sabato 24 febbraio 2018

La Stampa 24.2.18
Il ramo rosa dell’estrema destra sceglie per sé il modello militare
Sono il 30 per cento degli iscritti e partecipano a tutte le attività
Ma i temi di genere non hanno spazio sulla rivista del movimento
di Flavia Perina


In corteo Le foto sono state scattate durante il corteo in memoria delle vittime delle foibe a Roma, tenutosi lo scorso 10 febbraio. Secondo i dati di CasaPound, le donne sono il 30 per cento degli iscritti. Erano circa 6 mila nel 2017, secondo fonti non ufficiali triplicate negli ultimi mesi. Partecipano a tutte le attività, tranne l’affissione dei manifesti che è da sempre riservata solo agli uomini

La foto da guardare bene è quella in alto, con le ragazze al corteo in memoria delle foibe che stanno sull’attenti, senza saper bene dove mettere le mani: una stringe un libro, un’altra la borsa, tutte cercano la postura del soldato con risultati piuttosto goffi. Le donne di CasaPound, fra i tanti modelli femminili che la destra ha coltivato senza adottarne fino in fondo nessuno, si sono prese il più militaresco: quello delle Ausiliarie, il Corpo militare della contessa Piera Gatteschi nato nel ’44 per gestire assistenza sanitaria, mense, servizi d’ufficio e magazzini della Rsi. «Sì, sono loro l’esempio che scelgo» conferma Carlotta Chiaraluce, il volto più mediatico di Cpi, candidata e dirigente a Ostia. Forse non poteva essere altrimenti. In un mondo dove prevale l’estetica della disciplina sarebbe difficile immaginare l’assertività materna di Donna Rachele, l’ardore tragico di Claretta, la naturale leadership di Evita, l’abilità salottiera di Donna Assunta, per non parlare del protagonismo da amazzoni della Meloni, della Santanché, della Mussolini.
Quante sono, cosa pensano, perché sono lì queste signorine e queste signore? Secondo i dati forniti dal movimento sono donne il 30 per cento degli iscritti a Cpi (circa 6000 nel 2017, oggi il triplo, dicono fonti non ufficiali). Partecipano a tutte le attività, salvo l’affissione di manifesti che è riservata agli uomini. Questo perché CasaPound, come si afferma nei documenti ufficiali, «nell’articolazione dei singoli ruoli da attribuire in base al genere» rifiuta «la confusione». Ma c’è un No molto esplicito anche alla sottomissione: l’umiliazione della donna è definita un fattore «tipico del mondo contemporaneo, nei suoi due aspetti consumista e fondamentalista». La parola magica per indicare il rapporto ideale fra il mondo maschile e quello femminile è complementarietà, che pare resuscitata dai documenti della Nuova Destra degli Anni 70, e in particolare dalla rivista delle ragazze dei Campi Hobbit, Eowyn, peraltro inimmaginabili allineate in ranghi spartani (erano piuttosto scapigliate e casiniste, non molto diverse dalla loro controparte femminista).
Dunque, complementarietà. Si cerca la declinazione di questo termine nelle questioni che oggi fanno discutere le donne - l’utero in affitto, le teorie gender, il giudizio sulla prostituzione, le quote - sulle pagine di Primato Nazionale, la rivista del movimento, ma non c’è quasi niente. Pochissime anche le firme al femminile: nell’edizione cartacea ha una rubrica Chiara Del Fiacco, i suoi ultimi articoli sono un elogio delle sapienze contadine e un’invettiva contro Oprah Winfrey e «l’isteria femminista» del sistema-Hollywood.
La sensazione è che questo ramo rosa sia cosa recente, ancora un germoglio appena nato, e che la linea del movimento non abbia ancora preso atto delle questioni che porta con sè e della necessità di elaborarle oltre l’istintiva contrapposizione frontale con tutto ciò che si apparenta alla sinistra. «Sono all’inizio, magari col tempo...», dice Annalisa Terranova, che alla destra femminile ha dedicato uno dei pochi saggi in circolazione, Camicette Nere.
Il paradosso è che il mondo marziale di CasaPound deve proprio alle sue ragazze il primo e più importante sdoganamento, quello della satira, con la mitica Vichi di Casa Pound interpretata da Caterina Guzzanti che strillava «Ah zzecche» alla platea di RaiTre, mentre il suo fidanzato Tullio si rifugiava spaventato su un albero. Era simpatica, Vichi, e rese più umana un’area che all’epoca (era il 2012) ancora non si presentava alle elezioni, parlava di fascismo del Terzo Millennio e si situava su un crinale extra-parlamentare assai più accentuato di oggi. Chissà se sono grati alla Guzzanti i militanti di Cpi, chissà se si rendono conto delle potenzialità del «recinto delle ragazze» oltre il ruolo di portabandiera e di furiere.