il manifesto 7.2.18
Alfano: «Soldati in Niger quando ce lo chiederanno»
L'Iitalia in Africa. Giallo sulla missione: per il governo c’è già una richiesta da parte delle autorità nigerine
di C. L.
ROMA
Ma esiste o no una richiesta ufficiale del Niger al governo italiano
perché invii una missione nel Paese del Sahel? Annunciando alla fine di
dicembre il nuovo intervento militare, il premier Paolo Gentiloni aveva
spiegato come la missione fosse stata «richiesta dal governo locale a
inizio dicembre» 2017. Circostanza che trova conferma – anche se con una
data diversa – nella successiva relazione sulle missioni internazionali
inviata dal governo al parlamento, nella quale si specifica come a dare
sostegno giuridico all’operazione in Niger – approvata a gennaio dal
parlamento – ci sia anche una «richiesta delle Autorità nigerine con
nota 3436/MDN/SG in data 1 novembre 2017». Al di là delle differenza di
date, sembrava assodata la volontà del governo di Niamey di richiedere
l’aiuto italiano per addestrare le forze di sicurezza nigerine.
A
sorpresa, invece, ieri il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha
lasciato intravvedere la possibilità che le cose possano stare in
maniera diversa. Il dispiegamento della missione in Niger – ha spiegato
il titolare della Farnesina al termine della seconda conferenza dei
Paesi di transito che si è svolta a Roma – non può che avvenire «su
richiesta delle autorità nigerine e sulla base di consenso, una volta
che abbiamo l’autorizzazione del governo di Niamey».
Parole che
sembrano aprire uno scenario del tutto nuovo, anche perché non più tardi
di una settimana fa a sollevare dubbi sulla missione era stata
l’emittente pubblica francese Radio France international, Rfi, secondo
la quale il governo nigerino «nega di essere stato informato e di essere
d’accordo» con l’invio di soldati italiani. Affermazioni bollate come
«una patacca montata dai francesi» dalla Farnesina, che invitava a
basarsi su quanto scritto nella relazione inviata dal ministro della
Difesa Roberta Pinotti al parlamento.
Nelle scorse settimane
alcuni esperti del ministero della Difesa si sono recati a Niamey per
mettere a punto con le autorità nigerine i particolari della missione
che prevede, una volta a regime, l’impiego di 470 uomini, 130 mezzi
terrestri e due aerei. Circostanza che fa pensare a una disponibilità
del governo di Niamey.
Tra le difficoltà che i soldati italiani
dovranno far fronte, bisogna tener conto anche di un clima tutt’altro
che favorevole alla presenza delle numerose forze militari straniere nel
Paese africano (francesi, americani, tedeschi). Domenica a Niamey si è
tenuta una manifestazione indetta dal Front del l’opposition indépendant
(Foi), una formazione nata solo due mesi fa, per chiedere la chiusura
della basi militari straniere. La missione italiana, ha detto ieri la
presidente del Foi, Mariama Gamatiè, «non è stata discussa dal
parlamento (del Niger, ndr), né tanto meno approvata».
La
conferenza sui Paesi di transito è stata l’occasione per fare il punto
dell’intervento europeo in Africa. Presenti rappresentanti di Niger,
Libia, Ciad, Algeria, Egitto, Etiopia, Sudan e Tunisia insieme ai
colleghi europei di Francia, Germania, Spagna e Malta. Alfano ha
ricordato la diminuzione dei flussi di migranti in uscita dal Niger,
passati dai 330 mila del 2016 a poco più di 60 mila nel 2017, mentre
quelli verso la Libia sono scesi dai 291 mila del 2016 ai 35 mila del
2017.«Il calo complessi vo dei passaggi nel Mediterraneo è del 34% e
questi dati da soli rendono l’idea di quanto è stato fatto in questi
mesi», ha concluso il ministro. Infine è stato annunciato un
finanziamento al Niger di altri 80 milioni di euro per il biennio
2018-2019 «da destinare a progetti di sviluppo economico e sociale».