Repubblica 14.2.18
Finanza pubblica
Statali, il nuovo contratto mette a rischio i conti
L’allarme
dell’Ufficio parlamentare di bilancio: mancano 1,2 miliardi, rischio
manovra- bis “Criticità su tassi, finanza e lotta all’evasione”. Ma il
Tesoro esclude aggiustamenti
di Roberto Petrini
ROMA
Il contratto del pubblico impiego rischia di far “ballare” i conti
dello Stato di quest’anno. Per il milione di dipendenti degli enti
locali e della sanità, la cui firma è in vista, dopo la sigla dei
ministeri, delle agenzie fiscali e del parastato, mancano all’appello
1,2 miliardi. La stima viene dall’Upb, l’autorità indipendente sui conti
pubblici, che ieri ha presentato il rapporto sulla finanza pubblica. «
Potrebbero sorgere criticità — spiega lo studio — in relazione al
reperimento delle risorse ». L’occhio dell’Upb si rivolge anche al
prossimo anno e avverte che le risorse per l’intero settore del pubblico
impiego si fermano al triennio 2016- 2018 e dal prossimo anno sarà
necessario trovare finanziamenti per gli ulteriori rinnovi contrattuali.
Questo
è solo uno dei punti deboli messi in luce dall’analisi dell’organismo
guidato da Giuseppe Pisauro, perché la situazione complessiva dei conti
pubblici viene definita densa di «rischi e criticità ».
Le cinque
aree a rischio che emergono dalla due diligence dell’Upb, oltre al
contratto del pubblico impiego sono: manovra- bis, debito, tassi,
evasione. L’analisi in sostanza ci dice che il quadro lasciato da Padoan
regge già con una certa difficoltà e che, dunque, i margini per nuovi
interventi sono vicini allo zero.
La prima questione è la manovra.
Come è noto la valutazione definitiva sarà in primavera, ma l’esito è
scontato: bisognerà correggere i conti pubblici per lo 0,2 del Pil. Va
inoltre ricordato che Bruxelles ha individuato una «deviazione
significativa » pari a 0,1-0,2 del Pil anche nei conti del 2017: il
verdetto sarà emesso a consuntivo, il « rientro » potrà essere spalmato
su due anni e dunque la correzione si valuterà sul 2019. Tuttavia la
«deviazione » del 2017 depotenzia ogni resistenza dell’Italia alla ormai
assai probabile manovra bis che ieri sera Padoan, con una nota di
replica, ha tuttavia escluso.
La seconda criticità riguarda il
debito. Per il 2017, dice l’Upb, lo stock di debito potrebbe risultare «
più elevato » rispetto a quanto indicato nel Documento programmatico di
bilancio ( Dpb) pari al 131,6 per cento del Pil. L’Eurostat sta
valutando se contabilizzare o meno i 5,4 miliardi di garanzie concesse
dallo Stato a Banca Intesa per l’operazione di acquisto delle banche
venete.
La terza questione che produce incertezza riguarda i
tassi. Oggi pesano sul nostro debito per una somma pari al 4 per cento
del Pil ( siamo secondi solo al Portogallo). Il problema è che le stime
del governo nel Dpb per i prossimi anni prevedono i tassi in riduzione e
considerano una spesa del 3,5 per cento del Pil nel 2020. Ipotesi, dice
l’Upb, soggetta a « significativi rischi » visto il graduale
azzeramento del quantitative easing e le prospettive economiche
mondiali.
La quarta questione riguarda la copertura della
riduzione delle tasse. In parte è stata finanziata con misure di
contrasto all’evasione che non potranno ripetersi ( come la
rottamazione). Un tema ben presente alla Commissione che non giudica ex
ante l’impatto di questo genere di coperture.
Come è evidente la
situazione è già critica di per sé e l’almanacco delle promesse
elettorali viene posto fuori gioco da un semplice esercizio di realismo.