La Stampa 14.2.18
Hong Kong, libertà soffocate
dall’abbraccio della Cina di Xi
Pechino aumenta il controllo su economia e politica, i dissidenti ridotti al silenzio
di Carlo Pizzati
Passeggiando
spensierati tra i grandi boulevard di Hong Kong, all’ombra di
grattacieli affastellati, a bordo di un grazioso tram d’epoca o nei
mercatini esotici con animali d’incerta provenienza, nell’abbaglio di
schermi pubblicitari e tra le auto di lusso non è percepibile quanto il
dragone cinese stia stringendo le sue spire sull’indipendenza politica
di Hong Kong.
Siamo nella New York d’Asia, la città più cara al mondo, cosmopolis leggendaria, tra uno Yacht Club e un China Club ultra-chic.
Ma
uno spettro s’aggira per queste isole, quello della superpotenza con il
più grande prodotto interno lordo al mondo, che penetra subdolo nei
gangli di finanza, edilizia, media e telecomunicazioni con una strategia
biforcuta per conquistare economicamente Hong Kong, ma soggiogandola
anche politicamente, fino a consentire alla polizia cinese d’arrestare
legalmente i dissidenti nei terreni affittati da società cinesi, dentro
la città-stato.
Nel 1997, il Regno Unito consegnò Hong Kong alla
Cina con un dichiarazione precisa. La Sino-British Joint Declaration
garantiva il mantenimento dell’attuale sistema politico fino al 2047. Ma
negli ultimi anni, tra rapimenti di librai considerati pericolosi dalla
Cina, arresti di dissidenti del movimento degli Ombrelli e
l’insediamento di «Lady Pechino» Carrie Lam al governo, la crescita del
potere cinese nella capitale finanziaria non è solo accelerata, ha
imboccato una strada legale verso la conquista totale.
Chi ha
davvero il potere qui? I vecchi tycoon locali, che fino al ’97 la
facevano da padrone, si trovano soggiogati. Vent’anni fa, i conglomerati
autoctoni di Hong Kong, la cui fortuna risaliva alle Guerre dell’Oppio,
come Li Ka-shing e Jardine Matheson, avevano una presa salda sul
capitale. Esistono ancora, ma crollano in ginocchio sotto i colpi delle
società della terraferma.
All’epoca, le società statali, le Red
Chips, raccoglievano capitale da Hong Kong per finanziare lo sviluppo
dell’economia cinese. Ora le stesse società spadroneggiano a Hong Kong,
dove i servizi finanziari sono il 18 per cento dell’economia.
La
China Construction Bank e la Haitong Securities dominano uno dei più
grandi mercati finanziari al mondo. Nell’edilizia, i costruttori cinesi
della Hna e della Logan Property vincono i più lucrativi appalti
residenziali. Nella telefonia, China Telecom inaugura i suoi cellulari. E
il miliardario Jack Ma s’è comprato il quotidiano «South China Morning
Post», dichiarando che sarà più rappresentativo della punto di vista
cinese.
Ma c’è un problema politico più preoccupante che gravita
attorno alla stazione del treno di West Kowloon. A Capodanno, 10 mila
manifestanti si sono scontrati con la polizia per protestare una
decisione che riguarda questa stazione. E molto altro.
Non solo la
governatrice sta infierendo con nuove restrizioni nei confronti di
candidati anti-Pechino, squalificandoli dalle loro cariche, o arrestando
i dissidenti, ma sta anche aprendo le porte a una vera conquista del
territorio con un nuovo cavillo.
Un quarto della nuova ferrovia in
costruzione è dato in concessione a società cinesi. Ciò significa che
la Cina vi ha giurisdizione. Ovvero, può far intervenire forze di
polizia o esercito. Ha in pratica ottenuto la sovranità tramite
l’affitto dei terreni.
Questa mossa ha causato rabbia tra i
dissidenti per l’impatto simbolico, poiché consentirà d’applicare leggi
cinesi in alcune parti del territorio di Hong Kong. Ma c’è una
preoccupazione più concreta nel consentire una sfera d’influenza cinese
in uno snodo ferroviario di passaggio quotidiano così importante,
mescolando giurisdizione cinese a quella locale, rendendo leciti i
sequestri di persona da parte di polizia o servizi segreti, com’è
accaduto ai librai di Causeway Bay, scomparsi e poi riapparsi nelle
prigioni cinesi, ma anche a normali imprenditori, rapiti dai loro uffici
in questi bei grattacieli. E trasformati in desaparecidos.
Ora se
un terreno viene affittato a una società cinese, lì inizia la sovranità
di Pechino. La conquista completa di Hong Kong sta avvenendo un dollaro
alla volta, affittandosi in modo incrementale l’intera città. E
stabilendovi, grazie al precedente di West Kowloon, la legge cinese. Non
sarà necessario nessun Blitzkrieg per prendersi Hong Kong inviando
truppe nei treni ad alta velocità. Si saranno già comprati tutto.
Non
sorprende allora che la Cina, l’altro ieri, abbia richiesto alle
associazioni in uniforme di Hong Kong, a partire dai Boy Scout fino ai
volontari dell’Ambulanza di St. John, di rimpiazzare lo stile britannico
nelle parate adottato finora e di sfilare con il passo dell’oca come
l’Esercito di Liberazione del Popolo cinese.
Volenti o nolenti, a
Hong Kong dovranno presto marciare tutti al passo dell’oca, alcuni
decenni prima di quanto promesso nel 1997.