La Stampa 22.2.18
La violenza antipasto degli esclusi
di Mattia Feltri
Da
una parte e dall’altra hanno in comune la viltà: aggrediscono in tanti
contro i pochi o armati contro i disarmati. Esercitano la viltà della
violenza, con irruzioni in tv o assalti ai comizi del nemico, perché gli
viene più facile eliminare le idee altrui che discutere le proprie,
dozzinali, settarie, totalitarie. È una storia che viene da lontano e
accostare l’apparente pochezza dei fatti di oggi con quelli degli Anni
Settanta o del Primo dopoguerra non è una sciocchezza: si inizia sempre
dalle schermaglie. Su un aspetto aveva ragione Beppe Grillo: il M5S,
sebbene infastidito dai principi costituzionali dello stato di diritto,
fin qui ha mantenuto la protesta dentro una sostanziale legalità,
limitandosi a scorrerie di brutalità verbale, senza passare alle vie di
fatto.
Ma se si va nelle periferie romane, come a Torre Angela,
dove meno di due anni fa Virginia Raggi prese il 79,9%, si vedono cumuli
d’immondizia, folle di clandestini, decine di scritte inneggianti al
Duce. È che invece di affrontare il malcontento, tutti lo hanno blandito
e rinfocolato con folli campagne sulla mafiosaggine e criminalità del
sistema e con promesse surreali e mai mantenute, e hanno nutrito il
mostro. Se fra sconcezze lessicali, sparatorie e pestaggi, la campagna
elettorale vi pare un orrore, sappiate che è l’antipasto. Il resto verrà
dopo il voto, quando gli esclusi si sentiranno ancora più esclusi.