La Stampa 10.2.18
Oggi la manifestazione antifascista, scuole
chiuse e autobus fermi I negozianti abbassano le serrande. Il sindaco:
spero sia una festa
di Francesco Grignetti
La manifestazione antifascista e antirazzista si farà. Il prefetto ha dato il permesso. «Garantiscono che sarà pacifica».
Il
ministro Marco Minniti aveva appoggiato l’appello del sindaco a
soprassedere, ma non è andata così. Ora Macerata si prepara a un sabato
difficile. Chiuse scuole e università, uffici e negozi. Sbarrate persino
le chiese; non si terrà la messa vespertina.
Al corteo, che
resterà fuori dalle antiche mura, si attendono alcune migliaia di
manifestanti: ci saranno la presidente dell’Arci Francesca Chiavacci e
Sabina Guzzanti, Gino Strada di Emergency e diversi parlamentari di LeU,
l’associazione Libera di don Ciotti e i circoli dell’Anpi, la
segretaria della Fiom Francesca Re David, il mondo delle Ong, il
presidente del Gus, Paolo Bernabucci, i radicali di Più Europa. In
città, però, è bastato leggere l’elenco delle sigle che aderiscono, i
centri sociali, i circoli anarchici, gli antagonisti, pure i pullman in
arrivo dal Nord Europa, e poi gli slogan barricadieri del centro sociale
di qui, il Sisma, ed ecco che a Macerata sembra d’essere alla vigilia
di una giornata da guerriglia urbana.
Ci sono negozianti che
stanno montando tavole di legno alle vetrine, manco fossero i sacchi di
sabbia alle finestre che cantava Lucio Dalla. In via Gramsci, il signor
Giuseppe Romano si preoccupa del suo negozio: «Sa - racconta - oggi
abbiamo provato in tanti ad abbassare la serranda. Impossibile. È del
tutto arrugginita perché queste è la nostra vita a Macerata: qui i
negozianti non abbassano mai le serrande perché non abbiamo motivo di
avere paura. Questa è una piccola città tranquilla dove non succede mai
niente. Perciò ho dovuto chiamare un falegname. Non voglio rischiare».
Il suo vicino ha fatto incetta di grosse lastre di polistirolo. In
piazza della Libertà, il ristorante terrà aperto, ma per sicurezza il
titolare ha detto alla moglie incinta di non uscire di casa. E così si
spargono le voci più incontrollabili, anche grottesche, tipo i ragazzi
cattivi che comprano le felpe nere all’outlet fuori città. Sorride
imbarazzata la signora Giulia, del bar in centro: «Noi non siamo
abituati. Questa non è mica una grande città».
Di grande c’è solo
la paura. È quel che dice anche il vescovo, monsignor Nazzareno Marconi:
«Se qualsiasi altra cittadina si trovasse tutte le tv e i giornali per
una settimana a dire quello che dicono, alla fine si spaventerebbe. Io
non voglio minimizzare né ciò che è successo a quella figliola, né la
gravità dell’azione di quel ragazzo che vedo imbevuto di idee non sue...
Mi dà l’idea di quelli che prendono tutto quello che c’è su Internet.
Ma senza senso critico, sono capaci di credere anche che i marziani
siano fra noi».
Figurarsi che fino alla settimana scorsa Macerata,
città straordinaria nell’accoglienza, dove la qualità della vita è
eccellente, il centro è un salotto senza macchine, e ottima è la
stagione lirica allo Sferisterio (un teatro ottocentesco a cielo aperto,
unico al mondo), era tutta proiettata per diventare la Capitale della
Cultura del 2020. «Ma ora ci troviamo a essere diventati il simbolo
della ferocia del mondo e non ce lo meritiamo».
Il sindaco dem,
Romano Carancini, aveva fatto un appello a rinviare la manifestazione.
Poi ha sperato in un divieto della prefettura. Alla fine non è andata
così «e io spero tanto che tutto fili liscio. Però qualche
preoccupazione ce l’ho». Per oggi il sindaco ha chiuso le scuole e
sospeso gli autobus al pomeriggio. A ruota hanno seguito gli uffici
pubblici, i negozi, i ristoranti, persino i parcheggi coperti. Chiusa
anche l’università. E le chiese. Il sindaco s’arrabbia però a sentire
che gli danno dell’antidemocratico o d’essere un antifascista troppo
tiepido. «Io - dice - condivido i contenuti della manifestazione dalla A
alla Zeta. Però sento anche le voci della città. E ripeto che Macerata
aveva bisogno di rifiatare. Non ho mai detto che l’antifascismo non si
debba esprimere. È falso. Io dicevo che se la manifestazione fosse stata
spostata di qualche giorno, magari tanti che oggi non manifesteranno
avrebbero capito l’importanza di esserci. A farla così, a caldo, si
rischia di manifestare per autoreferenzialità». Lui, Carancini, per
coerenza, non ci sarà. «Naturalmente mi auguro che sia una festa. È
importante che la manifestazione sia antifascista, antirazzista, e a
difesa del valore della vita, perché ci sono stati i feriti, ma anche
quella povera ragazza morta».
Non è cerchiobottismo. È piuttosto
il fastidio di essersi trovati al centro delle cronache nazionali e
internazionali, ed epicentro della campagna elettorale. Sussurra anche
il vescovo: «Io non prendo posizioni politiche, ci mancherebbe. Però
tanta attenzione verso le vittime non mi sembra sia per vicinanza
cristiana. Né da una parte, né dall’altra. Avranno i loro motivi...».