venerdì 16 febbraio 2018

La Stampa 16.2.18
Dall’ex fidanzata all’insegnante eroe
Così Nik ha scelto con cura i bersagli
di Francesco Semprini


Un obiettivo preciso e circoscritto, su bersagli ben identificati. Quello che distingue la strage di Parkland, in Florida, rispetto alle altri azioni di ordinaria follia sembra essere la precisione delle vittime, in particolare degli studenti. Un insegnante eroe, un coach di football e ragazzi, tanti ragazzi, alcuni dei quali al primo anno di liceo. Nikolas Cruz sapeva esattamente dove andare a colpire e chi colpire, forse persone che riteneva vicine a Jaime Guttenberg, studentessa di 17 anni, la prima vittima identificata della strage nella scuola in Florida.
I loro genitori, Fred e Jennifer Guttenberg, speravano disperatamente di trovare la figlia fino a quando ieri è arrivata la tragica notizia. Dopo ore di disperata attesa sono stati avvertiti dopo che avevano aiutato i compagni di classe della ragazza via Facebook rassicurandoli comunque che Jesse, il loro altro figlio che frequentava la scuola, era salvo. L’identità degli altri studenti caduti sotto i colpi della follia omicida dell’ex iscritto al liceo sono solo parzialmente note, ma sembra si frequentassero tutti anche oltre l’orario di scuola. Nikolas Cruz era stato espulso dal liceo per comportamenti violenti specie con la ex ragazza; era ossessionato da lei e il provvedimento disciplinare è scattato perché era arrivato al punto tale da stalkerizzarla.
Nicolas era noto anche ai professori e in particolare ad Aaron Feis l’assistent coach della squadra di football rimasto ucciso mentre tentava di proteggere gli studenti. «È morto da eroe», hanno commentato genitori, insegnanti e studenti, ricordandone «l’animo gentile». Tra le poche identità delle vittime c’è quella della insegnante eroina che ha riparato col suo corpo alcuni studenti, mentre tra i feriti ci sarebbe il figlio del vicesceriffo della contea. E ancora il professore di geografia Scott Biegel morto sotto i colpi incessanti dell’Ar-15 di Cruz dopo aver favorito la fuga di un gruppo di studenti: ha aperto la porta per farli scappare ma non è riuscito a richiuderla e a salvarsi. «Ha sbloccato la porta per farci fuggire. Pensavo che fosse dietro di me, ma non c’era», racconta Kelsley Friend, una della ragazze a cui il professore ha salvato la vita.
Sotto i colpi di Cruz è stato ucciso anche Chris Nixon, il direttore atletico della scuola e coach di wrestling: è morto in ospedale per le ferite riportate. Nulla da fare neanche per la teenager giocatrice di calcio Alyssa Alhadeff. La sua famiglia fra le lacrime si è rivolta agli studenti sopravvissuti: «Fate qualcosa di meraviglioso nella vostra vita per Alyssa. Non rinunciate ad aspirare a qualcosa di grande».
Morto sul colpo anche il nuotatore Nick Dworet, che era stato da poco ammesso all’Università di Indianapolis con una borsa di studio. Soprannominato «swim daddy», Dworet era il capitano della squadra di nuoto della scuola e aveva trascorso l’ultimo anno in duri allenamenti per migliorare la sua velocità. La striscia di sangue prosegue con i quindicenni Peter Wang e Luke Hoyer. I nonni hanno appreso la notizia alla tv: «Abbiamo passato ore senza sapere nulla, abbiamo sperato fino alla fine. Poi ci hanno chiamato all’una del mattino per dirci che Luke era fra le vittime», racconta Janice Stroud, la nonna di Hoyer. Che fosse una strage messa a punto con obiettivi precisi emerge dalle parole di un account in cui il killer scriveva: «Diventerò un professionista di stragi scolastiche». Anatema ignorato come hanno ammesso gli stessi inquirenti.