internazionale 10.2.2018
Offensiva olimpica
La
partecipazione della Corea del Nord ai giochi invernali è parte di una
strategia di Pyongyang che difficilmente porterà a una svolta
di Andrew Salmon, Asia Times, Hong Kong
Era
cominciato con una dichiarazione incredibilmente conciliante del leader
nordcoreano Kim Jong-un in tv il 1 gennaio 2018. Ora alcuni sudcoreani
chiamano le Olimpiadi invernali di Pyeonchang, in Corea del Sud, “i
giochi di Pyongyang”. Dopo l’aumento delle tensioni nel corso del 2017 e
la guerra di parole tra Washington e Pyongyang, la notizia che la Corea
del Nord avrebbe partecipato alle Olimpiadi invernali sudcoreane ha
elettrizzato il mondo. Poi gli sviluppi sono stati rapidissimi. Gli
osservatori sono divisi tra la speranza di una svolta e lo stanco
cinismo che tutti abbiamo condiviso finora. Anche se in Corea del Sud
circola voce che l’idea d’invitare la Corea del Nord ai giochi sia stata
in realtà un’iniziativa di Seoul – durante dei colloqui segreti in Cina
– è Pyongyang a occupare le prime pagine dei giornali. E sono le
autorità nordcoreane che hanno definito la partecipazione del loro paese
alle Olimpiadi come “un regalo di capodanno” per il popolo coreano. Ma
quali sono gli obiettivi di quel regime inflessibile, isolato,
ultranazionalista, socialista, dittatoriale e dotato di armi atomiche
durante e dopo le Olimpiadi? Agli occhi di un mondo che ormai conosce
bene la Corea del Nord attraverso i video delle parate militari, i lanci
di missili e l’atteggiamento da sovrano di Kim, le capacità di cui darà
mostra Pyongyang ai giochi presentano un lato insolito del paese.
“Siamo tutti concentrati sull’aggressività del regime e sui test
nucleari, ma è il soft power (potere di fascinazione culturale) ad
attrarre maggiormente certi segmenti della società sud coreana”, dice
Daniel Pinkston, esperto di relazioni internazionali della Troy
university, negli Stati Uniti, lasciando intendere che lo scopo
principale è in realtà conquistare l’opinione pubblica del Sud. Alcuni
osservatori temono che Seoul si dimostri troppo sensibile alla seduzione
di Pyongyang. “L’ideologia del Nord è affamata di propaganda, e il
governo del presidente sudcoreano Moon Jae-in sta facendo il suo gioco,
perché muore dalla voglia di credere alle buone intenzioni del Nord”,
dice Craig Urquhart dell’università di Toronto. “Pyongyang si atteggia a
vittima assediata, in questo caso fingendo di essere la vera paladina
della grande nazione coreana”. I nordcoreani non hanno nessun legame con
gli Stati Uniti e a differenza del Sud, che ha metropoli internazionali
e zone rurali in cui vivono centinaia di migliaia di “spose ordinate
per posta” dai paesi del sudest asiatico, il Nord rimane un paese
etnicamente omogeneo. “La sua legittimazione ideologica si basa sul
nazionalismo etnico, sull’atteggiarsi a ‘vera’ Corea incontaminata”,
dice Urquhart. Ultimamente Pyongyang sta lanciando molti messaggi a
“tutti i coreani”. “L’obiettivo a lungo termine di Kim è lo stesso del
padre e del nonno, cioè dominare l’intera penisola”, spiega l’esperta
statunitense Tara O, autrice del libro The collapse of North Korea. “Lo
ha ribadito chiaramente nel suo discorso di capodanno e di nuovo il 24
gennaio, attraverso l’agenzia di stampa di stato, facendo appello in
entrambi i casi ai coreani, dovunque vivano. ‘La riunificazione
indipendente’ a cui accenna l’agenzia significa ‘niente Stati Uniti’”.
