La Stampa 26.2.18
Xi Jinping come Mao
La presidenza è a vita
Cambia la Costituzione
La Cina abolisce i due mandati per emulare Mao
di Francesco Radicioni
La
voce circolava da tempo tra gli analisti che tentano di decifrare quel
che si muove nelle stanze del potere di Pechino. Ieri è arrivata la
conferma ufficiale. Il Partito comunista ha proposto un emendamento
costituzionale che cancella «il limite di due mandati consecutivi» per
il presidente e il vice-presidente della Repubblica popolare. Per gli
esperti è il segnale più forte che Xi Jinping vuole rimanere alla guida
della Cina ben oltre la scadenza del suo mandato decennale nel 2023. La
modifica della carta costituzionale sarà approvata dall’Assemblea
Nazionale del Popolo - il Parlamento di Pechino - che inizierà la sua
sessione annuale di lavori il prossimo 5 marzo.
Quest’annuncio è
anche la conferma che negli ultimi 5 anni Xi Jinping è riuscito a
consolidare il proprio potere al punto da riuscire a forzare quelle
regole che avevano imbrigliato le ultime generazioni di leader cinesi.
Una serie di norme istituzionali, di pesi e contrappesi che nell’ultimo
quarto di secolo hanno consentito transizioni di potere ordinate e che
sono state pensate dall’architetto dell’apertura e delle riforme, Deng
Xiaoping, per scongiurare il ritorno del culto della personalità che
aveva segnato gli anni di potere di Mao Zedong. Secondo l’accademico Su
Wei, citato dal Global Times, le sfide che attendono la Repubblica
popolare «nel periodo cruciale tra il 2020 e il 2035» hanno bisogno di
una leadership «stabile, forte e coerente». Lo scorso autunno, durante
il 19esimo Congresso del Partito comunista, era stato lo stesso Xi
Jinping a dire che «la Cina è entrata in una nuova era». Il presidente
cinese aveva poi elencato una serie di obiettivi ambiziosi che guardano
fino al 2050 - centenario dalla fondazione della Repubblica popolare -
quando la Cina sarà un Paese «prospero, con maggior fiducia in se
stesso, dotato di esercito moderno e con una più alta qualità della
vita». Per la retorica di Pechino, l’obiettivo del «grande rinascimento
della nazione», la lotta alla povertà e alla corruzione, la riforma del
sistema finanziario e le altre sfide interne e internazionali hanno
bisogno di una figura in grado di compattare l’intero Partito comunista
intorno alla propria leadership. Inoltre, il limite dei due mandati
presentava il leader della seconda economia del mondo come un’anatra
zoppa. Con la messa in soffitta di questo paletto istituzionale, ora
molti temono che il leader della Repubblica popolare possa conservare
l’incarico a vita.
Classe 1953, Xi Jinping è al potere da cinque
anni e già nel corso del primo mandato è riuscito ad accentrare nelle
proprie mani un potere immenso, come non si vedeva da decenni in Cina.
Oltre a essere segretario del Partito comunista, presidente della
Repubblica popolare e della potentissima Commissione militare centrale,
Xi ha collezionato una decina di altri titoli e incarichi. «Ora il
presidente cinese controlla tutto il potere economico, politico e
miliare ed è persino più potente di Mao», dice il commentatore politico
Johnny Lau Yui-siu, alla Rthk di Hong Kong. A ottobre, il Congresso del
Partito comunista ha inserito «il pensiero di Xi Jinping per la nuova
era del socialismo con caratteristiche cinesi» nello statuto del
Partito, facendo così entrare il nome del leader cinese nel pantheon dei
padri nobili della Repubblica Popolare. Alcuni giorni dopo, quando Xi
ha presentato i membri del nuovo vertice del potere di Pechino è stato
subito chiaro che - rompendo con la tradizione degli ultimi decenni -
nella lista non era stato indicato un chiaro successore: i 7 membri del
Comitato permanente del Politburo erano tutti esponenti della quinta
generazione, la stessa di Xi Jinping.
All’inizio di marzo,
l’Assemblea nazionale del Popolo approverà le modifiche e dovrà mettere
il sigillo sulle nomine ai vertici dello Stato. Xi Jinping sarà
confermato alla guida della seconda economia del mondo, mentre, secondo
le indiscrezioni, è probabile che il nuovo vice-presidente sarà l’ex-zar
della lotta alla corruzione, Wang Qishan. Se confermata, si tratterebbe
di un’altra rottura con il passato: Wang, 69 anni, ha infatti superato
l’età della pensione e con il Congresso dello scorso autunno si sarebbe
dovuto ritirare dalla vita pubblica. Dopo l’annuncio, sui social è
calata la scure della censura. Ieri sera non si poteva cercare su Weibo
termini come «ascesa al trono» e «immortalità». Qualcuno sceglieva
l’ironia e scriveva su WeChat: «Mia madre mi dice che devo sposarmi
entro la fine del mandato di Xi. Ora posso tirare un sospiro di
sollievo».