il manifesto 27.2.18
Afrin smentisce Erdogan: «Stiamo fermando i turchi»
Siria.
Reportage dal cantone curdo-siriano, sotto attacco dal 20 gennaio
scorso. Raid su ospedali, case, convogli e forni per il pane. L’embargo
impedisce il rifornimento di medicinali. Ma la popolazione si mobilita
di Jacopo Bindi
AFRIN
(SIRIA) La resistenza di Afrin contro l’invasione turca e jihadista
dura da trentasei giorni. Contraddicendo le iniziali dichiarazioni di
veloce e sicura vittoria, il presidente turco Erdogan ha ammesso che non
è possibile dire quando l’operazione «Ramo d’ulivo» si concluderà.
Le
televisioni vicine alla resistenza ripercorrono le dichiarazioni
strillate dalla stampa turca sulla rapidità con cui Afrin sarebbe
caduta: «tre ore», «tre giorni», «una settimana», «non lo sappiamo».
UNA
FONTE DI IRONIA al fronte, nelle strade e le case del cantone, luoghi
di una resistenza popolare che, di fatto, è già vittoriosa. Le
mobilitazioni popolari sono senza sosta ed è idea comune che la Turchia
stia cercando di spaventare la popolazione per farle abbandonare la
battaglia.
Proprio il popolo di Afrin, sfidando i bombardamenti
con le manifestazioni e rimanendo a vivere nei propri villaggi, sta
mettendo in difficoltà la strategia militare dell’esercito turco basata
sulla supremazia tecnologica.
Il 13 febbraio le donne di Afrin
hanno manifestato in migliaia contro l’aggressione turca, islamista e
salafita. Durante il concentramento delle manifestanti, a poche
centinaia di metri, i mortai dell’esercito turco hanno colpito la strada
adiacente l’ospedale: due morti e tre feriti, tutti civili. Il 15
febbraio, anniversario dell’arresto del leader del Pkk Abdullah Öcalan,
migliaia di persone hanno marciato a Cindirese, a pochi chilometri dal
fronte e particolarmente colpita dai bombardamenti.
ARIN, GIOVANE
di Cindirese e calciatrice nella squadra di Afrin, indica la caviglia
fasciata: «Mi sono ferita quando hanno bombardato la mia casa. Ora è
distrutta. Loro sono mie vicine, anche casa loro è stata colpita», dice
indicando due ragazze che erano con lei.
Durante la manifestazione
l’esercito turco bombardava i villaggi a poca distanza e alcune granate
di mortaio sono arrivate sul centro città. Il 19 febbraio il popolo di
Afrin ha accolto una carovana di 700 persone proveniente da Aleppo. Di
nuovo i colpi dell’artiglieria turca hanno raggiunto la città a breve
distanza dai manifestanti.
NELLA NOTTE tra il 22 e il 23 febbraio
un convoglio civile proveniente dal cantone di Cizire e dalla regione
dell’Eufrate è stato colpito dai bombardamenti turchi lungo la strada.
Una
persona è morta e 14 sono state ferite. Ararat, mediattivista di
Qamishlo, racconta di essersi trovato in uno dei mezzi rimasti bloccati
in un villaggio: «Hanno colpito la prima macchina. Allora ci siamo
fermati e siamo andati vicino a un muro per proteggerci. Una granata è
arrivata a pochi metri da me. Mi sono buttato a terra, ho sentito l’onda
d’urto e le schegge hanno perforato i muri delle case».
Heife,
arrivata da Shingal, si trovava in un altro tratto del convoglio: «Noi,
invece, abbiamo dovuto correre tra gli uliveti per raggiungere un posto
sicuro nel villaggio successivo. C’erano esplosioni tutto intorno a noi,
ci dovevamo buttare a terra per non essere colpiti». Mentre parla i
suoi occhi diventavano lucidi. Non è stato un caso. L’esercito turco si è
dovuto giustificare dicendo che si trattava di un convoglio militare,
una versione contraddetta dai fatti, documentati dalle immagini delle
vetture civili distrutte pubblicate il giorno successivo.
IL
NUMERO DI VITTIME civili aumenta ogni giorno e i bombardamenti turchi
stanno colpendo strutture civili: scuole, forni del pane, siti
archeologici e stazioni di pompaggio dell’acqua. Come la diga di
Medanki, l’impianto di purificazione di Metina e la stazione di
pompaggio di Cindirese, lasciando senz’acqua 5mila famiglie. La
situazione è resa ancora più drammatica dalla carenza di medicinali e
forniture mediche dovuta all’embargo in cui il cantone di Afrin è
costretto ormai da lungo tempo.
Il 16 febbraio l’esercito turco ha
usato armi non convenzionali sul villaggio di Aranda, nella regione di
Syve. Almeno sei civili risultano intossicati. Il direttore
dell’ospedale di Afrin, Xelil Sabri, durante una conferenza stampa ha
dichiarato che i risultati delle analisi confermano che quello
utilizzato fosse gas di cloro.
EPPURE LA COMUNITÀ internazionale è
rimasta silenziosa. Zhara, curda di religione cristiana, commenta:
«Questo dimostra che Erdogan è una persona senza umanità , ma non è la
prima volta che questo tipo di armi viene usato contro i curdi». Siar,
di Afrin, si chiede: «Perché il papa ha incontrato Erdogan e gli ha
regalato una medaglia che simboleggia la pace? Le azioni di Erdogan sono
contro i principi cristiani. Ho l’impressione che il papa non abbia
agito da guida spirituale, ma da politico».
Nel frattempo è stato
annunciato l’accordo militare tra Ypg e regime di Damasco per difendere i
confini del cantone, nel quale sono arrivati un centinaio di uomini di
una milizia popolare legata all’esercito siriano. Il potere politico
rimane in mano alle istituzioni del cantone, spiega Zilan, del movimento
delle donne: «Il regime vuole che cediamo il controllo del cantone, ma
per noi è fuori discussione».
Il 22 febbraio nella piazza centrale
di Afrin si sono raccolte un migliaio di persone che osservavano
incuriosite gli uomini della milizia del regime scandire lo slogan «Uno,
uno, uno, il popolo della Siria è uno!» da due pick-up e un centinaio
di persone che reggevano bandiere dello Stato siriano e cartelli con le
foto di Assad mentre ascoltavano un comizio in arabo.
Hamer, del
movimento dei giovani, spiega: «Hanno chiesto di poter fare questo
comizio per dire che ora la guerra è dello Stato siriano contro quello
turco. Però poi non stanno in città ma al fronte».
DOPO QUESTO
EVENTO nessuna forza del regime è visibile nelle città e nemmeno le
bandiere dello Stato siriano; in questa fase quello che interessa alla
popolazione è fermare i bombardamenti aerei. Al momento questo accordo
sembra più che altro simbolico, tant’è che fino alla stesura di questo
articolo gli aerei da guerra turchi colpivano incessantemente il cantone
di Afrin.