Uno dei motivi principali per insistere sulla fratellanza tra i coreani è
sottolineare la distanza etnica e geografica della Corea del Sud dagli
Stati Uniti. “In termini di obiettivi strategici, penso che stiano
provando a vedere se c’è qualche punto debole nel rapporto tra il
presidente statunitense Donald Trump e il governo Moon da sfruttare”,
dice Andray Abrahamian del Pacific forum center for strategic and
international studies, un centro di ricerca di Honolulu. È una cosa su
cui la Corea del Nord ha una lunga esperienza. “I leader del Nord sono
pazienti, ben informati e maestri nel mettere i loro avversari gli uni
contro gli altri”, dice Urquhart. A breve termine, è più probabile che
l’obiettivo del governo nordcoreano sia impedire, far rimandare o
ridimensionare le esercitazioni militari congiunte di primavera tra
Corea del Sud e Stati Uniti, che di solito nella penisola segnano il
periodo più teso dell’anno. “Dopo le Olimpiadi Pyongyang cercherà di
ritardarle o di farle sospendere”, dice Chung Ku-youn dell’Istituto
coreano per la riunificazione nazionale di Seoul. “Sosterrà che
aggraverebbero le tensioni nella penisola e che sarebbero dannose per la
riapertura del dialogo tra le due Coree”. Ma forse la leggendaria
astuzia di Pyongyang è sopravvalutata. “C’è l’idea diffusa che il Nord
sia un genio del male e il Sud una democrazia debole e ingenua”, dice
Park So-keel della ong Liberty in North Korea (Link), che si occupa dei
profughi nordcoreani. “Si tende a sottovalutare il governo e il popolo
sudcoreano”. Finora l’alleanza tra Washington e Seoul è rimasta solida.
Il 26 gennaio il portavoce del ministero della difesa sudcoreano ha
detto che le esercitazioni congiunte si svolgeranno dopo la fine delle
Paralimpiadi invernali il 18 marzo. “Moon è abbastanza intelligente da
sapere che è rischioso allontanarsi troppo da Washington sulle questioni
strategiche”, dice Abrahamian. Anche se alcuni sono convinti che
Pyongyang stia cercando di ottenere vantaggi economici da Seoul, o di
riaprire progetti di cooperazione economica tra Nord e Sud, gli esperti
dubitano che sia così. “Ora la Corea del Nord è fiera di non avere più
bisogno di aiuto”, dice Park, osservando che la nascita di un mercato
interno ha migliorato l’efficienza economica del paese. “E la Corea del
Sud è limitata dalle sanzioni economiche dell’Onu contro Pyongyang”. Nel
frattempo Kim sta concentrando la sua propaganda anche su altri
obiettivi. “I suoi messaggi sono diretti a pubblici diversi, compreso
quello nordcoreano”, dice Pinkston della Troy university. “Anche lui,
come il presidente sudcoreano, ha l’obbligo costituzionale di cercare di
riunificare il paese”. E aggiunge che l’offensiva olimpica di Kim
servirà anche a farsi lasciare in pace dai cinesi – Pechino approva
sempre meno il programma nucleare di Pyongyang – e a promuovere
un’immagine più positiva della Corea del Nord nel mondo. Ciclo continuo
Nonostante il clamore del momento, non è la prima volta che le due Coree
si presentano a un evento sportivo con un’unica squadra o sotto la
stessa bandiera. Fu così negli anni novanta con le giovanili di calcio e
di ping-pong, mentre alle Olimpiadi del 2000 e del 2004 e a quelle
invernali del 2006 sfilarono alla cerimonia di apertura insieme. Dato
che nessuna di queste iniziative è riuscita a colmare l’enorme divario
ideologico e strategico tra i due paesi, non è chiaro fino a che punto i
sudcoreani siano disposti a lasciarsi incantare. Dopotutto dieci anni
di sunshine policy (la politica del disgelo) messa in atto dai governi
progressisti di Seoul dal 1997 al 2008 non hanno
prodotto alcun
risultato a lungo termine. “Capita a tutti di avere dei rapporti di
amicizia altalenanti, in cui si litiga e ci si riconcilia”, dice Park
paragonando le due Coree a una coppia di amici turbolenta. “Non è niente
di eccezionale, è un ciclo continuo”. Il governo di Seoul forse tiene
più dei suoi cittadini a questo rapporto. “Dai sondaggi è chiaro che la
maggior parte dei sud coreani non si lascia prendere in giro, ma resta
da vedere quanto è tesa o credulona l’amministrazione Moon”, dice
Urquhart. “Invece di sperare ingenuamente di ammansire Kim, Moon
dovrebbe tenere a mente che stringere accordi con la Corea del Nord alle
sue condizioni costringe sempre chi lo fa, e mai Pyongyang, ad
adattarsi”. Il governo Moon, che fino a poco tempo fa si era dimostrato
capace di sentire il polso dell’opinione pubblica, potrebbe aver
sbagliato strategia per la riconciliazione con il Nord. Da un sondaggio
degli ultimi giorni è emerso che il tasso di approvazione verso Moon è
sceso per la prima volta sotto il 60 per cento da quando è in carica.
