Repubblica 5.2.18
L’arsenale
Le piccole atomiche del Pentagono preoccupano l’Italia
di Stefania Maurizi
Di che cosa stiamo parlando
Due
giorni fa il Pentagono ha pubblicato il documento di “Revisione della
Posizione Nucleare”: si tratta della prima riforma della dottrina
nucleare degli Usa dal 2010. Nel documento sono illustrate le strategie
americane per fronteggiare le minacce nucleari nei prossimi decenni.
Cuore
del progetto è lo sviluppo di armi atomiche di misura ridotta, che
avrebbero un maggior effetto di deterrenza sulla Russia e sulla Corea
del Nord perché di più rapido impiego. Il cambio di strategia può
riguardare anche gli armamenti statunitensi che si trovano in Europa e
in Italia.
La Nuclear Posture Review, con cui l’Amministrazione
Trump ha definito la sua politica in materia di armi nucleari, suscita
reazioni e preoccupazioni tra gli esperti. L’Italia è il Paese europeo
che ha il maggior numero di atomiche Usa sul proprio territorio e
l’unico ad avere due basi nucleari: Aviano e Ghedi. Con la nuova
dottrina Trump e con l’acquisto degli F35 con capacità nucleare, come
cambiano le cose? A spiegare a Repubblica che cosa accadrà è l’americano
Hans Kristensen, autorità
in materia di armi nucleari americane in Europa e direttore del
Nuclear Information Project della Federation of American Scientists.
«
Al momento, le mie stime mi portano a valutare che il numero di ordigni
sul territorio italiano sia sceso intorno a 50 atomiche: 20 a Ghedi e
25- 30 ad Aviano » , analizza Kristensen, spiegando che « la Nuclear
Posture Review non cambierà questi numeri, ma si parla di incrementare,
quando ce ne sarà bisogno, la loro prontezza, efficacia e capacità di
resistere sul campo » . Fino a quattro anni fa, Kristensen stimava che
in Italia fossero stoccate 70 atomiche di due tipi: la B61- 3, che ha
una potenza tra 0,3 e 170 kiloton - l’atomica di Hiroshima, che fece
circa 200mila morti, aveva una potenza intorno ai 15 kiloton - e la
B61-4, con potenza tra 0,30 e 50 kiloton. Si tratta, dunque, di due
ordigni nucleari che possono avere un “ low- yield”, ovvero quella bassa
potenza che tanto fa discutere gli esperti: la dottrina Trump punta
alla costruzione di atomiche “piccole”, che però rischiano di essere più
pericolose delle grandi. Può sembrare paradossale, ma per questi
armamenti vale il principio “ less is more”: più le atomiche hanno una
distruttività limitata più c’è il rischio che siano usate in
combattimento, abbattendo per la prima volta il tabù nucleare, una
regola che ha fatto sì che, dopo Hiroshima e Nagasaki, l’atomica non
fosse mai più usata nei conflitti, ma fosse impiegata solo come
deterrente.
Le B61- 3 e B61- 4 che oggi si trovano ad Aviano e
Ghedi saranno rimpiazzate con la nuova bomba B61-12, che entrerà in
produzione nel 2020 e sarà stoccata nelle basi europee intorno al 2024.
Si tratta di un’arma con una potenza che può variare da 0,3 fino a 50
kiloton e che può essere disponibile in una versione “ piccola”. Gli
esperti nucleari non capiscono quale possa essere la logica
dell’Amministrazione Trump nel puntare a costruire nuovi ordigni di
potenza limitata, dal momento che negli immensi arsenali Usa ce ne sono
già mille esemplari disponibili. « La Nuclear Posture Review chiede un
massiccio investimento nel ricostruire l’arsenale nucleare americano al
prezzo di 1.200 miliardi di dollari», scrive la prestigiosa rivista di
controllo degli armamenti Bulletin of the Atomic Scientists.
Kristensen
crede che il fatto che Trump «proponga di sviluppare un missile
nucleare Cruise lanciato dal mare suggerisce che gli Usa non vedano le
bombe atomiche presenti in Europa come molto utili».
Quanto al
passaggio dell’Italia ai nuovi caccia F35 capaci di lanciare ordigni
atomici, Hans Kristensen fa notare che questa scelta non comporterà
alcun cambiamento: «L’Italia passerà dai Tornado agli F35, per le
missioni nucleari, ma questo era noto da tempo».