Repubblica 27.2.18
Salute mentale
Il paziente è un mondo
colloquio con Eugenio Borgna
Terapie
brevi e farmaci sono utili Ma non uccidono la psicoanalisi Così le
nuove cure omaggiano Freud L a relazione che cura e che aiuta ad
affrontare dolori e traumi. Un percorso lungo e faticoso, quello della
psicoanalisi, ma che resta una delle strade maestre per affrontare i
disturbi psichici. Negli ultimi anni però ha perso terreno, con la
diffusione di terapie che rispondono alle esigenze di una società in
corsa, dalle cure farmacologiche alle psicoterapie brevi. Così la vede,
però, Eugenio Borgna, uno dei padri della psichiatria italiana.
Cosa è cambiato professore?
«Freud
ha cambiato il mondo e ancora oggi in area psicoanalitica l’iter
freudiano e quello junghiano possono dare quella profondità necessaria
per avvicinarsi agli spazi della propria conoscenza interiore.
L’evoluzione sociale ha portato a una maggiore diffusione delle
psicoterapie brevi, che però non sarebbero mai nate senza Freud. Viviamo
nel presente, in un tempo in cui il passato è considerato inutile.
L’analisi indaga nel nostro passato, ma lo fa con tempi lunghi. È
diminuito anche il numero di specializzandi che scelgono l’analisi
freudiana o junghiana».
Lo stesso Freud ammetteva che potessero esistere altre vie.
«
Lo aveva riconosciuto elogiando lo scrittore Arthur Schnitzler per la
profondità della conoscenza dell’animo umano testimoniata nelle sue
opere».
Quali sono le terapie oggi?
«Ci sono state
modificazioni rispetto al pensiero freudiano. Alcuni analisti ne seguono
il cammino teorico, ma sfumandone il rigore. Si sono molto diffuse le
psicoterapie caratterizzate da un numero limitato di sedute ed è
cresciuta la consapevolezza dell’importanza che nella genesi dei
disturbi psichici hanno le condizioni sociali così imprevedibili nella
loro evoluzione».
Quali sono i limiti delle psicoterapie brevi?
«Non
si conciliano con le esperienze psicotiche, con quelle depressive e
maniacali, con quelle dissociative, e in particolare dove ci sono
tendenze autoaggressive. Qui è necessario ricorrere a psicofarmaci e a
una psicoterapia di sostegno. Possono invece essere utili per affrontare
un singolo sintomo».
E i farmaci?
« Nel ‘ 52 fu messo a
punto in Francia il primo psicofarmaco ad azione antipsicotica, la
cloropromazina, ancor oggi prescritta. È stata una rivoluzione. Gli
psicofarmaci hanno consentito di fare a meno di metodi antiterapeutici,
come il coma insulinico, la lobotomia di inenarrabile barbarica
violenza, e l’elettroshock, che continua a essere praticato in alcune
cliniche psichiatriche universitarie».
Oggi se ne consumano troppi?
«
Vengono prescritti troppo facilmente. Spesso dai medici di base. C’è un
abuso e questo può essere pericoloso. Basta una lieve crisi d’ansia per
indurre a prendere un ansiolitico. È il segno dei tempi. Si tende ad
evitare qualsiasi forma di inquietudine dell’anima e di sofferenza
andando alla ricerca di un benessere assoluto».
Con che rischi?
«
Si crea dipendenza, attenuazione delle proprie reazioni emotive.
Diventiamo “ robot” insensibili. Non va bene, perché la vita è fatta
anche di dolore. L’ansia ha un significato sociale, ci aiuta a entrare
in contatto con gli altri » .
La medicina dell’evidenza può essere applicata alla psichiatria?
«
La medicina basata sulle evidenze è difficilmente applicabile alla
valutazione dei disturbi psichici. Questi, nella loro genesi e nella
loro evoluzione, sono collegati a un insieme di fattori psicologici,
biologici e sociali che si intrecciano gli uni agli altri e che sono
influenzati da contesti interpersonali e sociali, dalle parole e dai
gesti, non consentendo di giungere a certezze, Nei manicomi non c’erano
dubbi sull’evidenza delle cause biologiche della sofferenza psichica che
si è dimostrata invece conseguente in buona parte a influenze di
matrice sociale. Si può quasi dire che in psichiatria ogni paziente ha
un suo modo di stare male e un suo modo di essere curato, sulla scia di
influenze non sempre prevedibili».