La Stampa 19.2.18
Namibia, la corsa ai diamanti arriva in fondo all’oceano
Giacimenti esauriti tra 15 anni, l’azienda De Beers inizia l’estrazione negli abissi
di Lorenzo Simoncelli
A
forza di scavare sottoterra alla ricerca di pietre preziose in tutta
l’Africa australe, anche la nota azienda mineraria De Beers si è resa
conto che lo slogan lanciato nel 1999, «un diamante è per sempre», era
alquanto fuorviante. Il governo della Namibia, dove la De Beers detiene
numerose concessioni minerarie, ha annunciato che fra 15 anni le cave di
diamanti saranno vuote.
Nel giro di vent’anni, dunque, il nuovo
slogan si è trasformato in «un diamante non è per sempre». L’azienda,
venduta dalla famiglia sudafricana Oppenheimer al colosso minerario
Anglo American, lo ha capito ed è corsa subito ai ripari, spostando
l’estrazione dalla terra al mare. Non più a temperature infuocate
sotterranee, bensì a 150 metri di profondità nel gelo dell’oceano
Atlantico al largo delle aride coste della Namibia. «I diamanti
marittimi sono il nostro futuro» – ha detto Paulus Shituna, direttore
commerciale della Namdeb, società divisa al 50% tra la De Beers ed il
governo namibiano ed attiva nell’estrazione dei diamanti. Secondo la
Namdeb, in futuro, il 95% dei diamanti immessi sul mercato verranno dal
fondo degli oceani africani e grazie alla qualità superiore i prezzi
saranno anche più elevati. Il Dipartimento di Scienze Biologiche di
Città del Capo stima che, nonostante di dimensioni inferiori, le pietre
preziose sarebbero di maggior valore perché prive di imperfezioni. Il
prezzo dovrebbe passare da 187 a 528 dollari per carato.
«È in
corso una lotta per accaparrarsi le licenze per le estrazioni
sottomarine - ha detto Andrew Bloodworth, direttore del dipartimento
minerario del British Geological Survey - perché molti Paesi hanno
capito che la posta in palio è alta». Aziende private, ma anche governi
nazionali. Nel 2017, le società minerarie coinvolte nell’estrazione di
pietre preziose sottomarine, hanno fatturato oltre 600 milioni di
dollari. L’ex primo ministro David Cameron ha investito molto sul
rastrellamento oceanico di pietre preziose, valutando che avrebbe potuto
fruttare al Regno Unito 40 miliardi di sterline nei prossimi 30 anni.
Anche perché gli studi della società di consulenza Bain&Company
parlano chiaro: nel 2019 la domanda di diamanti supererà l’offerta.
I
picchi del 2006 in cui si sono estratti in tutto il mondo 177 milioni
di carati sono lontani. Da anni la produzione si assesta intorno ai 144
milioni con trend negativo. È in questo panorama che la De Beers ha
deciso di realizzare una flotta di navi capaci di sfruttare la nuova
frontiera dell’industria mineraria. Costate 157 milioni di dollari
l’una, lunghe più di 170 metri e con un personale a bordo di 80-100
persone, sono dotate di un trattore che viene immerso a 150 metri sotto
il livello dell’oceano Atlantico e con bracci lunghi 20 metri iniziano
ad estrarre il materiale roccioso. Un’enorme manica di gomma fa emergere
in superficie 60 tonnellate di sedimenti all’ora. I detriti vengono
setacciati sulla nave per separare il materiale non prezioso, rigettato
in mare. Il primo processo di pulizia è a bordo, con estreme misure di
sicurezza poi i diamanti vengono trasportarti via elicottero dalla nave
fino a Windhoek, la capitale.
Solo così De Beers sarà in grado di
raggiungere l’obiettivo di estrarre 1,2 milioni di carati all’anno per i
prossimi 20 anni. Una visione lungimirante che risale al 1991, quando
l’allora azienda sudafricana aveva investito a costi ridotti per
l’acquisto delle licenze. Ad oggi, dei circa 6mila chilometri quadrati
di concessioni a disposizione, infatti, solo il 3% del totale è stato
esplorato. Non mancano le critiche da parte degli ambientalisti secondo
cui sarebbe in corso una sorta di «land grabbing» marittimo, che
starebbe nuocendo ai fondali oceanici africani e alle specie ittiche già
a dura prova per la pesca estensiva. «È inutile nascondere che
l’attività ha un impatto ambientale – ha detto Jan Nel, a capo delle
operazioni di Debmarine, il braccio operativo della DeBeers
nell’estrazione dei diamanti marittimi in Namibia –, la zona di
perforazione è circoscritta a 200 metri di distanza dallo scavo,
l’impatto è ridotto e meritevole se si pensa al numero di posti di
lavoro creati e ai guadagni. per un Paese che rimane il terzo al mondo
per disuguaglianza».