giovedì 8 febbraio 2018

il manifesto 8.2.18
Se la voce dell’odio diventa egemone nel Paese
Macerata. In tutta questa vicenda, il ruolo della Lega è centrale. Dopo la svolta «nazionale» di Salvini, esiste di fatto una connivenza oggettiva tra estrema destra nazi-fascista e gli ex-padani
di Alessandro Dal Lago


Giorno dopo giorno, aggressione dopo aggressione, insulto dopo insulto, il discorso razzista sta diventando egemone in questo paese. Il raid di Macerata ha scoperchiato la pentola di un odio per gli stranieri che monta da anni, alimentato dalla propaganda leghista, dalle azioni di Casa Pound e Forza Nuova, dalle strumentalizzazioni di Berlusconi e dall’assenza di qualsiasi azione di governo contro il fascismo. In altri tempi, il sindaco di sinistra o centrosinistra di una città ferita come Macerata avrebbe chiamato i cittadini a mobilitarsi. Oggi, il sindaco Carancini chiede, in nome della «comunità», che si sospenda ogni manifestazione. Ma non è difficile prevedere che a gridare sarà solo la destra razzista.
E così la voce dell’odio è la sola che si sente davvero. Da sempre, nel dopoguerra, il fascismo ha trovato spazio, alimentato non solo da un ribellismo cialtrone, ma anche dalla connivenza di settori dell’apparato dello stato.
Oggi, tuttavia, sembra in grado di condizionare con i suoi messaggi «sociali» ampli strati di un’opinione pubblica disertata dalla cultura civile. Il problema non è soltanto il rispuntare del culto delle «buone opere» di Mussolini – che non manca nemmeno in qualche brillante mente di centrosinistra. È la creazione del disordine in nome della «legalità», la stigmatizzazione violenta delle minoranze a favore delle supposte maggioranze, lo sdoganamento del razzismo biologico e il menefreghismo con cui i «liberali» e i «democratici» accolgono le dichiarazioni razziste dei loro alleati,
Qualsiasi partito di centro o liberale francese, tedesco o inglese (nell’Europa dell’est è tutt’altra storia) non avrebbe sostenuto la candidatura di un Fontana, quello della «razza bianca». In Italia si ridacchia o si minimizza. In un paese civile, Calderoli, che diede dell’orango al ministro Kyenge, sarebbe stato cacciato dal parlamento. In Italia, è stato salvato dai voti dei senatori Pd. Dovunque, il fascista che uccise con un pugno un profugo nigeriano dopo aver urlato «scimmia africana» alla moglie sarebbe in galera. Da noi, ha fatto poco più di un anno di prigione. Dovunque, per farla breve, il raid razzista di Macerata, opera di un leghista, avrebbe profondamente scosso la società. Da noi, o lo si minimizza come gesto di un folle o lo si esalta sui social o sugli striscioni.
In tutta questa vicenda, il ruolo della Lega è centrale. Dopo la svolta «nazionale» di Salvini, esiste di fatto una connivenza oggettiva tra estrema destra nazi-fascista e gli ex-padani. I messaggi xenofobi di Salvini sono identici a quelli di Forza Nuova e Casa Pound. Ma non minore è la responsabilità di Berlusconi e dei suoi portaborse. Invocare l’espulsione di 600.000 stranieri – qualcosa di impossibile e impensabile – significa gettare benzina sull’ostilità dilagante per profughi e migranti. Alla fine, ci sarà sempre qualche miserabile giustiziere che prenderà attivamente le parti della «comunità».
La minimizzazione del raid di Macerata da parte del Pd, a parte qualche voce isolata, sembrerà astutissima a Renzi, che mira a governare con Forza Italia. Ma è un altro piccolo contributo all’avvelenamento dell’aria che si respira in Italia. Questo dovrebbe essere il momento della mobilitazione, dell’espulsione dei fascisti dalla scena politica, non del quietismo e del volemose bene in nome della tranquillità, come chiede il sindaco di Macerata.
Perché, come si vede facilmente girando per i social e come sa Laura Boldrini, altri vigliacchi sono pronti a colpire i deboli per difendere i forti.