giovedì 8 febbraio 2018

La Stampa 8.2.18
Il grande teatro da rivedere
Ogni venerdì con La Stampa quaranta opere fondamentali filmate e conservate nelle Teche Rai
di Michela Tamburrino


Benvenuti a Teatro, dove tutto è finto ma niente e falso. Sarà per questo che resiste e resisterà sempre, generando vita come un ventre accogliente e come un divino anacronismo.
Un teatro di cui si perderebbe traccia, nella sua storia, se non si avessero le riprese televisive Rai in grado di fermare quel movimento scenico altrimenti fuggevole. In quaranta proposte il succo drammaturgico di varie stagioni e, attraverso le differenti produzioni, un viaggio alla scoperta dei cambiamenti, in scena e nella società, epoche storiche distanti raccontate dalla recitazione e dalla messa in scena.
Un viaggio che piace a Filippo Fonsatti, direttore del Teatro Stabile di Torino, Teatro Nazionale e, presidente della Fondazione P.l.a.tea, (organismo di rappresentanza dei Teatri Nazionali e dei Teatri di Rilevante Interesse Culturale). Quale destinatario migliore se non un pubblico curioso e anche nostalgico? «Questa iniziativa meritevole sarà gradita ai giovani che si riavvicinano ai classici e ai collezionisti appassionati. Scorrendo l’elenco si vedono nomi di grandi attori che non ci sono più, perfetti in interpretazioni che vanno conservate. Più di un film e più di un libro, il teatro è un’arte effimera dalla caducità elevata. Riprendere dalle Teche dei capolavori che altrimenti non si vedrebbero più, è necessario. In Inghilterra grandi canali di distribuzione puntano proprio su questo, vedere il teatro non live è diffuso e non c’è conflittualità». Ma come ovviare alla mancanza della funzione precipua del teatro che è appunto basata sul rapporto dal vivo spettacolo-spettatore?
«Bisogna cambiare ottica e goderne come di un’esperienza diversa. È un documento storico che ti restituisce quanto non potrai mai più fruire dal vivo. Ecco un diverso punto di vista, alternativo e integrativo, memoria e documentazione. Nella ricchezza dei titoli proposti vedo cinque capisaldi della cultura italiana del secondo Novecento, Filumena Marturano con Eduardo De Filippo, un saggio della cultura capocomicale, L’Orlando Furioso di Luca Ronconi, operazione intellettuale, il Macbeth del mattatore Carmelo Bene. Nelle seconde venti proposte, Arlecchino Servitore di due padroni di Strehler, prima vera riproduzione goldoniana contemporanea. Teatro dell’arte, fortemente legato al suo presente che per noi, oggi, è storia. E ancora, Il Mistero Buffo di Dario Fo. Architravi imprescindibili su cui poggiano gli altri titoli nella diversificazione di scuola, genere e stile».
Un’iniziativa che può rappresentare per molti un primo approccio con il fatto teatrale. «Il mio è stato questo. In tv, bianco e nero. Vidi l’Orlando Furioso e ne rimasi folgorato». E da collezionare anche i Martone-Cecchi di Finale di partita e Servillo con Sabato, domenica e lunedì.
Un peccato pensare che poco resterà della produzione contemporanea, considerando la scarsità di riprese dedicate oggi al teatro. Un’iniziativa, perciò ancora più meritevole in quanto può servire da stimolo e da memento. Il teatro è nutrimento dell’anima, ha una funzione politica e sociale che non andrebbe mai sottovalutata.
In regalo con l’uscita di domani, (la prima delle quaranta che accompagneranno il lettore ogni venerdì), un libretto con la storia del teatro che ci arriva grazie allo straordinario patrimonio custodito nelle Teche Rai.