La Stampa 24.2.18
Motti di Mussolini e saluti romani
Ma Facebook non censura il fascismo
Il social è una zona franca per le pagine nere: “Standard rispettati, non le togliamo”
di Filippo Femia
«Il
contenuto rispetta gli standard della comunità». Facebook sembra
ignorare la storia del fascismo e la legge italiana. Ospita una galassia
di pagine nere, affollate da migliaia di messaggi ogni giorno. Bacheche
che grondano odio, xenofobia e antisemitismo. Pagine che, sin da titolo
e foto di copertina, inneggiano al fascismo. E inoltrare una
segnalazione al social, spesso, non serve: «La pagina non viola la
nostra policy», è la risposta.
Una ricerca dell’Anpi ha catalogato
le pagine neofasciste, contandone 450. La black list risale allo scorso
maggio e include alcune pagine rimosse, nel frattempo rimpiazzate da
altre decine. I nemici? I soliti: «zecche comuniste», «ebrei maiali» e
la casta dei politici. Immancabili, poi, i deliri sulla purezza della
razza a rischio a causa dell’invasione di immigrati.
Con un finto
profilo abbiamo seguito e segnalato 25 gruppi. In meno di 12 ore arriva
la risposta di Facebook: quattro pagine vengono rimosse per incitamento
all’odio. Negli altri casi il social ritiene che i contenuti «rispettano
gli standard della nostra comunità». E suggerisce la soluzione: «Togli
mi piace alla pagina». Un po’ come dire: voltati dall’altra parte e il
problema sparisce. «Per rimuovere le pagine che inneggiano al fascismo -
dice Laura Bononcini - serve una segnalazione alla polizia postale o
all’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale, ndr). A quel
punto procediamo». Ma è evidente che il meccanismo sia inadeguato,
specie in un clima politico avvelenato come quello di questi giorni.
Ecco
allora che ci si imbatte nel messaggio di Giulia, «guardate cos’ho nel
giardino di casa. È originale», e la foto di una stele di marmo con un
fascio littorio in rilievo. Il messaggio è accompagnato da due emoticon:
un cuore nero e un braccio teso. Orazio, invece, pubblica una foto dove
Mussolini «consiglia» Luca Traini, l’estremista di Macerata che ha
sparato a sei nigeriani, senza far vittime: «Serve più mira», è il
messaggio.
Ma come è possibile che il social più diffuso al mondo
ospiti contenuti che fanno una chiara apologia di fascismo, inserita nel
nostro codice penale dal 1952? «Non è prevista nella nostra policy,
perché si tratta di una legge in vigore solo in Italia. La comunità di
Facebook comprende quasi due miliardi di utenti, di culture e Paesi
differenti: abbiamo dovuto adottare norme valide a livello globale»,
spiega Laura Bononcini, responsabile della policy di Facebook Italia.
Molte
pagine nere, sin dal titolo, fanno chiara apologia di fascismo («Viva
il duce»), inneggiano alla violenza («Istinto fascista: nel dubbio
mena») o vendono cimeli fascisti («Duxstore.it»). Le più seguite hanno
oltre 135 mila like. Al loro interno fioccano motti del Ventennio,
cartoline nostalgiche del Duce e una miriade di selfie con il braccio
teso. Nella carrellata c’è spazio anche per un bambino - definito
«piccolo balilla» - che intona Faccetta nera.
Per la verità dopo
il nostro colloquio telefonico con Facebook 24 pagine su 30 della lista
nera dell’Anpi - le stesse che poche ore prima non violavano le regole
della comunità - sono state rimosse. Una coincidenza? Difficile. Ciò che
è indubbio è la rabbia degli utenti neofascisti. Nei gruppi superstiti
gridano vendetta. «Qualche bastardo comunista ci ha segnalati», scrive
uno; «ancora gruppi fascisti chiusi, è guerra», aggiunge un altro; «dopo
il 4 marzo chiuderemo le loro bocche del cazzo», arriva a dire un terzo
tra la pioggia di «a morte» e «diamogli fuoco».
Il cuore nero di
Facebook pulsa anche nei gruppi chiusi, a cui si accede solo dopo una
richiesta. Bisogna dimostrare la fede fascista e superare un test:
«Quando è stata la marcia su Roma?», «quando è nato Mussolini?»
La
costante di tutte le pagine neofasciste, che si promuovono tra loro
come un network, sono le fake news a tema elettorale. La politica ha un
certo peso: nel profilo di alcuni utenti appare il simbolo di CasaPound o
Forza Nuova. Il bersaglio preferito sono gli immigrati. Molti
fotomontaggi, alcuni tragicomici, addebitano loro tutti i guai
dell’Italia con toni xenofobi e razzisti. Nei commenti piogge di insulti
che incitano all’odio. Questi sì, segnalati, vengono rimossi quasi
subito da Facebook.