Molti hanno criticato la decisione di formare una squadra femminile
congiunta di hockey sul ghiaccio, perché così le sudcoreane perderanno
la possibilità di vincere una medaglia. E solo il 40 per cento dei sud
coreani è favorevole al fatto che gli atleti sfilino sotto un’unica
bandiera. Uno dei motivi per cui il governo di Seoul ha accelerato i
tempi sulle Olimpiadi è che le sue occasioni sono limitate. “Si promuove
troppo la cosa e c’è troppa speranza, sarebbe meglio ridimensionare le
aspettative”, dice Park. “Il problema è che Moon ha solo cinque anni,
fino alle prossime elezioni, mentre la Corea del Nord e la Cina hanno
molto più tempo”. Abrahamian aggiunge: “Penso che sarà un’esperienza
illuminante per chi a Pyongyang, e perino nell’amministrazione Moon,
pensa che i sudcoreani siano ancora com’erano alla fine degli anni
novanta. Credo che ci sia un po’ più di cinismo, e meno interesse per il
Nord e per la tragedia del popolo coreano diviso”. O forse no. La
settimana scorsa le tv e i giornali sudcoreani erano in subbuglio per
l’arrivo della cantante pop Hyon Song-wol, una delle figure di maggior
rilievo della Mansundae art troupe di Pyongyang, e anche una colonnella
dell’esercito. Al suo corteo di auto è stata accordata una scorta di
solito riservata ai capi di stato. E durante i giochi Pyongyang tirerà
fuori tutto il suo fascino. A parte un piccolo contingente di 22 atleti,
la delegazione nord coreana sembra sia stata scelta per piacere a un
pubblico molto diversificato. La squadra delle cheerleader di Pyongyang,
definita “l’esercito delle bellezze”, ha già colpito in passato il
pubblico maschile del Sud, forse a causa della convinzione diffusa
(almeno tra i maschi sudcoreani) che il Sud vanti uomini più belli del
Nord ma che le nordcoreane siano più attraenti delle sud coreane.
Un’orchestra darà prova della raffinatezza culturale del Nord, e una
squadra di taekwondo dimostrerà la forza fisica del suo popolo. Il piano
a lungo termine L’offensiva nordcoreana per affascinare il Sud potrebbe
continuare, se non altro per indebolire l’alleanza militare tra Seoul e
Washington. “Quando la guerra è troppo costosa e non si può avviare
un’azione militare unilaterale, si punta su altre cose”, dice Pinkston.
“Si ricorre al fascino, al soft power, al confronto ideologico e cose
simili per dimostrare la superiorità della propria cultura”. Ma per
quanta buona volontà si mostrerà durante le Olimpiadi, probabilmente i
risultati non andranno oltre la riunione delle famiglie divise dalla
guerra di Corea e la prosecuzione dei colloqui. E nei colloqui, i punti
in comune sono pochi: nel primo incontro di alto livello di gennaio, il
rappresentante di Pyongyang si è irrigidito quando la delegazione del
Sud ha cautamente sollevato la questione della denuclearizzazione.
