venerdì 2 febbraio 2018

il manifesto 2.2.18
Boom di spese militari con i governi a guida Renzi
C'eravamo tanto armati. Non solo F35, cresce l’acquisto di armi nel dossier 2018 presentato da Ican-Rete Disarmo
di Rachele Gonnelli


C’è una base militare italiana di cui si erano perse le tracce a Gibuti, tra l’altro ancora intilolata a un «eroe» del Ventennio fascista, il tenente Amedeo Guillet, più noto come comandante Diavolo. E c’è una foto, carpita dal web – una sorta di selfie collettivo di un intero stormo di piloti in divisa grigia, sull’attenti davanti a una bomba B61 con punta rossa – che è la prima prova dell’esistenza di testate nucleari in una base Nato su territorio italiano.
POI C’È LA SCOPERTA di un «tesoretto armato», un fondo investimenti voluto dal governo Renzi per finanziare l’acquisto di droni militari della Piaggio per la bellezza di 13 miliardi di euro, soldi nascosti nella legge di bilancio 2016 votata a scatola chiusa dai parlamentari. Nessuno pare se ne sia accorto. Queste e altre «perle» si leggono nel rapporto MilEx 2018 che squarcia il velo di opacità, per non dire di depistaggi e occultamenti volontari, sulle enormi spese militari sostenute dall’Italia, naturalmente a detrimento di altre priorità, dal welfare, alla sanità.
Il rapporto è stato presentato ieri alla Camera dall’Osservatorio permanente creato da Rete Disarmo , partner italiano di Ican, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari che quest’anno ha vinto il Nobel per la pace dopo la vittoria dei 120 paesi che hanno firmato a luglio l’accordo per un trattato di messa al bando degli ordigni atomici. Anche se l’Italia non l’ha fatto e questo è ora l’obiettivo di Rete Disarmo, facendo lobbing con tutte le forze politiche in campagna elettorale.
A Montecitorio ieri ha partecipato alla presentazione del dossier italiano anche il coordinatore della campagna Ican, lo svedese Daniel Högsta. E un altro riconoscimento molto prestigioso del lavoro dei ricercatori italiani, annunciato dal coordinatore Francesco Vignarca, è l’avvio di una collaborazione stretta con lo Stockholm International Peace Research Institute, il più importante istituto di ricerca sulle spese militaria che monitora oltre 150 paesi nel mondo.
COSA DICE MILEX 2018? Dice che le spese militari in Italia sono in crescita del 4% soltanto nell’ultimo anno. Ricostruendo i vari capitoli di bilancio nascosti qua e là totalizzano 25 miliardi di euro, pari all’1,4 % del Pil. Una tendenza forte al rialzo – si legge – «avviata dal governo Renzi che riprende la dinamica di incremento delle ultime tre legislature» (+25,8% dal 2006, primo anno di accesso ai dati, per quanto complicato) dopo una «botta di arresto» nel 2008 per effetto della crisi e della spending review.
LA SPESA DELLA DIFESA è sempre al 60% impiegata per il mantenimento di un esercito ipertrofico e di «tutti ufficiali», tipo i Ragazzi della Via Paal, ovvero dove i graduati, super stipendiati e con pensioni d’oro, sono in numero superiore alla «truppa» dei soldati semplici. Ma è nei conti del ministero dello Sviluppo economico che si trovano le sorprese più grosse. È il Mise infatti che finanzia la crescita del budget per armamenti: carri armati, elicotteri militari, la nuova portaerei Thaon di Revel che la Fincantieri di Trieste dovrebbe sfornare nel 2022, e poi droni, caccia, 700 nuovi modelli di blindati Lince (che senz’altro piaceranno ancor di più a Ignazio Larussa) .
VIGNARCA SPIEGA che tra l’altro il Mise utilizza per finanziare queste spese la stragrande maggioranza dei fondi destinati agli incentivi per aumentare la competitività delle imprese, «di fatto sottraendoli ad altre produzioni in grado di creare più posti di lavoro e un fatturato più alto», oltre che una utilità sociale un po’ migliore. Fondi agevolati incanalati in un unico comparto produttivo, quello bellico, che – spiega – funzionano così: è lo Stato committente ad accendere mutui per pagare a stretto giro le commesse destinate a trovare poi canali per l’esportazione. Così, solo di interessi lo Stato paga 427 milioni di interessi l’anno, alle banche, naturalmente. «Tanto quanto per l’assistenza ai disabili».
INFINE IL CAPITOLO F35, i nuovi caccia a tecnologia Usa che dovrebbero subentrare ai Tornado come aerei d’attacco con capacità nucleare in barba all’articolo 11 della Costituzione. Il costo totale del programma, che il Parlamento avrebbe voluto dimezzare (ma che nessuna forza politica si è ricordata di ribadire nel programma elettorale depositato al Viminale ndr), è 14 miliardi. Ma dei 10 già acquistati gli 8 considerati «operativi» hanno ancora problemi tecnici. «Recentemente – spiega Vignarca- abbiamo avuto la conferma della giustezza delle nostre stime: durante lo shutdown la Casa Bianca ha dichiarato che ogni F35 costa 150 milioni di dollari, al netto di gestione e mantenimento.