il manifesto 24.2.18
Camusso: «L’Italia acquisisca gli anticorpi contro il fascismo»
La
manifestazione di Roma. La segretaria Cgil: sciogliere i gruppi
razzisti, ma una risposta si dà anche con politiche sociali che
contrastino il disagio. È sbagliato mettere sullo stesso piano i cortei
fascisti e quelli antifascisti: ma il movimento di reazione democratica
deve essere pacifico. I Cinquestelle assenti? Sbagliato avere ambiguità
su questi temi
di Antonio Sciotto
«Gli episodi
di fascismo e di razzismo che stanno accadendo in diverse parti
d’Italia, a partire dai fatti di Macerata, ci dicono che abbiamo bisogno
di costruire un grande movimento antifascista. Le organizzazioni
fasciste devono essere sciolte, ma nello stesso tempo la politica deve
costruire un quadro di diritti e di garanzie sociali ed economiche per
tutti i cittadini. È questo il miglior argine contro alcune forze
politiche che tentano di guadagnare consenso scaricando il disagio sui
migranti, in una guerra tra poveri che alimenta scontri e violenze». La
segretaria generale della Cgil Susanna Camusso si prepara a partecipare,
questo pomeriggio, alla manifestazione di Roma, indetta dalle 23
organizzazioni che hanno aderito all’appello Mai più fascismo, tra cui
la stessa Cgil, Anpi, Arci, Libera.
Esiste un reale pericolo di ricostruzione del fascismo o forse lo scontro si sta alzando solo in vista delle elezioni?
Sicuramente
la campagna elettorale amplifica, ma ritenere che i tanti episodi di
aggressione e minaccia che stanno accadendo siano isolati o determinati
solo dal fatto che siamo sotto elezioni è un errore. Non solo Macerata,
ma possiamo citare il caso del Baobab di Roma di qualche giorno fa, i
militanti di Forza Nuova intervenuti contro il presidio antifascista a
Forlì, segnali che incrociati agli episodi di razzismo creano una
miscela esplosiva. Che si alimenta sulla condizione di disagio sociale
ed economico crescente tra i cittadini, a cui la politica con i continui
tagli allo stato sociale e ai diritti del lavoro non ha dato risposta.
Da qui il nostro appello, per contrastare uno sdoganamento del fascismo e
del razzismo che non ha avuto per ora adeguata reazione. E la nostra
richiesta di sciogliere le organizzazioni di stampo fascista, di non
autorizzare le loro manifestazioni a tutti i livelli – dalle prefetture
ai sindaci. L’Anpi aveva anche chiesto che questi partiti non potessero
presentarsi alle elezioni, ma non è stata ascoltata.
A proposito
di Macerata, come avete vissuto la scelta di ritirare – come
organizzazione – la vostra partecipazione alla manifestazione del 10
febbraio? Comunque molti iscritti Cgil sono scesi in piazza.
L’abbiamo
vissuta con sofferenza, ma abbiamo scelto di rispettare la sensibilità
manifestata sia dalla Cgil locale che dalla comunità cittadina
attraverso il sindaco. Istintivamente pensavo e pensavamo che dovesse
essere proprio il territorio a dover respingere con immediatezza e forza
quello che è accaduto. Poi nelle valutazioni ci metti anche il rispetto
della tua organizzazione locale e delle istituzioni. Da qui la
convinzione e una motivazione più forte a indire una grande
manifestazione nazionale.
Gli scontri si moltiplicano, e le
violenze si manifestano purtroppo da entrambi i lati della barricata: da
Palermo a Perugia fino a Torino. Ma ha senso mettere sullo stesso piano
fascismo e antifascismo?
Penso che un grande movimento
antifascista sia pacifico: la violenza è sempre sbagliata. Bisogna
pretendere con la forza della ragione e della legge che lo Stato faccia
la sua parte. Quando l’interpretazione dell’appello del sindaco di
Macerata è diventata «bisogna vietare tutte le manifestazioni»,
mettendole sullo stesso piano, io ho detto no non ci siamo. Ci sono
manifestazioni che devono essere sempre vietate – quelle fasciste – e
quelle che non devono essere vietate. Mettere tutto sullo stesso piano è
sbagliato e dannoso, è lo stesso errore del revisionismo.
Il
ministro Minniti ha detto che ha fermato gli sbarchi proprio perché
aveva previsto un possibile Traini. Una soluzione può essere un diverso
rapporto con l’immigrazione?
È un errore politico ritenere che sia
la presenza dei migranti in sé a determinare queste reazioni, perché
significa accettare l’idea che le diversità non possono coesistere . La
politica, anziché dire che c’è la ripresa e tutto va bene, dovrebbe
piuttosto affrontare l’alta disoccupazione, la precarietà e la povertà
in crescita, l’impoverimento anche di chi lavora. Il disagio sociale
tende purtroppo a scaricarsi su chi è diverso anche se sta male come te e
quindi sui migranti. Allora per contrastare il rischio della guerra tra
poveri, devi ricostruire politiche sociali e lavoro di qualità, ma
parallelamente anche regole di certezza sulle migrazioni. Avere la
forza di dire che ai rifugiati va salvata la vita e costruire politiche
di accoglienza, sui migranti economici politiche di regolazione e
governo dei flussi. Ma le leggi del nostro Paese hanno fatto il
contrario, finora: con la Bossi-Fini bastava perdere il lavoro e subito
si diventava un clandestino.
Tutti i partiti del centro-sinistra
saranno in piazza con voi, la Lega evidentemente no, ma spicca anche
l’assenza dei Cinquestelle. Vi preoccupa che una parte della politica
non faccia propria la pregiudiziale dell’antifascismo?
Fa parte di
quel problema generale che dicevo: acquisire gli anticorpi, l’esigenza
di ricostruire una nuova cultura antifascista, che passa anche per le
risposte date con uno stato sociale e un lavoro di qualità. La nostra
manifestazione punta proprio a creare una cesura: non permettere che
fascismo e razzismo siano sdoganati senza che nessuno reagisca. Al di là
del quadro politico contingente e dell’esito delle elezioni. Se poi
andiamo sul particolare, sì, mi preoccupa chi dice che il fascismo non
c’è più perché è storia del passato. Non vedono quello che accade in
Italia e in Europa? Mi preoccupa chi usa gli argomenti del razzismo per
costruirsi una audience politica. Il comportamento che mi stupisce di
più è quello dei Cinquestelle: mi sarei aspettata che aderissero fin
dall’origine al nostro appello, è sbagliato avere in questo terreno
delle ambiguità.
Un’ultima domanda che esula dal tema fascismo.
Soddisfatti per la chiusura di tutti i contratti degli statali? Si
diffonderà una nuova immagine di questi lavoratori?
Ci auguriamo
di sì, anche perché non solo abbiamo rinnovato i contratti dopo quasi
dieci anni di assenza, ma abbiamo anche riaffermato la centralità della
contrattazione. La riforma Brunetta aveva tolto peso al contratto, e poi
era partita la campagna sui «fannulloni». Certo, l’aumento che
spuntiamo fa parte comunque di una stagione di crisi, ma è un inizio e
presto ripartiremo con le nuove piattaforme. In sanità siamo riusciti a
far rimuovere le deroghe ai riposi: una conquista non solo per i
lavoratori, ma per la qualità che assicuri ai cittadini utenti.