La Stampa 9.2.18
La Costituzione è l’argine contro i razzisti
di Vladimiro Zagrebelsky
Attilio
Fontana, candidato governatore della Lombardia per conto della Lega, a
proposito delle immigrazioni ha detto che è ora di decidere se vogliamo
che la «razza bianca» continui ad esistere.
Il richiamo alla
difesa della razza ha in Italia un senso particolare; esso riproduce il
titolo della rivista che durante il fascismo su applicò a offrire
supporto «scientifico» alla politica che ha prodotto le leggi razziali
contro gli ebrei. Quest’anno celebriamo l’ottantesimo anniversario di
quella vergogna nazionale. Accusato di adottare un linguaggio razzista,
il Fontana se ne è difeso dicendo che è la Costituzione a menzionare le
razze. Poteva sembrare una giustificazione, ma valeva come
rivendicazione, sotto la protezione nientemeno che della Costituzione.
La
difesa della razza come programma politico naturalmente implica il
riconoscimento della supremazia della razza in cui ci si riconosce e,
per conseguenza, l’umiliazione delle altre.
Come tutto ciò possa
portare drammaticamente lontano, si è dopo poco incaricato di dimostrare
lo sparatore di Macerata, che ha mostrato di aver colto il messaggio
colpendo «i neri». I «neri», tutti e in quanto tali, non l’uno o l’altro
per qualche sua colpa. Allo stesso modo, la difesa della «razza bianca»
privilegia un gruppo, una categoria, indifferentemente dal valore
dell’uno o dell’altro individuo.
Nel torrente di parole che ci
avvolge e che impedisce di pensare, c’è chi ha preso sul serio il
richiamo alla Costituzione, non ha visto che si tratta di una
sciocchezza e ha reagito dicendo: E allora togliamo quella parola dalla
Costituzione. La nostra Costituzione, al suo fondamentale articolo 3,
afferma il principio di eguaglianza, senza distinzione di sesso, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali. La Costituzione non si preoccupa di affermare
l’esistenza delle razze, ma interviene per vietare ogni discriminazione
che su quell’idea si fondi. E si tratta di una formulazione del
principio di eguaglianza e del divieto di discriminazione, eguale a
quella che si trova nelle Costituzioni di altri paesi europei e in tutte
le Carte dei diritti umani ratificate dall’Italia: Convenzione europea
dei diritti umani, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
Trattato sui diritti civili e politici, ecc. Modificare la Costituzione
per eliminare la menzione della razza, per l’Italia richiederebbe anche
denunciare quei trattati e prender le distanze anche dalla Dichiarazione
universale dei diritti umani approvata dall’Onu nel 1948
(significativamente nello stesso anno della Costituzione). L’idea dunque
non è praticabile. Ma soprattutto è sbagliata.
In un’ottica del
tutto diversa, studiosi del linguaggio giuridico e genetisti hanno in
passato suggerito di eliminare quella parola. Le indagini sul Dna
individuale e di gruppo hanno infatti dimostrato l’impossibilità di
identificare geneticamente gruppi di popolazione, classificandoli per
razze. Le razze dunque geneticamente non esistono: menzionarle perciò
farebbe rivivere ciò che la scienza ha ormai dimostrato non esistere.
Tuttavia, se la genetica non conosce razze, esistono i razzisti, che
ignorano questo dato di fatto e si riferiscono ad altro che immaginano e
fantasticano, inventando un nemico per darsi identità.
La Corte
europea ha escluso le dichiarazioni razziste dalla protezione della
libertà di espressione. In Italia e in Europa, esistono leggi che
puniscono in modo particolare e aggravato le aggressioni verbali o
fisiche motivate dall’odio razziale, etnico, nazionale, religioso.
Quelle antisemite sono le più note a causa della storia europea, antica,
recente e attuale. Ma sono ora presenti anche gravi posizioni
anticristiane o invece di islamofobia. Infatti alla motivazione razziale
della discriminazione si accompagna spesso, intrecciandosi, quella che
fa delle differenze religiose una ragione di odio. Se abolissimo la
menzione della razza dall’elenco delle discriminazioni vietate dalla
Costituzione, aboliremmo anche quelle leggi che le condannano? Sarebbe
come garantire impunità ai razzisti e fornir loro legittimazione, dopo
aver creduto di togliere argomenti a chi pretende di richiamarsi alla
razza per proporre un programma di discriminazione di quelle diverse
dalla sua. La via è invece un’altra: quella di riconoscerli e
combatterli ogni volta che si manifestano, senza mai lasciar correre e
far finta di credere che si tratti di frasi infelici, di ragazzate.
Combatterli chiamandoli con il loro nome.