internazionale 18.2.2018
Parole
L’isola afollata
di Domenico Starnone
Ogni
tanto si sente dire: è un caso isolato. Il caso è in genere dei più
orribili: ci fa ribrezzo, ci fa rabbia, la notte dormiamo male. Ma ecco
che dai formulari che custodiamo nella memoria viene fuori l’immagine di
un’isola sperduta nell’oceano e il caso lo collochiamo lì, lontano –
come si dice – dagli occhi e dal cuore. Questa operazione ci dà più
sollievo che ingoiare un tranquillante. Infatti, una volta isolato il
caso, prendiamo subito sonno. Unico problema è che così la coscienza
diventa sempre meno vigile e a forza di isolare casi non si accorge che
l’isola si va pericolosamente affollando. Tanto per capirci la via che
porta ad Auschwitz è lastricata di casi isolati. Casi isolati sono state
le aggressioni con goliardici aperitivi all’olio di ricino. Casi
isolati sono stati all’origine di massacri spaventosi. Casi isolati
hanno preparato le guerre mondiali. E non sono stati casi isolati le
atomiche su Hiroshima e Nagasaki? Così isolati che negli ultimi tempi
c’è sempre più voglia di toglierli dall’isolamento e riprovarci. Di
conseguenza la cosa migliore è non considerare alcun caso un caso
isolato, ma tenere gli occhi aperti e coltivare il pensiero che ogni
ferocissimo disprezzo per la vita altrui e perino per la propria, sia
che venga da coloro che sentiamo lontanissimi, sia che venga da quelli
che avvertiamo come vicini, è un segnale di pericolo, è il tassello
possibile di un mondo disumano.