il manifesto 27.2.18
La Brexit “dolce” di Corbyn
Gran
Bretagna-Ue. Il leader laburista propone che Londra resti nell'Unione
doganale, ma limita la partecipazione al mercato unico alla libera
circolazione dei beni. Il governo May in difficoltà. Nicola Sturgeon
(Scozia): "Corbyn è come May, vuole la botte piena e la moglie ubriaca"
di Anna Maria Merlo
Siamo
quasi a marzo e tra un anno, a fine mese (il 29), la Gran Bretagna
dovrà essere fuori dalla Ue, salvo poi accedere a un periodo di
transizione di meno di due anni (fine 2020). Ma venti mesi dopo il
referendum che ha approvato la Brexit, la situazione resta altamente
confusa.
Ieri, è sceso in campo il leader laburista, Jeremy
Corbyn, più con l’intenzione di nuocere ai Tories in piena tormenta che
per delineare una soluzione che possa essere accettata da Bruxelles. Era
da un anno che Corbyn non faceva un discorso sulla Brexit e che
sfuggiva a una presa di posizione. Ieri, a Coventry, per far uscire la
Gran Bretagna dal “buio” in cui la tiene il governo May, ha proposto a
Bruxelles una “nuova unione doganale”, con l’obiettivo di “garantire
l’assenza di diritti doganali con l’Europa e evitare la necessità di una
frontiera rigida con l’Irlanda del Nord”, uno dei grossi nodi della
questione (una frontiera “dura” metterebbe in crisi gli accordi di pace
del ’98).
Corbyn vuole un’unione doganale fatta su misura per la
Gran Bretagna, sul modello degli accordi che la Ue ha con Svizzera,
Norvegia e Turchia. L’Unione doganale implica eguali tariffe doganali
con il resto del mondo. Ma Corbyn vorrebbe, al tempo stesso, poter
lasciare alla Gran Bretagna mano libera per concludere accordi con paesi
terzi, cosa che Bruxelles rifiuta categoricamente.
Malgrado un
appello di un’ottantina di laburisti per restare nel mercato unico, il
leader laburista su questo altro pilastro della costruzione europea
accetta soltanto la libera circolazione dei beni: una misura di buon
senso, che ha esemplificato con la storia della Mini, l’auto costruita a
Oxford dalla Bmw, che secondo Corbyn fa tre andate e ritorno dalla
Manica prima di essere ultimata, perché le catene di costruzione sono
complesse (il 44% dell’export britannico e il 50% dell’import sono con
la Ue). Corbyn non vuole che l’economia britannica ci rimetta dalla
Brexit, ma al tempo stesso non intende andare contro il voto e
riammettere tutti gli aspetti del mercato unico: le “4 libertà” di
circolazione, oltre ai beni, anche persone, servizi e capitali (difatti,
gli industriali hanno accolto con favore la posizione di Corbyn, che
irrita invece la City).
“La libertà di movimento si fermerà”, ha
aggiunto, senza pero’ chiarire sul nodo della libera circolazione dei
cittadini Ue. Vuole negoziare “protezioni, chiarificazioni e esenzioni
là dove sono necessarie”. Corbyn vuole un accordo su misura, perché
rifiuta che la Gran Bretagna debba sottostare a tutte le regole della Ue
(l’esempio negativo è la vicenda della Royal Bank of Scotland, dieci
anni fa, che venne salvata ma obbligata a disfarsi di parte
dell’attività), se andrà al potere vuole avere le mani libere (sulle
rinazionalizzazioni di certi servizi, per esempio). Ha ribadito che
Londra dovrà poter intervenire nelle decisioni Ue che riguardano unione
doganale e libera circolazione dei beni, cosa che non è concessa a
Svizzera, Norvegia o Turchia. Ha promesso, come i Brexiters, di
utilizzare per migliorare i servizi pubblici i “dividendi della Brexit”,
cioè i soldi risparmiati uscendo dalla Ue (ma Londra dovrà continuare a
pagare anche nel periodo di transizione), dimenticando di dire che
Norvegia e Svizzera versano contributi alla Ue pur non partecipando alle
decisioni che poi devono rispettare.
Nicola Sturgeon, primo
ministro della Scozia, ha commentato: “il discorso di Corbyn è simile a
quello di Theresa May”. In difficoltà David Davis, segretario di stato
alla Brexit, che ha liquidato, sprezzante: “vende snake oil” (un
ciarlatano). Ma potrebbe riuscire la manovra di far cadere il governo
May, se dei deputati Tory uniranno i loro voti a quelli del Labour su un
emendamento alla legge, in discussione, sulla riorganizzazione delle
dogane per il dopo-Brexit.