lunedì 12 febbraio 2018

internazionale 10.2.2018
Offensiva olimpica
La partecipazione della Corea del Nord ai giochi invernali è parte di una strategia di Pyongyang che difficilmente porterà a una svolta
di Andrew Salmon, Asia Times, Hong Kong


Era cominciato con una dichiarazione incredibilmente conciliante del leader nordcoreano Kim Jong-un in tv il 1 gennaio 2018. Ora alcuni sudcoreani chiamano le Olimpiadi invernali di Pyeonchang, in Corea del Sud, “i giochi di Pyongyang”. Dopo l’aumento delle tensioni nel corso del 2017 e la guerra di parole tra Washington e Pyongyang, la notizia che la Corea del Nord avrebbe partecipato alle Olimpiadi invernali sudcoreane ha elettrizzato il mondo. Poi gli sviluppi sono stati rapidissimi. Gli osservatori sono divisi tra la speranza di una svolta e lo stanco cinismo che tutti abbiamo condiviso finora. Anche se in Corea del Sud circola voce che l’idea d’invitare la Corea del Nord ai giochi sia stata in realtà un’iniziativa di Seoul – durante dei colloqui segreti in Cina – è Pyongyang a occupare le prime pagine dei giornali. E sono le autorità nordcoreane che hanno definito la partecipazione del loro paese alle Olimpiadi come “un regalo di capodanno” per il popolo coreano. Ma quali sono gli obiettivi di quel regime inflessibile, isolato, ultranazionalista, socialista, dittatoriale e dotato di armi atomiche durante e dopo le Olimpiadi? Agli occhi di un mondo che ormai conosce bene la Corea del Nord attraverso i video delle parate militari, i lanci di missili e l’atteggiamento da sovrano di Kim, le capacità di cui darà mostra Pyongyang ai giochi presentano un lato insolito del paese. “Siamo tutti concentrati sull’aggressività del regime e sui test nucleari, ma è il soft power (potere di fascinazione culturale) ad attrarre maggiormente certi segmenti della società sud coreana”, dice Daniel Pinkston, esperto di relazioni internazionali della Troy university, negli Stati Uniti, lasciando intendere che lo scopo principale è in realtà conquistare l’opinione pubblica del Sud. Alcuni osservatori temono che Seoul si dimostri troppo sensibile alla seduzione di Pyongyang. “L’ideologia del Nord è affamata di propaganda, e il governo del presidente sudcoreano Moon Jae-in sta facendo il suo gioco, perché muore dalla voglia di credere alle buone intenzioni del Nord”, dice Craig Urquhart dell’università di Toronto. “Pyongyang si atteggia a vittima assediata, in questo caso fingendo di essere la vera paladina della grande nazione coreana”. I nordcoreani non hanno nessun legame con gli Stati Uniti e a differenza del Sud, che ha metropoli internazionali e zone rurali in cui vivono centinaia di migliaia di “spose ordinate per posta” dai paesi del sudest asiatico, il Nord rimane un paese etnicamente omogeneo. “La sua legittimazione ideologica si basa sul nazionalismo etnico, sull’atteggiarsi a ‘vera’ Corea incontaminata”, dice Urquhart. Ultimamente Pyongyang sta lanciando molti messaggi a “tutti i coreani”. “L’obiettivo a lungo termine di Kim è lo stesso del padre e del nonno, cioè dominare l’intera penisola”, spiega l’esperta statunitense Tara O, autrice del libro The collapse of North Korea. “Lo ha ribadito chiaramente nel suo discorso di capodanno e di nuovo il 24 gennaio, attraverso l’agenzia di stampa di stato, facendo appello in entrambi i casi ai coreani, dovunque vivano. ‘La riunificazione indipendente’ a cui accenna l’agenzia significa ‘niente Stati Uniti’”. Uno dei motivi principali per insistere sulla fratellanza tra i coreani è sottolineare la distanza etnica e geografica della Corea del Sud dagli Stati Uniti. “In termini di obiettivi strategici, penso che stiano provando