Il Fatto 9.2.18
Inchieste, Bibi gioca la carta del perseguitato
Israele. La richiesta di incriminazione sarebbe vicina, Netanyahu se la prende con gli investigatori
di Roberta Zunini
Il
primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e la moglie Sarah questa
volta tremano davvero. La prossima settimana potrebbe arrivare la
notizia che da almeno un anno la coppia tenta di scongiurare facendo
leva sul lungo rapporto di collaborazione e amicizia fra il premier e il
procuratore generale Avichai Mandelblit.
Non appena la stampa ha
diffuso la notizia secondo cui la polizia potrebbe chiedere tra qualche
giorno ai giudici di incriminare ufficialmente per corruzione il primo
ministro, Bibi Netanyahu ha attaccato gli investigatori e il loro capo
Roni Alscheich dicendosi, in un post su Facebook, “scioccato” per le sue
affermazioni che ha definito “ridicole” e che “gettano un’ombra” sulle
indagini stesse. L’opposizione contrattacca, il centrista Yair Lapid ha
detto che le critiche alla polizia da parte di Netanyahu sono “un atto
disperato”; Avi Gabbay (capo dei laburisti) ha affermato che il primo
ministro “agisce come un criminale comune. Invece di chiedere una
inchiesta rapida attacca la polizia minando la fiducia della gente nel
sistema giudiziario”.
Tensione alle stelle e anche per il fedele
Mandelblit, a questo punto, non sarà facile trovare escamotage per
posticipare nuovamente la caduta dal piedistallo di Bibi e della
impopolare first lady, detestata da buona parte degli israeliani anche
di destra, tra i quali molti elettori del Likud (il partito conservatore
di cui Netanyahu è il leader da tempo, ndr) per lo stile di vita
sfarzoso, le angherie nei confronti dei collaboratori domestici e
l’ossessione di apparire accanto al marito nei vertici internazionali.
Il
premier è al centro di tre diverse inchieste: “caso 1000”, “caso 2000” e
“caso 3000”. I poliziotti dell’Unità anticorruzione due giorni fa hanno
tenuto una riunione riservata decisiva con l’ispettore generale, il
generale Rosi Alsheich, che presenterà le sue raccomandazioni ai giudici
sui casi “1000” e “2000”. Nel “caso 1000” il premier è sotto accusa per
aver ricevuto regali per migliaia di shekels dal noto produttore di
Hollywood, l’ israeliano Arnon Milchan. L’uomo, con un passato di agente
segreto, fu aiutato da Netanyahu a ottenere la cittadinanza americana.
Dalle
ricostruzioni degli investigatori sarebbe emerso che Milchan da anni
mandi a casa Netanyahu casse dei più costosi champagne e centinaia di
scatole di sigari pregiatissimi. Il premier si è giustificato sostenendo
che “erano regali fra amici”. A smentire Bibi però è emersa nei giorni
scorsi una testimonianza considerata attendibile: Sarah avrebbe chiesto
continuamente e con insistenza alla segretaria di Milchan di far
consegnare gli omaggi in scatole chiuse ermeticamente per evitare che ne
venisse individuato il contenuto. Il “caso 2000” riguarda il tentativo
di Netanyahu di far cambiare linea editoriale, a proprio favore, al
quotidiano Yediot Ahronot in cambio di una manovra, illegale, al fine di
danneggiare il quotidiano rivale Israel Hayom, diventato il più letto
dagli israeliani. In cauda venenum, ovvero, il veleno sta nella coda: è
“3000” l’indagine che però tiene più sulle spine il premier e i suoi
fidi collaboratori.
Si tratta della vendita di sottomarini
tedeschi Dolphins a Israele dietro pagamento di vere e proprie tangenti.
Nel settembre 2017 la polizia arrestò a questo proposito l’ex capo
dello staff del premier, David Sharan. L’inchiesta però continua a
procedere a rilento nonostante la polizia sia riuscita a convincere
Sharan a diventare collaboratore di giustizia.