“Stanno avviando il processo con obiettivi contrastanti”, conclude
Pinkston. “Non c’è nessuna convergenza”. L’obiettivo finale, che tre
generazioni di Kim hanno sempre messo al centro della propaganda, è la
riunificazione, alle condizioni del Nord. Questo spiega l’ultimo
messaggio di Pyongyang sull’obbligo costituzionale, dice Pink ston. Una
domanda che non trova risposta – per la mancanza di informazioni – è se
le élite nordcoreane credono davvero alla propaganda sulla
riunificazione. Su questo gli studiosi sono divisi. Urquhart sostiene
che il progetto di Pyongyang, possibilmente da realizzare tramite una
serie di accordi per arrivare a una confederazione e a un’annessione
piuttosto che con un’invasione, è rimasto invariato. “Pyongyang non
accetterà mai la denuclearizzazione perché ora può fare leva sulle armi
atomiche per realizzare i suoi obiettivi a lungo termine”, dice
Urquhart. Se alla fine la Corea del Sud si lascerà ingannare o
intimidire, Pyongyang studierà con cura le sue mosse per raggirare Seoul
e convincerla ad accettare un tipo di “unificazione” che garantisca
l’accesso unilaterale del Nord al sistema politico e alla ricchezza del
Sud. Abrahamian è scettico: “Penso che i leader di Pyongyang si rendano
conto che cercare di annettere Seoul comporterebbe più rischi per il
loro sistema che per quello del Sud. Credo che molti politici abbiano
capito che per loro sarebbe impossibile mantenere i privilegi di cui
godono, e quindi, nonostante la retorica sull’unificazione, non stiano
facendo molto per realizzarla”.
Da sapere
Distensione temporanea
Dal
9 al 25 febbraio 2018 a Pyeonchang, in Corea del Sud, si svolgeranno le
Olimpiadi invernali. La Corea del Nord manderà una delegazione di 280
persone che include, tra gli altri, il ministro dello sport Kim Il-guk,
229 cheerleader, 26 atleti di taekwondo e 21 giornalisti. Al Sud
andranno anche i 140 elementi dell’orchestra Samjiyon, guidata da Hyon
Song-wol, leader della girl band Moranbong, e una delegazione di alto
livello di 22 persone capeggiata dal presidente del parlamento Kim
Yong-nam. Kim, 90 anni, pur ricoprendo una carica simbolica, è il
delegato più alto in grado in visita al Sud dal 2014. Incontrerà il
presidente sudcoreano Moon Jae-in. Alla cerimonia di apertura
parteciperà anche Kim Yo-jong, sorella minore di Kim Jongun e membro del
Politburo. u Gli Stati Uniti e la Corea del Sud hanno deciso di
rimandare le esercitazioni militari congiunte, che Pyongyang considera
una provocazione, a dopo la fine delle Paralimpiadi, il 18 marzo. u Il 2
febbraio la mancata nomina di Victor Cha, contrario all’opzione
militare contro Pyongyang, come ambasciatore statunitense a Seoul è
stata un segnale preoccupante. Secondo alcune indiscrezioni Washington
starebbe pensando a un attacco mirato contro la Corea del Nord dopo il
18 marzo. Un gruppo di senatori democratici statunitensi ha scritto al
presidente Donald Trump per avvertire che un eventuale attacco
violerebbe la costituzione. “Nel suo primo anno al governo Trump ha
capovolto la strategia di Washington sulle armi nucleari”, scrive Time.
Mentre i suoi predecessori si erano impegnati a ridurre l’arsenale
atomico e a trovare accordi di non proliferazione con altri paesi, per
Trump il modo migliore per ridurre i rischi di un attacco è espandere
gli arsenali e insistere sulla capacità di distruggere i nemici. Per
questo a dicembre ha ordinato al dipartimento della difesa di
prepararsi, per la prima volta dal 1992, a condurre un test atomico in
Nevada. Inoltre il presidente ha stanziato 1,2 miliardi di dollari per
rinnovare l’arsenale nucleare, ha autorizzato lo sviluppo di una nuova
testata (non succedeva da 34 anni) e ha deciso di finanziare programmi
di ricerca su missili a medio raggio.