Repubblica 13.2.18
Malattie mentali
La psicoanalisi si fa pop
Abbandonata la ritualità del setting gli strizzacervelli inventano Freud 2.0
di Paola Emilia Cicerone
La
psicoanalisi esce dagli schemi, affiancando a strumenti tradizionali
come poltrona e lettino iniziative di taglio diverso, rivolte ai
pazienti, ma anche alle strutture sanitarie o agli stessi terapeuti. Le
novità vengono proprio dalla Società psicoanalitica italiana Spi, che da
anni promuove consultazioni a prezzi calmierati che sono insieme
strumenti terapeutici e momenti di formazione. E si ragiona persino
sulla possibilità di creare nelle principali città italiane centri
clinici di ascolto, che offrano a chi ne sente l’esigenza almeno un
assaggio di esperienza psicoanalitica.
Allo stesso tempo, si può
dire che la psicoanalisi si faccia in quattro: «Alle attività
tradizionali come la terapia a due, o quella familiare - in cui
l’analista si relaziona col paziente o con il paziente e la famiglia -
si aggiunge il lavoro col gruppo » , spiega Giovanni Foresti,
psicoanalista e docente all’università Cattolica di Milano. Un lavoro
che si può sviluppare in forme diverse, a partire dalla terapia di
gruppo vera e propria: « uno strumento particolarmente efficace in un
contesto come quello attuale, di risorse decrescenti » , aggiunge il
docente. Ma anche uno strumento a servizio di istituzioni e strutture
terapeutiche con iniziative di formazione e consulenza: « Come le
conferenze cliniche, in cui si discutono in dettaglio i casi più
problematici, analizzando le dinamiche consce e inconsce del gruppo e i
problemi emersi col paziente», spiega Foresti.
Altro ambito in cui
va a operare la nuova psicoanalisi è la formazione al lavoro di gruppo o
con gli operatori di una struttura sanitaria, per esempio per agevolare
l’interazione delle équipe, un problema di attualità oggi che il turn
over del personale è molto rapido: «L’importante è abbandonare la
ritualità per inventarsi un nuovo modo di fare psicoanalisi », osserva
lo psicoanalista. Un nuovo modo collaudato con esperienze come quella di
Mito e Realtà, un’associazione nata con l’obiettivo di costruire una
rete tra le comunità terapeutiche per creare scambi di esperienze e fare
supervisione e formazione. « In questo modo - osserva Foresti - si
lavora per il benessere degli operatori, ma al tempo stesso degli utenti
dei servizi ».
E il rapporto diretto con i pazienti? Spesso
all’interno delle strutture pubbliche ci sono problemi di costi e di
durata dei trattamenti, così gli psicoanalisti presenti lavorano al di
fuori delle classiche modalità terapeutiche. Le cose vanno diversamente
nelle comunità residenziali dove i pazienti sono ricoverati su
indicazione dei dipartimenti di salute mentale territoriali, e dove
trattamenti di tipo psicodinamico sono offerti insieme con altre
terapie.