mercoledì 21 febbraio 2018

Repubblica 21.2.17
1848
Raoul Peck “ Il giovane Marx contro l’ignoranza”
Intervista di Arianna Finos


Sono tornate. Uscite dal baule della memoria, le grandi (e controverse) figure del Novecento sono protagoniste al cinema e in tv. Stalin, Hitler e Mussolini raccontati tra commedia e satira, Churchill celebrato nella sua ora più buia (è in sala e si avvia all’Oscar), mentre il maestro russo Aleksandr Sokurov prepara un film in cui i quattro chiacchiereranno nell’aldilà.
In quest’onda di rivisitazione storica, carica di implicazioni e rimandi al presente dell’Europa, s’inserisce Il giovane Karl Marx di Raoul Peck. Il regista haitiano confeziona un ritratto affettuoso dell’amicizia tra i ventenni Karl Marx (il perfetto August Diehl) e Friedrich Engels (Stefan Konarske), e li accompagna nella gestazione di quel Manifesto del partito comunista consegnato alla storia il 21 febbraio di 170 anni fa.
Peck, lo slogan del suo film è “La rivoluzione è giovane”. Lei ha scoperto Marx a 17 anni.
«Sì. Studente qui in Germania ho affrontato Il capitale. Allora si discuteva su come rinnovare l’approccio sull’opera evitando i dogmatismi delle rivoluzioni russa e cinese: le idee di Marx e Engels erano state sequestrate, si erano scelti i passaggi più convenienti tralasciandone altri; ad esempio che l’emancipazione di tutti deve passare attraverso quella di ciascuno, che non esiste rivoluzione senza democrazia e libertà. Ho sentito il bisogno di allontanarmi dalla barbuta statua di cera di Madame Tussauds, e tornare al giovane Karl, raccontare chi erano questi uomini e queste donne, da dove arriva il loro pensiero».
Dove avete trovato il materiale su Marx ventenne?
«Abbiamo subito scartato i libri di interpretazione del suo pensiero, le biografie. Siamo andati dritti a quello che Marx e Engels hanno scritto, e ai loro carteggi: la sceneggiatura si basa sulla corrispondenza. Il film è vicino a quei giovani ribelli che hanno lottato contro l’oppressione, la censura, la violenza a cui erano sottoposti gli ultimi nelle società europee. Ed è pensato per i ragazzi, senza dogmi o lezioni.
Segue questi due giovani che avrebbero cambiato il mondo e i coetanei di oggi li comprendono.
In rete si discute molto del film».
Marx le ha cambiato la vita?
«Ha cambiato il mio modo di pensare, mi ha insegnato a strutturare il pensiero.
Soprattutto da lui ho imparato l’analisi di una società capitalista che è la stessa in cui viviamo oggi.
La differenza è che oggi anche Russia e Cina sono diventati capitalisti e si sente il peso della disuguaglianza, della ricchezza della minoranza. Oggi i ragazzi sono bombardati da informazioni ed è difficile capire quali sono le priorità. Il pensiero di Marx può offrire ai giovani utili strumenti di comprensione, come quello dell’attivista James Baldwin ha aiutato gli afroamericani».
Il pensiero di Baldwin nel suo documentario “I am not your negro”, fresco della vittoria agli inglesi Bafta, riguardava anche Hollywood. Cosa pensa del successo di “Black Panther”?
«Una parte di quello che faccio come regista è mettere in scena le storie che vorrei vedere: così è stato per esempio nel caso del film su Lumumba. Avrei apprezzato la sua storia anche a dodici anni. Baldwin spiega quanto Hollywood sia stata poco seria nel mostrare la diversità nella storia. Critica John Wayne che spara agli indiani, ma in fondo anche noi neri eravamo un po’ come gli indiani. Per troppo tempo il cinema è stato dominio dell’America, dell’Occidente. Ora si vedono più afroamericani, latini, donne. Un film non è mai innocente, è sempre ideologico. È merchandise. Ma è colmo di messaggi anche quando finge di essere solo commerciale. Perciò ben venga Black Panther».
Un anno fa qui a Berlino nel giorno dell’insediamento di Trump lei disse: “È stato come consegnare ad Attila le chiavi del regno”. Lo pensa ancora?
«Oggi il regno brucia. Siano repubblicani o democratici, trovo rivoltante la presenza di tanti opportunisti al Congresso. Si finge di non vedere che ogni regola è saltata. Che in pochi mesi si è distrutto un patrimonio che non basteranno decenni a ricostruire. Ma non va meglio da voi in Italia e in Europa. La gente dimentica il passato, non crede nelle istituzioni. Non vota e così la minoranza decide per tutti. Nel film il giovane Marx dice “l’ignoranza non aiuta nessuno”.
Siamo qui, oggi, nel tempo dell’ignoranza, è l’ignoranza che ci sta uccidendo».
Qual è il leader che la convince?
«Non sono i leader a cambiare il mondo, ma le persone. Nel film Marx dice: “Non abbiamo bisogno di leader, abbiamo bisogno che la gente che lotta sia consapevole del perché. Seguire un capo ciecamente apre le porte al populismo».