Il Fatto 21.2.18
“Sotto quel saio sei nudo?” Le chat segrete dei preti gay
Altro che celibato
Un dossier con migliaia di pagine raccoglie le comunicazioni di 50 sacerdoti che cercano sesso a pagamento e non solo
Molti preti nel dossier parlano della propria vita sessuale come di una cosa normale
di Luigi Franco
Nel
suo profilo Facebook si presenta come prete ortodosso. “Sotto il saio
sei nudo?”, chiede a un certo punto della chat. “Noooo, fa freddo”,
risponde il frate cappuccino. “In estate?”, insiste il primo.
“Pantaloncini”, la replica. “Pensavo senza mutande”. E siamo ancora alle
battute più caste del dialogo, perché un po’ più in là arriva lo
scambio di foto delle parti intime e la proposta di un incontro a tre.
Meglio in un eremo nella foresta, spiega il cappuccino: “Le chiavi le ho
solo io”. Sono conversazioni che rischiano di fare tremare diverse
diocesi, quelle contenute nel dossier che Francesco Mangiacapra,
l’escort napoletano che in passato ha denunciato il caso di “Don Euro”
(vedi articolo qui sotto), ha intenzione di consegnare oggi alla Curia
di Napoli chiedendo che ne informi anche le altre curie interessate.
Oltre mille screenshot di chat su Facebook, Whatsapp, Telegram e
immagini prese da Grindr, il social network utilizzato per incontri gay,
raccolte negli ultimi mesi da Mangiacapra o da alcune sue fonti che
hanno avuto a che fare con quella che definisce “una lobby gay”
all’interno della Chiesa. Il tutto allegato a un elenco di oltre 50 tra
preti, appartenenti a ordini religiosi e seminaristi, che secondo
Mangiacapra portano avanti una vita sessualmente dissoluta. Non solo le
chat erotiche, ma anche sesso a pagamento, frequentazioni di locali per
omosessuali, incontri di gruppo, a volte in canonica.
C’è per
esempio monsignor F. (riportiamo solo le iniziali per proteggere la
privacy delle persone citate nel dossier) che, secondo quanto si legge
nel documento, si spaccia per un facoltoso diplomatico, viaggia con un
autista privato e incontra ragazzi gay conosciuti in chat proponendo
contratti di lavoro come autista o ricaricando la loro carta Postepay.
Oppure don M., parroco di un paesino della Basilicata, che ha diversi
profili su Grindr e il sabato sera sale in auto per raggiungere la
Calabria, dove frequenta discoteche gay ubriacandosi e facendo sesso
anche non protetto con sconosciuti.
Ne esce l’immagine di una
Chiesa dalla doppia morale. Quella predicata, che vede il sesso come un
peccato e l’omosessualità da bandire. E quella della vita vissuta da
diversi suoi ministri, con il sesso come abitudine quasi quotidiana. Da
condividere spesso con altri uomini di Chiesa. E i social network a fare
da occasioni di incontro, prima virtuali e poi reali. A volte senza
prendere nemmeno troppe informazioni sull’identità dell’interlocutore,
visto che bastano poche battute per passare dal “grazie” per l’amicizia
concessa su Facebook al “cosa mi fai vedere?”. E poi via con le foto o
il collegamento video in diretta grazie alla cam. Magari per masturbarsi
insieme, come in una chat in cui R., un seminarista che vive a Roma, si
riprende sdraiato a letto. E sullo sfondo ha un comò con sopra una
croce e una statua della Madonna. Sacro e profano vanno spesso insieme,
tanto che anche la Messa può essere un momento per far ballare l’occhio
e, magari, cogliere un’occasione. Ecco alcuni dei dialoghi scelti tra i
meno spinti.
Il confine tra sacro
e profano
Lo stesso Mangiacapra è online con don M.
Mangiacapra: Un prete bono davanti a te seduto. Vicino a quello di colore.
Don M.: Ah ce ne stavano un paio. Uno mi guardava parecchio.
M.: E sì un paio. Davvero? Chi era?
Don M.: Era davanti a me un attimo a destra.
M.: Booo. Quello vicino al nero sta su fb (…)
Don M.: Lui mi ha fatto occhiolino al segno di pace.
M.: Mmmmmmm. Bono.
Agli esercizi
spirituali
Il
tempo per una chat spesso si trova anche nei momenti di meditazione e
preghiera. Come nel caso di M., che frequenta un seminario in Puglia, e
di un ragazzo iscritto in un altro seminario.
