il manifesto 2.2.18
Lorde non suonerà a Tel Aviv, tre ragazze fanno causa
Musica.
Sotto accusa Justine Sachs e Nadia Abu-Shanab, due attiviste contro
l'occupazione della Palestina che avevano scritto un appello alla
cantautrice perché non si esibisse in Israele
di Giovanna Branca
L’accusa
è di aver arrecato un «danno morale». Le accusate due attiviste
neozelandesi contro l’occupazione della Palestina, ree di aver scritto
una lettera aperta alla cantautrice Lorde per chiederle di cancellare le
tappe del suo tour in Israele. Tutto è cominciato lo scorso dicembre,
quando Justine Sachs – membro di un gruppo ebraico neozelandese contro
l’occupazione – e Nadia Abu-Shanab – di origini palestinesi – hanno
firmato un appello chiedendo alla cantante di riconsiderare la sua
decisione di esibirsi in Israele: «Le settimane che hanno preceduto il
tuo annuncio – scrivono a proposito delle date del tour – sono state un
momento difficile per i palestinesi. In particolare dopo la decisione
dell’amministrazione Trump di spostare l’ambasciata statunitense da Tel
Aviv a Gerusalemme».
Le due attiviste citano anche l’ingiusta
incarcerazione della sedicenne Ahed Tamimi, e aggiungono: «In questo
contesto, una performance in Israele manda il messaggio sbagliato. Un
concerto a Tel Aviv verrebbe visto come un endorsement alle politiche
del governo israeliano».
All’appello, Lorde aveva risposto su
twitter ringraziando le due attiviste e dicendo che avrebbe considerato
le loro parole. Una settimana dopo, le date israeliane del tour sono
state cancellate. È di ieri invece la notizia che tre teenager
israeliane fan della popstar – rappresentate da uno studio legale del
Paese – hanno intentato a Sachs e Abu-Shanab una causa per danni per
l’equivalente di circa 10.000 euro.
Probabilmente si tratta del
primo procedimento legale in cui si ricorre a una legge del 2011 che
consente proprio di intentare delle cause civili a chi chiede il
boicottaggio di Israele. Come osservato dalla stessa avvocata delle tre
ragazze, Nitsana Darshan-Leitner, è certamente la prima volta in cui si
istituisce un nesso causale tra l’appello al boicottaggio e il «danno».
«Queste ragazze sono idealiste – ha detto – entreranno nell’esercito
l’anno prossimo, e si sentono disonorate e ferite dalle accuse rivolte
dalle attiviste neozelandesi a Israele. Vogliono che si sappia che chi
boicotta Israele o ne chiede il boicottaggio sarà considerato
responsabile e dovrà pagare».
In un comunicato, Sachs e Abu-Shanab
hanno accusato il governo israeliano di voler mettere a tacere le voci
critiche. «Invece che impaurirci, queste tecniche intimidatorie ci
rendono più forti».