Repubblica 27.2.18
Il grande dilemma a sinistra: votare o no per i dem?
di Concetto Vecchio
Bisogna sostenere il centrosinistra, non c’è altra scelta, ma dando a Renzi meno chance di tutti. Così voto Bonino
Il Pd unica scelta. A Roma gli elettori hanno voluto dargli una lezione, ma non è servito. I partiti umiliati peggiorano
Renzi non è il mio nemico, ha fatto molti sbagli ma non il responsabile di tutti i mali
Non abbandoniamo l’idea di cambiare radicalmente il Paese, basta rassegnarsi al meno peggio
«Comunque
io il Pd non lo voto». Ci hanno costruito perfino lo spot elettorale
sul dubbio che dilania, mai come questa volta, il popolo del
centrosinistra. Che fare, domenica? Sicuri di dare ancora fiducia ai
democratici? In ogni famiglia c’è uno che si alza e annuncia solenne:
«Voto Bonino, per lanciare un avvertimento a Renzi». «Sì, - è la rituale
replica però ricordati che Emma in economia è di destra». Votare
Insieme, come ha suggerito Romano Prodi, per stare dentro il perimetro
della coalizione?
D’accordo, ma Insieme supererà mai la fatidica
soglia del tre per cento? Turarsi allora il naso e segnare la croce sul
simbolo del Pd, come suggerì Indro Montanelli per la Dc nel ’76, temendo
il sorpasso comunista (che non ci fu)? Quanta confusione, quante
incertezze.
Ieri anche l’ex direttore dell’Unità Emanuele
Macaluso, grande vecchio della sinistra, ha fatto un endorsement per
+Europa. «E si stupisce?», dice al telefono. «Bisogna sostenere il
centrosinistra con tutte le forze, non c’è altra scelta, ma bisogna fare
in modo che Renzi abbia meno chance di tutti. Come me la pensano tanti
vecchi compagni. Vede, il segretario non pronuncia mai la parola
centrosinistra, dice solo Pd, al singolare. Allo stesso tempo i delusi
percepiscono che dare un voto a Grasso è come annullarlo, perché Leu è
fuori dalla vera partita, che riguarda centrosinistra, destra e M5S. La
scissione è stata una scelta disastrosa».
Che fare, quindi? Se ne parla sui luoghi di lavoro, sui social.
Tradire
il Pd, è il ragionamento che fanno in tanti, significherebbe favorire
una destra con venature razziste, o l’incompetenza Cinquestelle.
Non
resta che il Pd, «una scelta tanto semplice quanto deprimente»: si può
riassumere così il post del vicedirettore del Post Francesco Costa, il
sito online diretto da Luca Sofri, la cui accorata confessione,
“Guardiamoci negli occhi”, vanta la palma del post più virale di questa
campagna elettorale. La sua tesi: il Pd, con tutti i suoi limiti, è
l’unico partito in grado di governare il Paese, perché dispone di una
classe dirigente degna di questo nome. Il pezzo è stato letto da un
milione di persone, segno che ha saputo interpretare lo straniamento di
un mondo. Ne è sorto un dibattito appassionato. I più hanno rinfacciato a
Costa di esercitare il solito ricatto del voto utile, di imporre di
votare il meno peggio. Una tesi questa sostenuta su minima&
moralia da Marta Fana e Giacomo Gabbuti, in un lungo pezzo in cui si
bocciano molti protagonisti del governo Gentiloni, da Poletti a Madia,
da Minniti a Lorenzin, perché «una cosa che noi, tutti, non possiamo
proprio più permetterci è di continuare a considerare tutto questo
“governo da paese normale”».
«Facendo così il Pd non imparerà mai a
essere migliore, e io voglio votare una vera sinistra», è l’altra
obiezione ricorrente. Costa ha risposto citando il caso Raggi: «A Roma
gli elettori hanno voluto dare una bella lezione al Pd alle ultime
comunali, col risultato di… far restare il Pd romano quello che era
prima. I partiti umiliati e sconfitti si rimpiccioliscono: fanno
scappare i benintenzionati e fanno restare gli altri».
Claudio
Giunta, che ha scritto Essere # Matteo Renzi, giudica l’analisi di Costa
«molto ragionevole, nei modi e nella sostanza», ma non vuol dire cosa
voterà. «Questa è la prima campagna elettorale decisa dai social, la più
triste e la più allarmante di sempre, anche i politici più assennati si
sono dovuti adattare a una comunicazione emotiva». Ha avuto vasta
circolazione anche un decalogo elettorale dello storico Antonio Gibelli,
per cui «Renzi non è il mio nemico. Ha fatto molti sbagli, ma non è
responsabile di tutti i mali».
Gibelli chiude con un appello tutto
in maiuscolo: «È assai probabile che ci aspettino venti anni peggiori
dei venti che ci hanno preceduto: se la diga si rompe il nuovo fascismo
dell’indifferenza è alle porte».
«Il mio spaesamento è totale», confessa però Nadia Terranova, l’autrice de Gli anni al contrario.
«Nel
mio collegio il Pd candida Orfini. Non ho ancora deciso quel che farò,
ma ho deciso quel che non farò: votare Pd o Cinquestelle. I democratici
sull’immigrazione si sono allineati alla destra: una delusione enorme».
Giuseppe Provenzano, vicedirettore dello Svimez, fresco di rinuncia a
una candidatura nel Pd, aggiunge questo dettaglio. «Sono stato
all’Università di Salerno, dove alcuni professori mi hanno detto: “Ma
perché dovremmo votare per il figlio di De Luca? È più dignitoso il
candidato del Movimento”. Al Sud ci sono troppi impresentabili: lo dico
con dolore».
La sinistra è in affanno ovunque in Europa. In
Germania l’Spd, precipitata al 20,5%, suo minimo storico, accende
discussioni infinite sul suo destino. La faglia non riguarda più
soltanto destra e sinistra, ma anche globalizzazione e sovranismo,
garantiti e precari, e pone a tutti un ripensamento. Il caso italiano è
reso più complicato dal fattore Renzi, un leader reputato antipatico. La
lista +Europa rischia così di diventare un rifugio per un mondo che
aveva guardato con speranza al Pd negli anni di Veltroni. Ieri anche il
critico Goffredo Fofi ha detto che sceglie Bonino: «Ci si può ancora
fidare delle singole persone che credono ancora nella politica».
Votare
per il Pd o punirlo? Nello spot alla fine spunta Renzi in carne e ossa,
e dice al militante dubbioso: «Pensaci». Convincerà i tanti
disorientati di queste ore?