a vedere se c’è qualche punto debole nel rapporto tra il presidente statunitense Donald Trump e il governo Moon da sfruttare”, dice Andray Abrahamian del Pacific forum center for strategic and international studies, un centro di ricerca di Honolulu. È una cosa su cui la Corea del Nord ha una lunga esperienza. “I leader del Nord sono pazienti, ben informati e maestri nel mettere i loro avversari gli uni contro gli altri”, dice Urquhart. A breve termine, è più probabile che l’obiettivo del governo nordcoreano sia impedire, far rimandare o ridimensionare le esercitazioni militari congiunte di primavera tra Corea del Sud e Stati Uniti, che di solito nella penisola segnano il periodo più teso dell’anno. “Dopo le Olimpiadi Pyongyang cercherà di ritardarle o di farle sospendere”, dice Chung Ku-youn dell’Istituto coreano per la riunificazione nazionale di Seoul. “Sosterrà che aggraverebbero le tensioni nella penisola e che sarebbero dannose per la riapertura del dialogo tra le due Coree”. Ma forse la leggendaria astuzia di Pyongyang è sopravvalutata. “C’è l’idea diffusa che il Nord sia un genio del male e il Sud una democrazia debole e ingenua”, dice Park So-keel della ong Liberty in North Korea (Link), che si occupa dei profughi nordcoreani. “Si tende a sottovalutare il governo e il popolo sudcoreano”. Finora l’alleanza tra Washington e Seoul è rimasta solida. Il 26 gennaio il portavoce del ministero della difesa sudcoreano ha detto che le esercitazioni congiunte si svolgeranno dopo la fine delle Paralimpiadi invernali il 18 marzo. “Moon è abbastanza intelligente da sapere che è rischioso allontanarsi troppo da Washington sulle questioni strategiche”, dice Abrahamian. Anche se alcuni sono convinti che Pyongyang stia cercando di ottenere vantaggi economici da Seoul, o di riaprire progetti di cooperazione economica tra Nord e Sud, gli esperti dubitano che sia così. “Ora la Corea del Nord è fiera di non avere più bisogno di aiuto”, dice Park, osservando che la nascita di un mercato interno ha migliorato l’efficienza economica del paese. “E la Corea del Sud è limitata dalle sanzioni economiche dell’Onu contro Pyongyang”. Nel frattempo Kim sta concentrando la sua propaganda anche su altri obiettivi. “I suoi messaggi sono diretti a pubblici diversi, compreso quello nordcoreano”, dice Pinkston della Troy university. “Anche lui, come il presidente sudcoreano, ha l’obbligo costituzionale di cercare di riunificare il paese”. E aggiunge che l’offensiva olimpica di Kim servirà anche a farsi lasciare in pace dai cinesi – Pechino approva sempre meno il programma nucleare di Pyongyang – e a promuovere un’immagine più positiva della Corea del Nord nel mondo. Ciclo continuo Nonostante il clamore del momento, non è la prima volta che le due Coree si presentano a un evento sportivo con un’unica squadra o sotto la stessa bandiera. Fu così negli anni novanta con le giovanili di calcio e di ping-pong, mentre alle Olimpiadi del 2000 e del 2004 e a quelle invernali del 2006 sfilarono alla cerimonia di apertura insieme. Dato che nessuna di queste iniziative è riuscita a colmare l’enorme divario ideologico e strategico tra i due paesi, non è chiaro fino a che punto i sudcoreani siano disposti a lasciarsi incantare. Dopotutto dieci anni di sunshine policy (la politica del disgelo) messa in atto dai governi progressisti di Seoul dal 1997 al 2008 non hanno
