martedì 20 febbraio 2018

Repubblica 20.2.18
Teens
Sono aggressivo, dunque sono, l’equazione under18
di Lauro Quadrana


I media raccontano, quasi ogni giorno, di giovani aggrediti in maniera brutale da coetanei, spesso appartenenti a baby gang. A lasciare esterrefatti è che gli atti di vandalismo e bullismo (gravi di per sé), hanno lasciato il posto all’ostentazione del potere, alla violenza gratuita fatta per sfregio più che per ragioni economiche. Non tutti gli episodi di violenza di giovani sono ascrivibili alle baby gang che hanno una connotazione specifica, una struttura verticale guidata da un leader, regole rigide di inserimento e mantenimento dei ruoli: tutti elementi volti al controllo del territorio attraverso reati contro il patrimonio o contro la persona. L’aggressività in adolescenza può essere inquadrata come una proprietà adattativa utile all’auto-preservazione, alla propria autonomia, alla difesa e padronanza del territorio.
Alcuni studi Usa, sulla base di una casistica di interviste auto-compilate da giovani, hanno dimostrato che a 17 anni il 30–40% dei ragazzi e il 16–32% delle ragazze aveva commesso un reato: aggressione aggravata, rapina, scontri tra bande o violenza sessuale (U.S. Department of Health and Human Services, 2001). Negli Usa gli omicidi, a dispetto della importante diminuzione del numero a opera di minorenni nei primi anni ’90, rimane la seconda causa di morte tra i 15 e i 19 anni dopo gli incidenti e prima dei suicidi.
La violenza nei giovani può manifestarsi in molte forme: dalla lotta “ludica” tra compagni, ad atti di bullismo, sino a omicidi tra gang e sparatorie. In termini di età di sviluppo la violenza è un fenomeno intrinsecamente legato all’infanzia e all’adolescenza, in cui possono manifestarsi le prime tendenze aggressive che esulano dai normali approcci sociali. È molto difficile che un ventenne compia in futuro atti di violenza, se non ne ha compiuti nell’infanzia e nell’adolescenza.
I giovani tendono a bruciare le tappe perché scontano una crisi innanzitutto familiare e poi individuale. La strategia riguarda il poter ricostruire figure genitoriali credibili.
Un’educazione empatica che passi attraverso la riscoperta dei ruoli.
Nella famiglia di oggi, nucleare o monoparentale, non esistono più ruoli netti. I ritmi di vita uccidono l’ascolto e la conversazione, minimizzando spesso l’atto violento e legittimando il ragazzo aggressivo a mascherare la sua negligenza.
Neuropsichiatria infantile Policlinico Umberto I, Roma