Repubblica 13.2.18
Il cinema America cede e va in periferia Da Virzì a Martone “ Cancellata una magia”
di Arianna Finos
ROMA
I ragazzi dell’America spostano il proiettore e la traiettoria. Via dal
Centro, verso la periferia: a Monte Ciocci, al Parco della Cervelletta,
al Porto turistico di Ostia. E il mondo del cinema li sostiene e li
segue come ha fatto per quattro anni, nelle serate affollate di film e
pubblico in piazza San Cosimato. Un addio amaro, consumato dopo la
richiesta di partecipazione a un bando da parte del Comune.
«Ribadiamo
la nostra indipendenza culturale e politica verso questa
amministrazione — dice il portavoce dei ragazzi, Valerio Carocci,
presidente dell’associazione — per anni abbiamo ridato vita e dignità a
San Cosimato, una territorio che era sventrato dalla movida.
L’amministrazione
si è accorta dopo quattro anni di essere la proprietaria della piazza e
per motivi elettorali ce l’ha tolta, inserendola nel bando per l’Estate
romana, chiedendoci di inserire l’amministratore come Ente sostenitore e
di fatto obbligandoci a una censura verso qualunque critica agli
amministratori: ad esempio la battaglia contro la speculazione di sale
storiche come il Metropolitan di via del Corso, che vogliono trasformare
in centro commerciale». «Perciò dice Carocci - non partecipiamo al
bando e lasciamo la piazza sperando che altri riproducano il nostro
progetto». Un auspicio che pare difficile alla luce dei requisiti
richiesti dal bando, tra i quali «un’attività a bassa emissione
acustica».
Cala quindi un silenzio su San Cosimato che indigna
Paolo Virzì: «Passeggiare per Trastevere e sbucare in una piazza
affollata in religioso silenzio davanti a uno schermo cinematografico
aveva qualcosa di magico. Non ci sono parole per commentare il gesto
autoritario e meschino di chi ha voluto soffocare questa straordinaria
esperienza».
Francesca Archibugi si domanda: «Giovani, creativi e
pragmatici, cinema collettivo e vita di quartiere: ma quale cervello può
fermare iniziative del genere?
Perché?» mentre per Nicola Piovani
«abbiamo bisogno di perdere l’abitudine di inseguire le cose brutte e
fare la guerra alle cose belle». Il produttore Angelo Barbagallo
consegna il suo ricordo: «Ci capitai una sera con amici francesi,
estasiati davanti alla folla silenziosa che si gustava Shining in
versione directors’cut.
Negli ultimi anni Roma è una città
depressa e questi ragazzi, che andrebbero studiati per la passione e
l’impegno, erano riusciti a regalare a Trastevere una nuova vivacità».
Mario
Martone sottolinea che «essere giovane in Italia oggi è difficile, più
di quanto lo è stato per noi. Da questi ragazzi c’è più da imparare che
da censurare.
Lottare fa bene, ma mi sorprende il fondamentalismo
burocratico del comune, che è in realtà un modo per censurare. Mi
ricorda un racconto di Borges in cui si disegnavano mappe sempre più
minuziose fino a farle coincidere con il territorio. Gli amministratori
abbiano il coraggio di dire: non vogliamo i ragazzi del cinema America,
senza nascondersi dietro a un bando». Ragiona, Daniele Vicari: «Se c’è
qualcuno che pensa che dietro questa battaglia si nasconda un oscuro
potere deve farsi vedere da uno bravo. Noi siamo grati della generosità
di questi ragazzi, in un paese gretto e privo di speranza. A San
Cosimato il maestro Franco Rosi disse: “Il cinema è questo, siete voi,
siamo noi qui insieme a fare una cosa bella”». Luca Bigazzi attacca: «Il
comune sta danneggiando una delle più belle e preziose possibilità che
si siano viste nel nostro paese, la visione collettiva del film è
fondamentale per la sopravvivenza stessa del cinema». Riccardo Milani:
«Se i ragazzi lasceranno il centro sarà un dolore, anche se è importante
anche andare in periferia. Nel concreto io credo che vadano tenute
presenti le esigenze di tutti, quindi anche degli abitanti e di chi non è
d’accordo. Non ne farei una battaglia militante. Ma è bello riconoscere
la loro oggettiva capacità organizzativa e di sostenere il cinema che è
una cosa che fanno in pochissimi». Per Alessandro Roja «quello che
succede è una cosa goffa e assurda, credo che a Roma ci siano altre
emergenze rispetto a mettere le mani su qualcosa che funziona ed è nato
dal nulla».
Più ottimista la visione di Carlo Verdone: «Proseguire
il braccio di ferro non avrebbe portato nulla di buono. I ragazzi hanno
fatto la scelta migliore. Dispiace che lascino San Cosimato, che però è
stata una grande palestra, per affrontare realtà più difficili, andare
in luoghi che hanno bisogno di aggregazione e condivisione. Noi abbiamo
sostenuto questi ragazzi, sono stati motivo di orgoglio per il
quartiere, è giusto che portino luce nella periferia dimenticata di
Roma. E noi saremo con loro».