prodotto alcun risultato a lungo termine. “Capita a tutti di avere dei rapporti di amicizia altalenanti, in cui si litiga e ci si riconcilia”, dice Park paragonando le due Coree a una coppia di amici turbolenta. “Non è niente di eccezionale, è un ciclo continuo”. Il governo di Seoul forse tiene più dei suoi cittadini a questo rapporto. “Dai sondaggi è chiaro che la maggior parte dei sud coreani non si lascia prendere in giro, ma resta da vedere quanto è tesa o credulona l’amministrazione Moon”, dice Urquhart. “Invece di sperare ingenuamente di ammansire Kim, Moon dovrebbe tenere a mente che stringere accordi con la Corea del Nord alle sue condizioni costringe sempre chi lo fa, e mai Pyongyang, ad adattarsi”. Il governo Moon, che fino a poco tempo fa si era dimostrato capace di sentire il polso dell’opinione pubblica, potrebbe aver sbagliato strategia per la riconciliazione con il Nord. Da un sondaggio degli ultimi giorni è emerso che il tasso di approvazione verso Moon è sceso per la prima volta sotto il 60 per cento da quando è in carica. Molti hanno criticato la decisione di formare una squadra femminile congiunta di hockey sul ghiaccio, perché così le sudcoreane perderanno la possibilità di vincere una medaglia. E solo il 40 per cento dei sud coreani è favorevole al fatto che gli atleti sfilino sotto un’unica bandiera. Uno dei motivi per cui il governo di Seoul ha accelerato i tempi sulle Olimpiadi è che le sue occasioni sono limitate. “Si promuove troppo la cosa e c’è troppa speranza, sarebbe meglio ridimensionare le aspettative”, dice Park. “Il problema è che Moon ha solo cinque anni, fino alle prossime elezioni, mentre la Corea del Nord e la Cina hanno molto più tempo”. Abrahamian aggiunge: “Penso che sarà un’esperienza illuminante per chi a Pyongyang, e perino nell’amministrazione Moon, pensa che i sudcoreani siano ancora com’erano alla fine degli anni novanta. Credo che ci sia un po’ più di cinismo, e meno interesse per il Nord e per la tragedia del popolo coreano diviso”. O forse no. La settimana scorsa le tv e i giornali sudcoreani erano in subbuglio per l’arrivo della cantante pop Hyon Song-wol, una delle figure di maggior rilievo della Mansundae art troupe di Pyongyang, e anche una colonnella dell’esercito. Al suo corteo di auto è stata accordata una scorta di solito riservata ai capi di stato. E durante i giochi Pyongyang tirerà fuori tutto il suo fascino. A parte un piccolo contingente di 22 atleti, la delegazione nord coreana sembra sia stata scelta per piacere a un pubblico molto diversificato. La squadra delle cheerleader di Pyongyang, definita “l’esercito delle bellezze”, ha già colpito in passato il pubblico maschile del Sud, forse a causa della convinzione diffusa (almeno tra i maschi sudcoreani) che il Sud vanti uomini più belli del Nord ma che le nordcoreane siano più attraenti delle sud coreane. Un’orchestra darà prova della raffinatezza culturale del Nord, e una squadra di taekwondo dimostrerà la forza fisica del suo popolo. Il piano a lungo termine L’offensiva nordcoreana per affascinare il Sud potrebbe continuare, se non altro per indebolire l’alleanza militare tra Seoul e Washington. “Quando la guerra è troppo costosa e non si può avviare un’azione militare unilaterale, si punta su altre cose”, dice Pinkston. “Si ricorre al fascino, al soft power, al confronto ideologico e cose simili per dimostrare la superiorità della propria cultura”. Ma per quanta buona volontà si mostrerà durante le Olimpiadi, probabilmente i risultati non andranno oltre la riunione delle famiglie divise dalla guerra di Corea e la prosecuzione dei colloqui. E nei colloqui, i punti in comune sono pochi: nel primo incontro di alto livello di gennaio, il rappresentante di Pyongyang si è irrigidito quando la delegazione del Sud ha cautamente sollevato la questione della denuclearizzazione. “Stanno avviando il processo con obiettivi contrastanti”, conclude Pinkston. “Non c’è nessuna