Repubblica 15.2.18
Che cosa può accadere
“Ora sul fine vita è possibile una rivoluzione”
Il giurista Pellegrino “ Ma dipenderà dal coraggio della Corte”
di Vladimiro Polchi
ROMA
«La Consulta ha in mano una grande occasione: la sua decisione potrebbe
allargare nel nostro Paese i limiti posti alla libertà di
autodeterminazione su quando e come morire».
L’avvocato Gianluigi
Pellegrino, esperto di diritto amministrativo e costituzionale, ha
appena finito di leggere l’ordinanza dei giudici milanesi nel processo a
Marco Cappato. Una decisione dalle molteplici implicazioni, che può
aprire a una “rivoluzione”: rendere legale il suicidio assistito anche
nel nostro Paese. Ma tutto dipenderà dal «coraggio della Corte
costituzionale».
Come valuta la decisione della Corte d’assise di Milano?
«È
un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. L’ordinanza rende espliciti i
limiti del ruolo di supplenza che hanno dovuto assumere i giudici di
fronte all’incapacità delle istituzioni rappresentative, e della stessa
società, a fare scelte chiare in materia».
Sarebbe dunque stato meglio per Marco Cappato un’assoluzione perché il fatto non costituisce reato?
«I giudici hanno escluso che ci sia stata induzione al suicidio.
Potevano
lavarsene le mani escludendo anche una condotta direttamente
agevolatrice, visto che Cappato si è limitato all’accompagnamento in
Svizzera e lì Dj Fabo poteva ancora liberamente decidere della sua
vita».
E invece la palla è passata alla Corte costituzionale.
«I
giudici milanesi hanno voluto fare un primo passo per provare ad aprire
una strada, che può portare a consentire anche nel nostro Paese il
suicidio assistito».
Si sono appoggiati a dei precedenti?
«Si
sono rifatti all’evoluzione della giurisprudenza della Corte europea
dei diritti dell’uomo, che ha progressivamente ritenuto prevalente il
principio di autodeterminazione della persona. Come del resto in Italia è
avvenuto per il rifiuto delle cure nel caso di Eluana Englaro e ora
anche in Parlamento, finalmente, con la legge sul biotestamento. Il
cerino per i passi successivi passa oggi alla Corte costituzionale».
Quali sono ora i possibili scenari?
«La
Consulta sarà davanti a un bivio: rifiutare questo ruolo richiamando la
discrezionalità del Parlamento ed eventualmente limitandosi a censurare
l’esosità delle pene previste per la mera agevolazione materiale,
oppure con una delle sue sentenze storiche dare atto che oggi nella
società italiana non vi è più una generarle riprovazione, ma semmai una
diffusa comprensione per la scelta di autodeterminazione di mettere fine
a una esistenza che sia diventata insopportabile».
Sarebbe una decisione coraggiosa.
«Sì,
ma nel solco di quanto avvenuto per il rifiuto delle cure, tra sentenze
dei giudici prima e legge sul biotestamento poi, che infatti la
decisione di ieri ampiamente richiama».
In base alla giurisprudenza, pensa dunque che si arriverà a una pronuncia di incostituzionalità?
«Penso
sia incostituzionale punire allo stesso modo l’istigazione al suicidio e
il mero apprestamento di mezzi materiali a chi per impedimento fisico,
come la tetraplegia, non possa procurarseli, ferma la sacra autonomia
della sua volontà. Per il resto, dipenderà da quanto la Corte vorrà
sentirsi parte di cambiamenti della sensibilità collettiva che sono da
tempo in corso».