Repubblica 8.2.18
Le proteste a Tel Aviv
Israele prepara la grande espulsione
Il piano del governo per i profughi illegali: detenzione oppure 800 euro e un biglietto per Ruanda o Uganda
di Vincenzo Nigro
Dal
primo febbraio il governo israeliano ha iniziato a consegnare dei fogli
di espulsione ai primi fra i quarantamila migranti illegali che
vorrebbe far partire dal Paese. Sono quasi tutti migranti eritrei e
sudanesi, che riceverebbero 3.500 shekel (poco più 800 euro) per
spostarsi in Ruanda o Uganda.
Ieri migliaia di migranti hanno
manifestato a Tel Aviv contro le espulsioni: “Preferiamo rimanere in
Israele, anche in prigione”. Secondo un sondaggio il 66 per cento degli
israeliani è favorevole alle espulsioni ordinate dal governo.
«
Non me ne andrò mai via da Israele, non darò mai il mio accordo a farmi
trasferire in Africa: preferisco vivere in carcere qui, tutta la vita » .
Abda Ishmael è un eritreo di 28 anni: nel 2011 era riuscito a sfuggire
al tiranno del suo paese, è arrivato in Israele. Da qualche giorno il
governo di Gerusalemme ha deciso di passare alla “fase 1” di una
procedura di espulsione di alcune migliaia di migranti illegali (
potrebbero essere fino a 40 mila): il premier Bibi Netanyahu è riuscito a
trovare un accordo con 2 governi africani, Ruanda e Uganda, perché
accolgano rifugiati che non hanno nessuna intenzione di tornare nei loro
paesi, come gli eritrei che verrebbero incarcerati a vita dal loro
regime.
«Ma noi non ce ne andremo, vivremo tutta la vita in
prigione qui, ma non partiremo mai per un paese africano che non è il
nostro », dicono con Abda i suoi compagni nel centro di transito del
Negev. Il campo verrà chiuso il primo aprile: chi deciderà di partire
riceverà 3.500 shekel (poco più di 800 euro) e il biglietto di viaggio,
gli altri dovrebbero finire in carcere, o comunque in campi di
detenzione.
Ieri alcune migliaia di migranti illegalia hanno
protestato davanti all’ambasciata del Ruanda, a Tel Aviv. È solo
l’ultimo sit- in dopo proteste che da giorni si stanno inseguendo in
tutta Israele, e che iniziano ad avere un impatto sull’opinione pubblica
del paese.
Un sondaggio dice che il 60% degli israeliani si sente
minacciato da questi migranti, preferisce che vengano espulsi dal
paese. Ma nell’altro 40 per cento del paese ci sono molti che ricordano
una cosa molto semplice e molto vera: «Noi israeliani, noi ebrei siamo
un popolo di migranti, questo paese, è vivo grazie all’immigrazione, non
possiamo trattare così questi uomini » , dice Reuven Abergil, un
vecchio leader della sinistra “ extraparlamentare” degli Anni Settanta.
All’inizio
di febbraio sono stati consegnati i primi fogli di via ai migranti
senza famiglia: dovrebbero essere i primi a partire, oppure a essere
trasferiti in un centro di detenzione che a questo punto però dovrebbe
contenerne alcune migliaia.
Il primo ministro Netanyahu parla di
loro come “ gli infiltrati”: forse perché buona parte dei migranti
sudanesi ed eritrei sono entrati in Israele passando dal deserto
egiziano, lungo il confine del Sinai. Adesso nel deserto è stato
costruito un muro elettronico, gli arrivi di fatto si sono interrotti e
il paese di prepara alla grande espulsione.
Netanyahu nel
frattempo si prepara alla fase finale di una battaglia pericolosissima
per la sua sopravvivenza politica: da mesi è nel mirino della polizia in
3 inchieste per sospetta corruzione, il “ caso 1000”, “ caso 2000” e “
caso 3000”. Ieri sera c’è stata una riunione di coordinamento finale
degli investigatori dell’Unità anti- corruzione con il capo della
polizia: si preparano a fare le loro richieste al procuratore generale.
Per il leader di Israele la questione- migranti potrebbe passare in
secondo piano.