Corriere 26.2.18
Cina, via il limite dei due mandati
Xi Jinping resterà presidente a vita
di Guido Santevecchi
Xi
Jinping resterà in carica ad oltranza. Sarà presidente della Cina fino a
quando vorrà. Il Comitato centrale del partito comunista ha infatti
proposto di rimuovere dalla costituzione il limite dei due mandati di
cinque anni. Xi Jinping, 64 anni, è presidente dal 2013 e a giorni è
attesa la sua «rielezione». Quando scadrà il mandato, nel 2023, potrà
quindi ricandidarsi per la terza volta. Il progetto di Xi Jinping è
chiaro: «Cina per sempre socialista, grande, moderna e bella».
Xi
Jinping leader assoluto della superpotenza cinese fino a quando vorrà. È
questo il quadro che si sta delineando a Pechino, perché il Comitato
centrale del Partito comunista ha proposto di rimuovere dalla
costituzione il limite di due mandati di cinque anni l’uno per la carica
di presidente della Repubblica popolare cinese. La notizia è stata data
dall’agenzia statale Xinhua e non c’è da dubitare che «la proposta»
verrà accolta.
Xi Jinping, 64 anni, è presidente dal marzo del
2013 e nei prossimi giorni è attesa la sua «rielezione» da parte del
Congresso nazionale del popolo che si aprirà il 5 marzo. Con questa
revisione della costituzione, quando nel 2023 scadrà il suo secondo
mandato, Xi potrà ricandidarsi per un terzo.
Lo scorso novembre,
il 19esimo Congresso del Partito ha inserito il «Pensiero di Xi Jinping
sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era» nello
statuto comunista e ora la stessa formula verrà iscritta anche nella
costituzione della Repubblica. Tra le parole d’ordine del leader supremo
alcune sono delicate e quasi poetiche: la Cina, ha detto, dev’essere
«oltre che grande, moderna, bella e armoniosa». Xi ha tracciato piani di
sviluppo per la Cina fino al 2035 e anche fino al 2049, quando la
Repubblica popolare compirà il primo secolo di esistenza. Ha nelle mani
un Paese diventato grande potenza economica che reclama un ruolo di
guida mondiale. Gli manca solo il titolo di statista globale. Con questa
riforma che gli permette di restare al potere oltre i dieci anni,
potrebbe intanto diventare presidente a vita.
Anche se il Global
Times , quotidiano governativo di Pechino, anticipando le possibili
critiche internazionali (il dissenso interno è un genere non previsto)
scrive che la riforma non significa «mandato a vita». In un editoriale
il giornale ricorda che il sistema di governo si basa «su una trinità
formata dal segretario generale del Comitato centrale del partito, dal
capo dello Stato e dal presidente della Commissione militare centrale».
Tre cariche incarnate da Xi. È giusto che la trinità non venga scissa da
limiti temporali, conclude il Global Times . A questo punto va
aggiornata l’osservazione che da tempo fanno i politologi: che questo
leader ha riunito gli stessi poteri di Mao Zedong. In realtà Xi è più
potente, perché ai tempi di Mao la Cina era un gigante povero e
arretrato, mentre ora è la seconda economia del mondo e ogni sua scelta
influenza i meccanismi della globalizzazione.
Ma chi è quest’uomo
di 64 anni, dal 2012 segretario generale comunista, dal 2013 presidente
della Repubblica popolare e della Commissione centrale militare? È stato
un «giovane istruito» che nel 1968, a 15 anni, fu mandato con migliaia
di coetanei dalle città a zappare in campagna «per essere rieducato dai
contadini più poveri», come ordinava la Rivoluzione culturale. Xi allora
si portò dietro valigie piene di libri: i contadini che lo aiutarono a
trascinarle pensarono che dentro ci fosse un tesoro. Erano volumi che lo
studente-lavoratore divorava la notte, dopo aver spalato letame: lesse
di tutto, da Victor Hugo a Hemingway e tre volte di seguito il Capitale
di Marx. È un «Principe rosso», perché è figlio di un compagno di lotta
di Mao, un predestinato al potere. Il futuro presidente, tornato a
Pechino dopo sette anni nei campi, invece di divertirsi come fecero
molti coetanei usciti dall’incubo maoista, si lanciò alla riconquista
del posto che gli spettava nella nomenklatura. E così ha scalato la
gerarchia.
Una volta installatosi come «trinità di governo» è
diventato cacciatore di tigri: sotto la sua guida la battaglia
anticorruzione ha punito in 5 anni 1,34 milioni di piccoli burocrati
(«mosche da schiacciare» le chiama Xi) e anche 280 alti funzionari a
livello ministeriale o superiore («tigri da stanare», nella visione del
leader). Xi è anche un nazionalista che ama farsi vedere in mimetica tra
i soldati e prepara un esercito «capace di combattere e vincere una
guerra moderna». È un uomo di visioni: ha offerto al mondo la Nuova Via
della Seta per allargare i commerci e sostenere la globalizzazione (con
caratteristiche cinesi, però).
Il progetto è chiaro: Cina «per
sempre socialista, grande, moderna, bella», e con Xi Jinping presidente
oltre il limite dei due mandati, fino a quando vorrà. O fino a quando
non sarà chiamato a colloquio con Karl Marx, nel paradiso dei pensatori
comunisti.