convergenza”. L’obiettivo finale, che tre generazioni di Kim hanno sempre messo al centro della propaganda, è la riunificazione, alle condizioni del Nord. Questo spiega l’ultimo messaggio di Pyongyang sull’obbligo costituzionale, dice Pink ston. Una domanda che non trova risposta – per la mancanza di informazioni – è se le élite nordcoreane credono davvero alla propaganda sulla riunificazione. Su questo gli studiosi sono divisi. Urquhart sostiene che il progetto di Pyongyang, possibilmente da realizzare tramite una serie di accordi per arrivare a una confederazione e a un’annessione piuttosto che con un’invasione, è rimasto invariato. “Pyongyang non accetterà mai la denuclearizzazione perché ora può fare leva sulle armi atomiche per realizzare i suoi obiettivi a lungo termine”, dice Urquhart. Se alla fine la Corea del Sud si lascerà ingannare o intimidire, Pyongyang studierà con cura le sue mosse per raggirare Seoul e convincerla ad accettare un tipo di “unificazione” che garantisca l’accesso unilaterale del Nord al sistema politico e alla ricchezza del Sud. Abrahamian è scettico: “Penso che i leader di Pyongyang si rendano conto che cercare di annettere Seoul comporterebbe più rischi per il loro sistema che per quello del Sud. Credo che molti politici abbiano capito che per loro sarebbe impossibile mantenere i privilegi di cui godono, e quindi, nonostante la retorica sull’unificazione, non stiano facendo molto per realizzarla”.

Da sapere
Distensione temporanea
Dal 9 al 25 febbraio 2018 a Pyeonchang, in Corea del Sud, si svolgeranno le Olimpiadi invernali. La Corea del Nord manderà una delegazione di 280 persone che include, tra gli altri, il ministro dello sport Kim Il-guk, 229 cheerleader, 26 atleti di taekwondo e 21 giornalisti. Al Sud andranno anche i 140 elementi dell’orchestra Samjiyon, guidata da Hyon Song-wol, leader della girl band Moranbong, e una delegazione di alto livello di 22 persone capeggiata dal presidente del parlamento Kim Yong-nam. Kim, 90 anni, pur ricoprendo una carica simbolica, è il delegato più alto in grado in visita al Sud dal 2014. Incontrerà il presidente sudcoreano Moon Jae-in. Alla cerimonia di apertura parteciperà anche Kim Yo-jong, sorella minore di Kim Jongun e membro del Politburo. u Gli Stati Uniti e la Corea del Sud hanno deciso di rimandare le esercitazioni militari congiunte, che Pyongyang considera una provocazione, a dopo la fine delle Paralimpiadi, il 18 marzo. u Il 2 febbraio la mancata nomina di Victor Cha, contrario all’opzione militare contro Pyongyang, come ambasciatore statunitense a Seoul è stata un segnale preoccupante. Secondo alcune indiscrezioni Washington starebbe pensando a un attacco mirato contro la Corea del Nord dopo il 18 marzo. Un gruppo di senatori democratici statunitensi ha scritto al presidente Donald Trump per avvertire che un eventuale attacco violerebbe la costituzione. “Nel suo primo anno al governo Trump ha capovolto la strategia di Washington sulle armi nucleari”, scrive Time. Mentre i suoi predecessori si erano impegnati a ridurre l’arsenale atomico e a trovare accordi di non proliferazione con altri paesi, per Trump il modo migliore per ridurre i rischi di un attacco è espandere gli arsenali e insistere sulla capacità di distruggere i nemici. Per questo a dicembre ha ordinato al dipartimento della difesa di prepararsi, per la prima volta dal 1992, a condurre un test atomico in Nevada. Inoltre il presidente ha stanziato 1,2 miliardi di dollari per rinnovare l’arsenale nucleare, ha autorizzato lo sviluppo di una nuova testata (non succedeva da 34 anni) e ha deciso di finanziare programmi di ricerca su missili a medio raggio.