Il Fatto 28.2.18
Giornali liberi. La “fu” Unità e il Fatto uniti dal senso di comunità con i lettori
di Daniela Serroni
Oggi
guardando The Post ho spesso pensato a voi. Mi sono commossa per un
film che nessuno definirebbe strappalacrime; sarà stata l’età, o sarà
stata la sensazione di come certi valori che ritenevo universali si
vadano pian piano spegnendo. Nell’estate 2002 per non voler acquistare
lo stesso quotidiano che mi obbligava a comprarci anche qualcos’altro,
presi l’Unità che avevo abbandonato per protesta da più di dieci anni,
da quando cioè decisero di togliere “Organo del Partito Comunista
Italiano” dalla testata.
Oggi non mi interesserebbe più un
quotidiano che si definisca “organo di partito”, eppure a pensarci bene
forse in quel contesto era proprio quella l’affermazione meno ipocrita
possibile.
Mi piacque così tanto quell’Unità di Furio Colombo,
così aperta a tutte le sfumature della sinistra e così genuina, che per
la prima volta in vita mia ci feci l’abbonamento.
Ero orgogliosa
di leggere L’Unità e di mostrarla bella spalancata mentre la leggevo. Un
amore consolidato con la direzione di Padellaro e che vedevo
ricambiato.
Un giornale ricambia l’amore e la fedeltà dei propri
lettori offrendo loro le notizie senza censure. Così quando il cambio di
proprietà spinse i miei giornalisti preferiti a fondare Il Fatto
Quotidiano li ho seguiti e li ho visti crescere. Il meglio di
quell’Unità ho continuato a trovarlo sul Fatto Quotidiano. Condivido al
cento percento la linea politica del Fatto, che è la Costituzione. E mi
piace continuare a trovare sul Fatto anche altri punti di vista che mi
aiutano a riflettere. Avevo già letto su questo giornale, e apprezzato,
il commento di Padellaro sul film di Spielberg. Soprattutto trovo
deprimente considerare che mentre il Post rivendicava il proprio diritto
di fronte al governo degli Stati Uniti, oggi in Italia paradossalmente
abbiamo giornalisti pronti a rinunciare, più o meno liberamente, alla
libertà di stampa.
Daniela Serroni
Cara signora
Serroni,la sua lettera è davvero un colpo basso, perché chi le risponde
ha iniziato a lavorare a L’Unità, quando ancora era “organo del Pci”.
Sì, eravamo, e dichiaratamente, un giornale che era parte di una
comunità. “C’è il compagno de l’Unità”, sentivi dire quando arrivavi
davanti a una fabbrica in crisi, o in un paese del Sud dove si lottava
(senza Facebook, social e tv) contro un boss di mafia o di camorra. Le
assicuro che è stata una esperienza di vita enorme. Colombo e Padellaro,
con la loro direzione, puntarono proprio su questo aspetto del giornale
comunità. Un solo ricordo: la grande manifestazione di San Giovanni
contro il governo Berlusconi e il giornale agitato da migliaia di
persone come una bandiera. La prima inchiesta contro il sistema De Luca
(Crozza non c’era ancora) la pubblicò Padellaro. Quel giornale non
piaceva ai “realisti” (ricordo alcune deprimenti riunioni con Fassino) e
venne combattuto in tutti i modi dai dirigenti del Pds e soprattutto
dei Ds. Lo stesso spirito ho ritrovato al Fatto, la stessa connessione
con i lettori. Non ho parlato del film e lo spazio è finito, però
abbiamo parlato tanto di giornali e di libertà.
Enrico Fierro