La Stampa 19.2.18
Duello sotterraneo con Gentiloni
Renzi riapre i canali con Berlusconi
Il leader Pd preoccupato dal crescente sostegno per il premier E adesso punta all’ex Cavaliere per tornare a Palazzo Chigi
di Fabio Martini
«Ciao
Emma, sono Matteo...». È sabato mattina, Emma Bonino ha appena risposto
al suo cellulare e in linea c’è Matteo Renzi, che con affettazione
amichevole, le dice che è assurda quella storia che raccontano i
giornali, non è vero che lui è ostile a Più Europa e anzi, visto che in
quelle ore tutti e due sono a Napoli, perché non fare un’iniziativa
assieme? Emma Bonino, con garbo, lascia cadere. Quel che la leader
radicale omette di dire al suo interlocutore è che oramai è tardi per
esibire comunanze, le due liste sono apparentate e non sorelle e dunque
la notte del 4 marzo si vedrà come è andata.
La telefonata di
Matteo Renzi a Emma Bonino è solo uno dei tanti frammenti che raccontano
la difficoltà nella quale si trova il leader del Pd. E per uscirne,
Renzi sta imbastendo nuovi escamotage. Alcuni pubblici, con ostentazioni
di generosità irrituali per un solista come lui. E altri affidati
invece ai contatti personali e riservati con l’interlocutore che nel
dopo-voto potrebbe disporre della chiave d’ingresso per Palazzo Chigi:
Silvio Berlusconi.
Gli escamotage pubblici, dissonanti rispetto al
recente passato, si stanno moltiplicando: ieri Renzi ha accettato
l’idea di presentarsi ai telespettatori di «In mezz’ora» di Lucia
Annunziata, affiancato dal ministro dell’Interno Marco Minniti. E dagli
studi di Raitre Renzi ha espresso nei confronti del presidente del
Consiglio parole amichevoli, anche se non corrispondono a un
investimento pieno sul presidente del Consiglio. Ma avere Gentiloni
sulla stessa barca è diventato indispensabile anche perché in queste
ultime 48 ore è diventato palese un dualismo per la premiership,
destinato a proporsi in modo plastico in un dopo-elezioni che imponesse
al Pd le larghe intese: da una parte Matteo Renzi, dall’altra il
«partito» di Gentiloni. Il pubblico endorsement di Romano Prodi a favore
del presidente del Consiglio si aggiunge ad analoghe dichiarazioni di
ministri come Carlo Calenda e Marco Minniti, per non parlare di Emma
Bonino, che ha invitato Gentiloni (e non Renzi) alla Convention di Più
Europa. E nei giorni prossimi anche Walter Veltroni si aggiungerà ad un
«rassemblement» di simpatizzanti, un cartello la cui durata è però
legata al risultato elettorale.
E proprio alla tenuta del Pd si
legano le persistenti ambizioni di Matteo Renzi che non ha affatto
rinunciato a tornare a Palazzo Chigi. Tanto è vero che, l’altro giorno, a
chi gli chiedeva se oramai avesse deciso di restare al partito, Renzi
ha risposto con sincerità: «Dipende da come andranno le elezioni. Io
sono molto convinto che per il bene del Paese il primo partito debba
essere il Pd». Ma l’ambizione di tornare a Palazzo Chigi - Renzi lo sa -
diventerebbe legittima e praticabile in caso di tenuta sulla «soglia
Bersani», (25 per cento al proporzionale) e proprio confidando in una
tenuta, il segretario del Pd ha ripreso sotterraneamente i contatti con
Silvio Berlusconi e tenuto aperto un canale con Roberto Maroni.
Certo,
dall’altra parte, gli interlocutori di centrodestra sono prudenti, non
incoraggiano oltre il ragionevole le ambizioni renziane. Berlusconi ha
confidato di essere preoccupato per una caduta libera del Pd, che
rischia di venir meno come interlocutore di un governo di larghe intese.
E al tempo stesso l’ex Cavaliere è sempre più consapevole che, laddove
la Lega insistesse nella pregiudiziale anti-Pd, a lui servirebbero mesi
per preparare il distacco dai suoi alleati.
Tutto questo Renzi lo
sa. Ecco perché sta preparando quello che qualcuno dei suoi definisce
«un precotto da inserire nel micro-onde» dopo le elezioni. La scommessa
si riassume in pochi dati: se il Pd sarà per davvero «la prima forza in
Parlamento», come lui auspica e se Forza Italia consoliderà la sua
rimonta, a quel punto si potrà trattare con le forze disponibili e
necessarie per un governo Renzi, dalla Lega sino all’ala più realista di
Liberi e Uguali. Uno schema che deve fare i conti con un’incognita - il
risultato finale del Pd - ma soprattutto con un dato finora sfuggito ai
media: la rimonta di Forza Italia si è rallentata, per qualche istituto
persino arenata. Secondo le ultime rilevazioni consentite di Euromedia
Research di Alessandra Ghisleri, l’istituto preferito da Berlusconi,
nelle ultime due settimane Forza Italia ha perso circa un punto,
passando dal 18,4 al 17,3%, mentre salgono le forze anti-inciucio: Lega e
Fratelli d’Italia.