Repubblica 5.2.18
Italia e Ue
Il primo passo per riunire la sinistra
di Roberto Esposito
Una
cosa è certa: qualunque sia l’esito del confronto elettorale in atto, a
partire dal 5 marzo occorrerà riaprire un cantiere per riaggregare i
pezzi, adesso divisi, della sinistra italiana. L’alternativa è la sua
eclissi definitiva, con la parte maggioritaria confluita in una galassia
centrista senza anima né progetto e l’altra, minoritaria, condannata
all’irrilevanza. Se poi, nell’impossibilità di formare un governo, si
andasse a nuove elezioni, con questa o un’altra legge elettorale, le
cose non cambierebbero. L’unica chance di ritornare in gioco per il
centrosinistra passa per la ricostituzione di un campo politico
unitario. Ma come? Come ricomporre il puzzle di un mosaico oggi
scomposto in frammenti che sembrano respingersi? Da dove partire per
contrastare una diaspora che può portare a una sconfitta storica?
Certo,
si può stringere un’alleanza temporanea su singoli temi. Ma dubito che
sarebbe sufficiente a superare una stagione di scontri frontali e
fratture personali profonde. L’unica possibilità di lasciarsele alle
spalle è un cambio di passo che dia il senso di una svolta.
Non
solo di programma, ma anche di progetto. Si tratta di collocarsi
nell’unico orizzonte in cui si giocheranno in futuro le battaglie che
contano: quello europeo.
L’ambito europeo è il solo terreno su cui
i due tronconi della sinistra possono tornare a parlarsi, perché non è
prerogativa di nessuno. È l’unico spazio neutrale in cui possono, almeno
sulla carta, confrontarsi. Un’iniziativa è già in atto e sarà resa
pubblica il 14 marzo. Il Movimento europeo, presieduto per la sezione
italiana da Pier Virgilio Dastoli, già assistente di Altiero Spinelli,
ha proposto di sottoscrivere un Patto dell’Italia nell’Ue già firmato da
intellettuali e candidati dei partiti della sinistra (+Europa, Insieme,
Pd e Leu). Si tratta del primo passo verso una ricomposizione, che può
nello stesso tempo stimolarla e prepararla. Delinea il quadro di una
convergenza oggi impossibile, ma necessaria tra un mese.
Ciò su
cui chiede di impegnarsi, a prescindere dall’attuale collocazione
partitica, è il profilo di un’Europa politica, accentrato su tre
questioni dirimenti. In primo luogo i diritti dei cittadini europei e di
coloro che possono legittimamente diventare tali, con la conseguente
sanzione per i Paesi che si sottraggono al dovere di un’accoglienza
ordinata e condivisa.
Naturalmente in un quadro di sicurezza
garantito da una progressiva integrazione delle forze militari e del
sistema penale dei vari Stati.
In secondo luogo la creazione di un
vero Welfare europeo, in grado di ridurre le disuguaglianze tra e nei
Paesi dell’Unione. Ciò è possibile adottando un bilancio pluriannuale
che preveda prestiti e mutui per investimenti di lunga durata. In terzo
luogo la creazione di una cittadinanza europea, attraverso
l’introduzione di liste transnazionali per l’elezione nel prossimo
Parlamento europeo e l’avvio di una fase costituente.
A questo
fine si propone di eleggere nella primavera del 2019 un Congresso con il
mandato di redigere la Legge fondamentale della futura Comunità
federale, da approvare attraverso un referendum paneuropeo. Mi pare ci
sia di che superare gli eterni litigi della sinistra italiana.
Roberto
Esposito, filosofo, insegna Filosofia teoretica alla Scuola Normale
Superiore di Pisa. Il suo ultimo libro è “Da fuori. Una filosofia per
l’Europa” (Einaudi, 2016)