Altro seminarista: E la sega? Quando la facciamo?
M.: Ora sono agli esercizi spirituali.
A.: E beh.
M.: Non posso.
A.: E quando?
M.: Poi vediamo un po’.
Oppure
ecco il dialogo subito dopo uno scambio di foto tra don G., parroco in
provincia di Matera che secondo il dossier ha la passione per i festini,
e un seminarista della zona con cui aveva una relazione.
Don G. (dopo avere inviato una foto): Visto che bel regalo?
Seminarista: Il più bello. Mmmmm.
Don G.: Ci vorrebbe dal vivo.
S.: Ci vorrebbe proprio.
Don
G.: Eh, se fossi solo. Ma un altro po’ di pazienza. Poi io avrò la
stanza ai piani superiori, quindi puoi venire quando vuoi.
S.: Mmmmmmm. Siiiii.
Don G.: Per oggi non so come fare. Se vieni all’incontro col vescovo…
S.: Ma so’ agli esercizi.
Incontri
a tre
A
volte don G. organizza incontri di gruppo. “Ho delle novità – dice al
seminarista in una chat riportata nel dossier –. Giovedì pomeriggio te
ne vieni con me per un’ordinazione diaconale e poi ce ne andiamo da
amico prete cazzuto e porco lì vicino. E rientriamo la mattina in ora
per la messa”.
Ed eccolo in un’altra conversazione.
Don G.: L’ultima volta davi segnali di piacere… mi facevi impazzire.
S.: Siiiiii.
Don G.: V. voleva scopare lunedì. Ma io sono impegnato.
S.: Lunedì. E dai rimanda.
Don G.: C’è festa in oratorio.
C’è
anche spazio per dare qualche consiglio su come evitare che le tresche
vengano scoperte, come quando don G. avverte: “So che in quella diocesi
ci sono alcuni preti ‘pericolosi’, cioè che si sa in giro che scopano e
sono ricchioni. Bisogna essere sempre prudenti”.
Di sesso si parla
tra una funzione religiosa e l’altra. Don C., parroco in un paese di
meno di 2000 abitanti in Calabria, è in chat con un seminarista.
Don C.: Tu hai Skype?
Seminarista: Sì.
Don C.: Se vuoi ci facciamo sega in cam che poi devo scappare che ho un funerale.
S.: Adesso?
Don C.: Sì tra 5 minuti.
S.: Ok.
Meglio nell’eremo che in convento
Padre
E. è frate cappuccino in un convento in Puglia. La chat con
l’interlocutore che si presenta come sacerdote di una piccola Chiesa
ortodossa era iniziata con la curiosità su cosa ci sia sotto il saio del
frate. Quando il prete ortodosso invia una sua foto con pene in
erezione, padre E. chiede: “Quando?”.
Altro: Stamattina.
Padre E.: Intendevo quando posso scoparti.
A.: Vieni al mio paese?
Padre E.: Potrei oppure vieni tu. (…) Vieni facciamo a tre ti va?
A.: Dove scopi?
Padre E.: Abbiamo una struttura privata.
A.: Dove?
Padre E.: Un eremo nella foresta.
A.: Ah ok. Scopi pure nel convento?
Padre E.: Se non c’è nessuno. Tu sei passivo?
A.: V (versatile, ndr).
Padre E.: Ti andrebbe a tre?
A.: Certo. Chi sarebbe il terzo? Hai foto?
Padre E.: Un altro frate.
A.: Lui è passivo?
Padre E.: Vers (versatile, ndr). Ma lo vuole soprattutto.
Tra una preghiera
e l’altra
Don A. è parroco vicino a Urbino. Anche lui non disdegna le conversazioni in chat, come in questa con un seminarista.
Don A.: Vieni a trovarmi.
Seminarista: Dove?
Don A.: Da me.
S.: E che facciamo?
Don A.: Preghiamo un po’.
S.: Sì?
Don A.: Non vuoi?
S.: Solo pregare?
Don A.: No.
S.: Poi?
Don A.: Si vedrà
S.: Cioè?
Don A.: Quello che ti va. Tutto.
E
come nelle migliori chat erotiche non mancano i giochi di parole, le
allusioni. Come quelle di Don F., responsabile di una parrocchia
nell’arcidiocesi di Salerno, che stuzzica il suo interlocutore: “Un
bicchiere di vino, magari qualcosa di dolce”.
Altro: Una banana magari o no?
Don F.: Un babbà.
A.: Con crema bianca.