Repubblica 2.2.18
La ragazza del hijab bianco
Capelli al vento contro i religiosi a decine come Vida in piazza in Iran
di Francesca Caferri
Dopo
il fermo della donna simbolo delle proteste altre imitano il suo gesto:
via il velo obbligatorio E le immagini viaggiano sulla Rete. Già 29
arresti
C’è la ragazza dai capelli verdi che sale su un muretto e
resta lì, immobile, forse protetta da un gruppo di ragazzi. Le amiche
che si tengono per mano e si sfilano il velo davanti alla porta chiusa
di una moschea. La donna con il chador, coperta da capo a piedi, che
sale su una cassetta dell’elettricità e fa ondeggiare nell’aria un
fazzoletto: simbolo di una battaglia che non è la sua, ma che sente
comunque di difendere. E poi ci sono gli uomini: nelle strade, così come
nelle campagne o sulla cima di una montagna. Era iniziata quasi sotto
traccia, solo sui social network, più di un anno fa: ma la campagna
delle donne iraniane che protestano contro l’obbligo di indossare il
velo sui capelli in pubblico negli ultimi giorni è dilagata, diventando
il paradigma di un Paese – o di una parte di esso – che nonostante le
tante repressioni non ci sta a farsi indicare la strada dai religiosi in
ogni aspetto della vita.
Ventinove donne, secondo il calcolo dei
social media, sono state arrestate da quando, il 27 dicembre, la 31nne
Vida Mohaved è stata fermata nel cuore di Teheran dopo essere salita su
una cassetta dell’elettricità ed aver sventolato il suo velo bianco su
un bastone. La donna è rimasta per settimane in detenzione ed è stata
liberata pochi giorni fa: ma il suo gesto ha acceso un movimento che sta
iniziando a infastidire i vertici della Repubblica islamica.
Prova
ne è il fatto che la cauzione fissata per la liberazione di alcune
delle donne arrestate è altissima per gli standard iraniani. E che due
giorni fa anche il procuratore generale della Repubblica, Moahammad
Jafar Montazeri è intervenuto per promettere il pugno duro contro le
ragazze: «Azioni nate dall’ignoranza», ha detto. « Se credono nell’Islam
sanno che per la sharia il velo è obbligatorio».
Ma le minacce
non sono servite a fermare le donne: lunedì ne sono state arrestate sei,
mercoledì – giorno inizialmente dedicato alla protesta – più di 20.
«
Credo che queste proteste proseguiranno: è ovvio che alcune donne
vogliono decidere da sole » , dice Nasrin Sotoudeh, la più nota avvocata
per i diritti umani in Iran, lei stessa a lungo imprigionata per le sue
battaglie. « Siamo stanche che a decidere per noi siano i religiosi:
sulla nostra vita così come sul nostro abbigliamento » , commenta da New
York Masih Alinejad, 32nne giornalista iraniana in esilio, fondatrice
del movimento My Stealthy Freedom che per prima ha lanciato la protesta.
È
troppo presto per dire se questo gesto ha la forza di diventare una
spina nel fianco reale per il regime iraniano o l’onda è destinata ad
esaurirsi presto. Ma il fatto che tante donne abbiano scelto di tornare
in piazza sapendo bene di rischiare l’arresto a poche settimane dalle
proteste represse di dicembre scorso, che hanno portato in carcere 4mila
persone e ne hanno viste 25 morire, è molto significativo.
Il
velo che copre i capelli è obbligatorio per le donne in Iran dalla
rivoluzione del 1979: fino a qualche mese fa la polizia poteva fermare
le donne che non coprivano abbastanza i capelli, ma da poco questi
poteri sono stati sensibilmente ridotti, almeno nelle grandi città. A
molte iraniane tuttavia questo non basta, come la campagna di questi
giorni dimostra.