mercoledì 28 febbraio 2018

il manifesto 28.2.18
Lo sciopero dei Patriarchi
Gerusalemme. Netanyahu e il sindaco di Gerusalemme Barkat costretti a fare marcia indietro di fronte alle proteste dei leader religiosi cristiani contro l'imposizione delle tasse sulle proprietà delle Chiese nella città santa
Oggi riapre il Santo Sepolcro chiuso nei giorni scorsi in segno di protesta.
di Michele Giorgio

GERUSALEMME La notizia della retromarcia del governo di Benyamin Netanyahu e del sindaco israeliano di Gerusalemme, Nir Barkat, decisi ad imporre tasse sulle proprietà delle Chiese, è giunta ieri intorno alle 17 mentre Abuna Simon stava recitando assieme a centinaia di fedeli le preghiere davanti al pesante e antico portone di legno del Santo Sepolcro. «Abbiamo vinto» ha urlato in arabo una palestinese cristiana di mezza età facendosi il segno della croce. «Gli israeliani hanno ceduto, sapevamo che non avrebbero potuto commettere questo crimine», ha aggiunto un altro fedele. Ha festeggiato anche la musulmana Miral, con l’hijab, rimasta tutto il giorno seduta davanti all’ingresso del Santo Sepolcro stringendo tra le mani una copia del Vangelo e una del Corano. «Sono felice per i nostri fratelli cristiani», ha detto «quando musulmani e cristiani sono uniti possono difendersi e vincere». Se lo scorso luglio il governo Netanyahu fu costretto, dopo un lungo braccio di ferro, a cedere alla pressione di decine di migliaia di palestinesi musulmani che per giorni avevano occupato le strade di Gerusalemme chiedendo la revoca delle misure di controllo israeliane sulla Spianata delle Moschee, il passo indietro di ieri è considerato nel quartiere cristiano della città vecchia di Gerusalemme una «vittoria per i palestinesi cristiani». L’analista Wadie Abu Nassar, in passato portavoce del Patriarcato Latino in Terra Santa, ci dice che «è più giusto parlare di vittoria della giustizia che evita un’altra crisi nella città, in aggiunta a quella causata dal riconoscimento fatto da Donald Trump di Gerusalemme come capitale d’Israele».
Le autorità israeliane provano a chiudere il conflitto con le Chiese cristiane che rischiava di provocare gravi tensioni e incidere sul turismo religioso ad un mese dalla Pasqua. A spaventare Netanyahu e Barkat è stata la decisione di chiudere il Santo Sepolcro annunciata domenica dalle Chiese cattolica, greco ortodossa e armena. Una misura senza precedenti. Un documento congiunto diffuso nei giorni scorsi dal Custode della Terrasanta Francesco Patton, il Patriarca greco ortodosso Teofilo III e il Patriarca armeno Nourhan Manougian, denuncia la «flagrante violazione dello status quo» religioso di Gerusalemm, la «rottura degli accordi esistenti e gli obblighi internazionali» e la «campagna sistematica di abusi contro le Chiese e i Cristiani». Per tanti palestinesi cristiani il passo delle autorità israeliane di far riemergere, in questo momento, la questione delle tasse non sarebbe altro che una «rappresaglia» per la condanna della dichiarazione di Trump giunta dalle Chiese più importanti.
Ora Israele cercherà una soluzione, ha annunciato l’ufficio del primo ministro, aggiungendo che il comune di Gerusalemme ha sospeso la richiesta delle tasse e che è congelata la proposta di legge in discussione alla Knesset sulle proprietà delle Chiese. Il negoziato è affidato ad una commissione presieduta dal ministro Tzachi Hanegbi di cui fanno parte rappresentanti dei ministeri delle finanze, degli esteri, dell’interno e del comune di Gerusalemme che parla di tasse “arretrate” e debiti per circa 150 milioni di euro. In questi ultimi tempi il comune ha anche intensificato avvisi e ordini di sequestro delle proprietà delle Chiese e di conti bancari. La legge congelata (per ora) invece autorizza il governo ad espropriare terreni di Gerusalemme venduti dalle chiese a società immobiliari a partire dal 2010, quindi in modo retroattivo su contratti finalizzati anni prima. «Tutto questo», ha commentato il Patriarca greco ortodosso Teofilo III «ci riporta alla mente leggi di simile natura che furono emesse contro gli ebrei durante periodi oscuri in Europa».
Qualcuno ha paragonato il contenzioso tra Israele e cristiani a quello tra Italia e la Santa Sede sulle proprietà immobiliari e commerciali oltre il territorio vaticano. E ha sottolineato che il sindaco di Gerusalemme non vuole tassare i luoghi di culto ma le attività commerciali legate alle istituzioni religiose cristiane. Il paragone è improponibile. Gerusalemme non è Roma. Gerusalemme ha uno status di città internazionale per le Nazioni Unite, non è la capitale d’Israele ha ribadito la recente risoluzione approvata dall’Assemblea Generale dell’Onu dopo la dichiarazione fatta da Trump. Status che ha ribadito ieri da Amman l’Alta rappresentante della politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini: «Gerusalemme è una città santa per le tre religioni monoteiste e questo status speciale e il carattere della città devono essere preservati e rispettati da tutti».
«Dopo il comunicato del governo israeliano dobbiamo concordare una risposta comune con le altre Chiese, che arriverà nelle prossime ore», ha annunciato ieri sera padre Francesco Patton, Custode francescano di Terra Santa, commentando la decisione del governo Netanyahu. Patton ha previsto la riapertura del Santo Sepolcro, particolarmente affollato nel periodo quaresimale, con ogni probabilità già da oggi. In questi giorni fedeli e pellegrini giunti da tutto il mondo non potendo accedere al Sepolcro hanno pregato appoggiati al portone o ai battenti della chiesa. Su un muro del luogo santo, un manifesto ha invocato la fine «della persecuzione delle Chiese». Patton si è detto «dispiaciuto per il disagio causato ai pellegrini» ma, ha spiegato, «la nostra azione è stata una extrema ratio».
L’analista Wadie Abu Nassar da parte sua invita i palestinesi cristiani e le Chiese a non farsi illusioni. «C’è la Pasqua e questa crisi avrebbe avuto forte un impatto sul turismo, uno dei pilastri dell’economia (israeliana). Governo e comune di Gerusalemme ci riproveranno».