nei meccanismi che creano una propaganda
fondata sulla discriminazione?
«E’ una questione che mi sono posta
anche io. E purtroppo le somiglianze non mancano. La campagna
antisemita non è nata da un giorno all’altro il 18 settembre del 1938,
quando Mussolini annunciò a Trieste le leggi razziali. Prima c’erano
state le barzellette, le boutade, le caricature con il naso adunco e le
orecchie a sventola. Gli ebrei ridotti a macchietta grottesca.
Pian
piano dalle vignette si è passati ai cartelli con la scritta: “Vietato
l’ingresso ai cani e agli ebrei”. E poi si sa dove siamo arrivati».
Nella sua esperienza personale, in che modo ha sofferto l’esclusione?
«Io
non ricordo l’atto violento – quello sarebbe arrivato dopo – ma lo
sparire dallo sguardo delle persone. C’è un gioco che fanno i bambini
senza capire quanto sia crudele. Si decide che uno di loro debba essere
invisibile. E non c’è grido che li scuota. L’escluso reclama: ehi, ci
sono, guardatemi! E gli altri niente, fanno finta di non vederlo e non
sentirlo. Ecco, questo è ciò che ho patito.
L’invisibilità».
Qualcuna delle sue amichette le ha mai chiesto scusa in questi ottant’anni?
«No, non è mai successo. È anche per questo motivo che la nomina del presidente Mattarella ha rimesso a posto molte cose».
Rispetto
alla Shoah, non abbiamo mai fatto i conti fino in fondo con le nostre
responsabilità, attribuendo ogni colpa ai tedeschi. Deriva anche da
questo la facilità con cui abbiamo sdoganato pulsioni xenofobe nella
scena pubblica?
«Sicuramente. Da noi l’armadio della vergogna non è
stato mai aperto. E l’esame di coscienza è completamente mancato. In
questi anni abbiamo creduto di stare con gli occhi aperti e le orecchie
vigili, ma evidentemente non è stato fatto abbastanza».
Lei oggi siede nel Senato della Repubblica. Quali atti intendere compiere per fermare il razzismo diffuso?
«Contro la xenofobia non credo tanto nell’efficacia delle leggi, ma nel potere dell’educazione.
Quello
di cui mi farò carico sarà un progetto per la scuola. Classe per
classe, testa per testa. I giovani devono conoscere quello che è
realmente accaduto: è l’unico modo per porre un argine alla violenza
presente e futura. Avverto questa urgenza da senatrice ma anche da
nonna».
Nei giorni scorsi è stata sollevata nuovamente la
questione dell’uso della parola razza nella Carta. Il presidente della
Corte costituzionale, Paolo Grossi, ha ricordato che quella parola viene
evocata proprio per condannare ogni discriminazione: si usciva allora
dalla tragedia dell’Olocausto.
E ha aggiunto che oggi l’uso di quel termine non ha più senso.
Le piacerebbe se “razza” scomparisse dalla Costituzione?
«Sì,
mi piacerebbe molto. Sono anche d’accordo con il presidente Grossi che
ne ha contestualizzato l’uso. Ma vedrà che la parola razza verrà
cancellata dalla Carta.