venerdì 9 febbraio 2018

il manifesto 9.2.18
Il nuovo muro di Israele aggrava lo scontro con Beirut
Israele/Libano. Tensione sempre più forte per l'avvio da parte di Israele della costruzione di muro lungo tutta la frontiera con il Libano. Beirut: quella barriera viola i nostri diritti territoriali. Resta aperta anche la disputa sul giacimento di gas sottomarino.
di Michele Giorgio


Non hanno convinto il Libano le rassicurazioni sulle intenzioni di Israele fatte dal Segretario di stato aggiunto David Satterfield che nei giorni scorsi ha incontrato le massime cariche del Paese dei Cedri affrontando proprio i contrasti sulla sovranità marittima e territoriale fra Tel Aviv e Beirut. «L’inviato statunitense –ha riferito un funzionario del governo libanese – ha avuto colloqui sulla costruzione del muro da parte di Israele e ha affermato che non vi è ragione di preoccuparsi e non c’è intenzione di una escalation». A Beirut non ne sono convinti, anzi. Pesano come un macigno le parole del ministro della difesa israeliano Lieberman che negli ultimi giorni a più riprese ha lanciato avvertimenti al Libano. Prima ha rivendicato una porzione del giacimento sottomarino di gas libanese, poi ha descritto lo scenario della prossima guerra. «Tutte le opzioni sono aperte e io non sono vincolato a nessuna posizione – ha avvertito, rivolgendosi ai cittadini israeliani – occorre prepararci a un intervento sul terreno…lo faremo con pieno dispiego della forza. Procederemo il più velocemente possibile». Quindi ha pronunciato la minaccia più diretta: «Se in Israele si andrà nei rifugi, allora nella prossima guerra vi andranno anche tutti gli abitanti di Beirut».
In Libano sono convinti che Israele stia preparando un attacco di terra. A inizio settimana il Consiglio superiore della Difesa, presieduto dal capo dello stato Michel Aoun, ha espresso appoggio a «tutte le forze militari affinché possano affrontare tutte le aggressioni militari sulla frontiera marittima e terrestre». Chiaro il riferimento al muro, l’ennesimo in questi anni, che Israele sta costruendo al confine. «Quel muro rappresenta una violazione della sovranità nazionale libanese e della risoluzione dell’Onu 1701 (che mise fine alla guerra del 2006, ndr)», ha scritto il Consiglio in un comunicato, aggiungendo di voler proseguire le iniziative a livello regionale ed internazionale» per impedire a Israele di terminare la barriera parallela alla “linea blu” (la linea di demarcazione tracciata dall’Onu nel giugno 2000) dal Mediterraneo al monte Jabal Sheikh e di «violare la Zona economica esclusiva» del Libano che si estende su circa 860 chilometri quadrati.
Il governo Netanyahu sostiene che la costruzione riguarda solo il versante meridionale della “blue line”, quindi il territorio israeliano, e ha lo scopo di «proteggere i civili» che vivono a ridosso del confine e di impedire che i combattenti del movimento sciita Hezbollah possano lanciare incursioni in Galilea. Aggiunge che un muro vero e proprio, fatto di cemento armato, sorgerà soltanto in alcuni punti, quelli dove si concentrano i centri abitati israeliani. Per Beirut invece il progetto ha lo scopo di preparare un ampio attacco militare. Inoltre, affermano i libanesi, Israele intende far rientrare sul versante meridionale della barriera alcune aree contese che si trovano a Naqura, Alma el-Chaab e Odeisse, facendo ciò che ha già realizzato in Cisgiordania dove ha incluso sul lato occidentale del muro le aree palestinesi di suo interesse.
Ed è sempre più motivo di tensione la questione del giacimento di gas sottomarino sulla quale due giorni fa è intervenuto anche il ministro dell’energia israeliano, Yuval Steinitz. Da un lato Steinitz ha parlato di «soluzione diplomatica» alla disputa e dall’altro ha avvertito che Beirut «non dovrebbe fare alcuna minaccia e, sicuramente, non infiltrarsi nelle nostre acque economiche». Altrimenti, ha aggiunto perentorio, la risposta di Israele «sarà molto severa, rapida e inequivocabile». Non ci sono dubbi, ha concluso, «Israele è la nazione più forte della regione e difenderemo le nostre acque economiche, le nostre piattaforme e i nostri impianti di gas»