venerdì 16 febbraio 2018

Repubblica 16.2.18
M5S sempre in alto, Pd sotto il 22% e il centrodestra può battere tutti
Il movimento di Di Maio tiene quota 28 nonostante il caso rimborsi. I dem giù di un altro punto La coalizione di Berlusconi al 35%. Ma quasi un elettore su due non ha ancora deciso chi votare
di Ilvo Diamanti


A due settimane dal voto prevale ancora l’incertezza.
Come mostra il sondaggio di Demos per Repubblica, gli elettori indecisi sono circa il 45%. Qualche punto meno di un mese fa. Sempre troppi, per formulare ipotesi precise. Ma anche imprecise. Tanto più perché la nuova legge elettorale, il Rosatellum, presenta una combinazione di sistemi di voto diversificata. Tra collegi “uninominali” e “proporzionali”. Difficile proporre scenari attendibili, in assenza di riferimenti storici ai quali affidarsi. D’altronde, i sondaggi non servono a pre-vedere, ma a tracciare il profilo degli orientamenti in una fase specifica. In questo caso, le stime di Demos forniscono indicazioni “incerte”, ma utili a comprendere quali tendenze caratterizzino questa campagna elettorale. Alla vigilia del voto. Anzitutto: “l’incertezza”, come si è detto.
Inoltre: un vento che spira verso destra. Comunque: a Centro-destra. Forza Italia, infatti, supera il 16%. Il dato più alto dopo le europee del 2014.
Anche il suo principale alleato, la Lega di Salvini, cresce, a sua volta, di poco. E torna oltre il 13%. I Fd’I, guidati da Giorgia Meloni, scivolano appena sotto il 5%. Insieme alla “quarta gamba” centrista il Centro-destra raggiunge il 35%.
E potrebbe, forse, conseguire la maggioranza parlamentare. Se la nuova legge elettorale permettesse di tentare stime credibili, circa la distribuzione dei seggi su base territoriale.
Impresa non facile, per le ragioni indicate: la combinazione di logiche diverse, complicata dal contributo dei candidati, su base locale. Difficile da calcolare. Il partito che ottiene maggiori consensi, comunque, resta il M5s. Nonostante le polemiche che lo hanno coinvolto in queste settimane.
Perché le sue “fortune” derivano dai demeriti altrui più che dai meriti propri. In altri termini, il M5s continua a beneficiare della sfiducia verso il sistema politico, in generale, e verso gli altri partiti. Vecchi e nuovi: non importa. Il nuovo sistema elettorale, tuttavia, lo penalizza, per il suo radicamento sul territorio, ancora ridotto. Come dimostrano le difficoltà dei 5 stelle alle amministrative. È probabile, d’altronde, che questa considerazione abbia contribuito all’accordo fra gli altri partiti, in primo luogo Pd e FI, intorno a questo progetto, oggi tradotto in legge elettorale. Il leader più stimato, peraltro, continua ad essere il premier, Paolo Gentiloni. Aiutato, come ho scritto in altre occasioni, dalla sua scelta di restare sullo sfondo. Di non occupare la ribalta. In mezzo a tante grida, parlare a voce bassa: fa rumore… Gli altri protagonisti, infatti, lo seguono, a distanza più o meno ampia. Di Maio al 36%. Salvini, poco sopra il 30%.
Come Matteo Renzi, sempre fermo al 31%. Accanto a Giorgia Meloni e al Presidente del Senato e, oggi, leader di Leu, Pietro Grasso. Il PDR, intanto, continua a perdere punti. Non per caso, vista la sua “dipendenza” dall’immagine del Capo. Oggi è intorno al 22%. Mentre, alla sua sinistra, Leu scavalca di poco il 6%. Qualcosa in meno rispetto a un mese fa.
Cresce, invece, +Europa, il soggetto politico guidato da Emma Bonino (con il sostegno di Bruno Tabacci), che si attesta intorno al 3,5%. Bonino, d’altronde, è l’unica a seguire Gentiloni a distanza non eccessiva, sul piano dei consensi personali. Può sorprendere il limitato appeal personale di Berlusconi, attestato al 28%. Ma si tratta di una figura che, da sempre, “divide”. Anzi, proprio questa debolezza gli permette oggi di recitare la parte del “mediatore”. Non solo nel Centro-destra. Anche oltre. Da “muro” è divenuto, così, un “ponte”, come ho scritto qualche settimana fa.
Insieme, le forze di Centro-sinistra superano a fatica il 30%. E, comunque, Pd e Leu sono “divisi”. Secondo la tradizione della Sinistra.
Difficile, su queste basi, ipotizzare un successo elettorale di questa “parte”.
D’altra parte, se consideriamo il voto espresso alle europee 2014, tra gli elettori del Pd – di allora – oggi si osserva il grado di incertezza più elevato. Sia rispetto a quelli che ieri avevano votato per FI, i Fratelli d’Italia. E, a maggior ragione, per Lega e M5s. Non è, dunque, facile immaginare una maggioranza parlamentare, su queste premesse. L’unica coalizione che vede possibile questo obiettivo è il Centro-destra. In largo vantaggio nell’intero Nord ma anche nel Mezzogiorno. (Come ipotizza, ad esempio, Rosatellum.info, l’Osservatorio curato da Quorum, Youtrend e Reti.) Tuttavia, in caso di impasse, gli italiani non sembrano gradire altri esperimenti di “grande coalizione”. Oltre metà degli elettori preferirebbe, anzi, tornare subito alle urne.
In questo clima incerto, si fanno largo sentimenti inquietanti. Il sondaggio rivela, infatti, un buon grado di comprensione verso il terrorista di Macerata.
Al contempo, si colgono segni di indulgenza verso Mussolini.
L’Uomo Forte, che ha marcato la nostra storia del Novecento.
Si tratta di orientamenti diffusi fra gli elettori di destra. E soprattutto nella base della Lega Nazionale. Di Salvini. Ma presenti, in qualche misura, anche fra gli elettori del M5s.
Naturalmente, queste “nostalgie” non sono nuove. Ma il clima di intolleranza che pervade il Paese rischia di amplificarle. Soprattutto in tempi di campagna elettorale.
Così sorprende un poco – anzi: non poco – il grado di fiducia espresso verso il governo, come verso il premier. Serve a rammentare che, in tempi di “instabilità”, la domanda di “stabilità” resta comunque ampia. E che la domanda di “sicurezza” non si affronta solo alimentando la “paura”. Né inseguendo un passato che non passa.