Corriere 2.2.18
Facebook perde colpi? Il tempo trascorso sul social in calo per la prima volta
Bene i conti, ma 50 milioni di ore in meno al giorno. Titoli su in Borsa
di Massimo Sideri
È
una guerra del tempo quella che stiamo vivendo nell’era del Grande
Like: il tempo speso a guardare una app piuttosto che un’altra. A
postare una foto su Instagram piuttosto che ad ascoltare una canzone su
Spotify. E Facebook, per la prima volta nella sua storia, non la sta
vincendo a mani basse: ha perso in termini di attenzione degli utenti 50
milioni di ore ogni giorno nell’ultimo trimestre del 2017. In un anno
lo strabiliante (quasi inverosimile) conto di 18 miliardi di
ore-attenzione collettive bruciate o, ancora, 2 milioni di anni in meno
passati a postare, cliccare pollicioni e guardare video virali di
gattini. Potenza dei grandi numeri della Rete. Quante pubblicità si
possono perdere in un anno con questa frenata? Ecco facilmente spiegato
perché anche il colosso ha subìto il contraccolpo iniziale perdendo
subito il 5 per cento in Borsa. Su una «popolazione» di 1,4 miliardi di
utenti attivi al giorno (2,1 miliardi quelli mensili) si tratta di
frammenti di distrazioni dei singoli che però tutti insieme si fanno
masso: il 5 per cento in meno rispetto a prima. Peraltro con una perdita
di 700 mila utenti in casa propria, Stati Uniti e Canada, scesi a 184
milioni. Anche questa una prima volta. Se Sant’Agostino nelle sue
Confessioni diceva «so che cosa è il tempo, ma quando me lo chiedono non
so spiegarlo» per Facebook invece c’è una spiegazione: il tempo speso
sul social è quello sottratto a qualche altro «distrattore di massa»,
Google, Amazon, Netflix o Instagram. Non esiste la 25 ora nella nostra
vita di fronte a computer e schermi di tablet o smartphone. Le ore sono
sempre 24 e tolte quelle che il ciclo circadiano consegnano alla notte
tutte le altre vanno spacchettate e occupate.
Lo stesso fondatore
di Facebook, Mark Zuckerberg, presentando i conti, ha detto che è «stato
un anno grande ma duro». È l’anticipo di una crisi di identità? Non è
difficile ora collegare la frenata con il più radicale cambio
all’algoritmo che era stato annunciato solo il 12 gennaio scorso, quello
con cui si dava meno importanza ai contenuti esterni, come le news dei
giornali, per un ritorno alle «origini», la socializzazione tra amici e
famiglia. E non è difficile collegare questo ritorno al passato con il
tour «politico» che Zuckerberg ha fatto nel corso del 2017 negli Usa
parlando dell’importanza della «comunità» come fosse un santone
medievale. Ciò che noi scopriamo oggi Zuckerberg lo deve avere
sospettato un anno fa. Sembra che con le sue mosse abbia quasi voluto
governare un «soft landing», un atterraggio morbido, come quelli
pianificati dall’economia cinese che cresce a ritmi sempre vertiginosi
ma non più come prima.
È ora evidente che qualcosa non va. E non è
scontato che non sia un problema di cannibalizzazione tra Instagram
(che piace di più ai teenager, ma non solo) e WhatsApp. Il tempo speso,
come dicevamo, lo possiamo solo sottrarre, non aggiungere (dobbiamo pur
sempre lavorare...).
Il titolo in Borsa ha recuperato (fino al 4%)
dopo che la società ha raccontato che non si attende un calo nella
raccolta pubblicitaria e dunque nell’utile. Mentre il tempo speso
scendeva i ricavi salivano.
Ma contano di più gli utenti o gli
utili? Dilemma non banale. Dietro tutto questo potrebbe anche esserci un
tentativo «pilatiano» di Facebook di fare un apparente passo indietro
dalla gestione dei contenuti che negli ultimi due anni ha creato solo
problemi. La responsabilità editoriale non è un video virale di gattini,
piuttosto è una brutta gatta da pelare. Fake news, accuse di avere per
lo meno con leggerezza favorito pericolose influenze sulla Rete, casi
purtroppo anche di suicidi tra i giovani per contenuti sfuggiti a
qualunque controllo. La colpa non può essere data solo a una generica
«tecnologia», ma a chi la gestisce e guadagna miliardi. Ecco perché un
ritorno alle origini, pur non risolvendo i problemi (i migliori untori
di fake news sono proprio gli amici), sembra una mossa poco convincente.
Soprattutto per gli utenti. La storia continua, di sicuro.