venerdì 2 febbraio 2018

il manifesto 2.2.18
Poroshenko contro Varsavia ma i «banderisti» sono i suoi «vigilantes»
Ucraina. Il nuovo «Corpo Nazionale» di Kiev è composto da ex-membri del battaglione neofascista Azov
di Yurii Colombo


MOSCA Ieri il senato polacco ha approvato in via definitiva la «Legge anti-Bandera» come l’ha rinominata la stampa; il provvedimento prevede condanne fino a tre anni di reclusione per chi nega le stragi in Polonia dell’esercito nazionale ucraino diretto da Stepan Bandera durante l’ultimo conflitto mondiale.
STEPAN BANDERA e il suo esercito insurrezionale ucraino collaborarono con i nazisti e nei territori polacchi da loro controllati, si macchiarono di eccidi e pulizie etniche che portarono alla morte di oltre 10mila persone. Dopo l’ascesa di Petr Poroshenko al potere in Ucraina si è assistito a un recupero del leader fascista a cui sono state dedicate strade nelle città del paese. Il 14 ottobre, data di fondazione del suo esercito, è diventata festa nazionale.
A POCHE ORE DI DISTANZA il presidente ucraino ha reagito alla decisione polacca con una dichiarazione in cui afferma di essere «profondamente preoccupato per la decisione del parlamento polacco». Ma avendo fatto richiesta di adesione all’Ue, Poroshenko ha invitato la Polonia «a ricordare la nostra vittoria comune (nella Seconda Guerra Mondiale ndr) e la lotta contro i regimi totalitari»; ha poi aggiunto – a scanso di equivoci sulle sue reali intenzioni – che la “verità storica esige un dialogo e un confronto aperti. E le valutazioni contenute nella decisione polacca sono assolutamente non obiettive e categoricamente inaccettabili». Un «dialogo e un confronto aperti« di cui si vedono ben poche tracce proprio nel suo paese.
Che Poroshenko non voglia fare marcia indietro sul recupero del nazionalismo fascista al fine di costruire i «miti fondatori» della nuova Ucraina militarista è stato dimostrato dal fatto che il 28 gennaio, dopo aver marciato inquadrati militarmente per le vie del centro di Kiev a volto coperto, 600 giovani membri del partito di estrema destra del «Corpo nazionale» hanno prestato in Piazza Maidan «giuramento di lealtà agli ucraini».
QUESTI «VIGILANTES» sono stati inseriti ufficialmente dal ministero degli interni tra i reparti della polizia ucraina per intervenire «dove le autorità non possono o non vogliono arrivare» ha dichiarato a Radio Hromadske il loro leader Roman Chernyshov. Il corpo opererebbe per «mantenere l’ordine pubblico» nelle città e ha come motto «Non abbiamo paura di usare la forza per imporre l’ordine ucraino per le strade!»
Queste formazioni sono già attive da mesi in alcune città ucraine come Odessa. Zaparoze e Cernigov. Il nuovo «Corpo nazionale» è composto principalmente da ex-membri del battaglione Azov, una struttura militare neofascista che si richiama alle gesta proprio di Stepan Bandera e si è già distinto nel teatro di guerra del Donbass per efferatezza e violenze contro la popolazione civile. In un rapporto pubblicato dall’Alto Commissariato delle nazioni unite per i diritti umani si afferma che il battaglione «commette regolarmente crimini di guerra: saccheggio, pestaggio di civili, tortura, violenza sessuale».
«LA CONNIVENZA tra strutture dello Stato e formazioni di estrema destra non avrebbe potuto essere dimostrata più evidentemente» sostiene Volodomyr Ishchenko professore di Sociologia di Kiev, che da anni studia l’evoluzione dei gruppi neofascisti nel paese. «Esiste un’emergenza democratica in Ucraina su cui l’Europa non può continuare a tenere gli occhi chiusi».
Il video dell’«evento» del 28 gennaio postato sui social-media è diventato subito virale, creando più di una preoccupazione. Le organizzazioni democratiche e dei diritti umani ucraine hanno sollecitato il ministro degli interni Ivan Varchenko a chiarire il ruolo di questo gruppo, visto che «la legislazione non consente a organizzazioni civiche di tutelare l’ordine pubblico». Una risposta dal diretto interessato, però, non è ancora arrivata.